CORNAREDO (Mi)

La ricerca etimologica dei due paesi non ha creato particolari problemi data la loro facilità di interpretazione.
La località “Olmo” (la romama “Ulmus”) antepose il nome San Pietro dopo che nei pressi, sulle rovine di una ricca “domus”, vi era stata edificata una chiesa dedicata al principe degli apostoli.
Se il toponimo “Olmo” deriva dal fatto che il luogo vi fossero molti olmi, Cornaredo fa derivare il proprio dalla numerosa presenza di arbusti di “corniolo”.

Cornaredo: un grosso centro della Lombardia che, prima dell´urbanizzazione degli ultimi decenni era abitato da due comunità ben distinte: il capoluogo Cornaredo e la frazione di San Pietro all´Olmo contornate, in ordine sparso, da una mezza dozzina di cascine.
La storia delle due comunità è differente sia dal punto di vista territoriale (campi più fertili per la presenza di “risorgive” a San Pietro, mentre il circondario di Cornaredo era ghiaioso ed asciutto) che di quello sociale (la presenza di una comunità di canonici Agostiniani a San Pietro favoriva la tranquillità e l´acculturamento dei suoi abitanti, mentre a Cornaredo si era perennemente immischiati in odiose questioni suscitate dai vari signorotti che si contendevano il predominio locale).

L´esistenza di Cornaredo è certa da prima dell´894 d.C., data di una pergamena in cui si cita per la prima volta la località “Cornalede”.
L´antica chiesa di Cornaredo, dedicata a S. Ambrogio, era già elevata al rango di parrocchiale nel XIII mentre il tempio della frazione, dedicato a San Pietro, dal XII serviva come edificio di culto ad una comunità di Canonici Regolari di S. Agostino, ottimi predicatori ed eccellenti insegnanti, rimasti a San Pietro all´Olmo fino alla fine del XV secolo. Inutile dire che il cenobio agostiniano era l´unico proprietario dei pochi edifici che costituivano la località Olmo ai quali si aggiungevano terreni per 11.000 pertiche, parte in territorio di Cornaredo ed in massima parte in quello di Bareggio.
In questo frangente temporale (XIII – XIV secolo) Cornaredo vide l´alternarsi dei suoi proprietari “laici” appartenenti a famiglie coinvolte per la supremazia di Milano.
Torriani e Visconti (del cosiddetto “ramo di Cornaredo”) si confiscavano a vicenda (malexardia) le terre cornaredesi, seguendo pari pari le alterne fortune delle due casate nelle vicende ben più ampie della Signoria di Milano.
Si hanno esempi emblematici della cacciata dal territorio cornaredese di famiglie altolocate che parteggiavano per i Torriani e non per i Visconti.
Capitò agli Zavattari di vedersi intimare di non mettere mai più piede a Cornaredo (ire nec stare nec morari), pena una multa di 200 lire terzole. Al contrario una casata filo-viscontea, i Balbi, ebbe maggior fortuna su tutto il territorio comunale.
A Cornaredo erano titolari di un beneficio, sotto il titolo di S. Apollinare, istituito nella loro chiesetta privata di Santa Maria (XII secolo) e proprietari di un edificio “da Nobile” nei pressi della Piazza.
A San Pietro possedevano, già dal XIII secolo,un molino di “due rodiggi”. Non lontano da questo, nel territorio detto delle Favaglie (ossia risorgive), nel Quattrocentoavevano edificato per sè una “domus Magna”.
Poco distante, nei pressi del “pasquè”, possedevano un “palatio” il quale, dal XVI secolo, diventò sede della “Posta”, stazione di cambio dei cavalli.
La “strada postale” altro non è che l´antica “strata Novariensis” dei Romani che, principiando a Milano da Porta Vercellina, collegava Novara, Vercelli, Ivrea (Eporedia), Aosta e da lì raggiungeva i valichi alpini del Piccolo e del Gran San Bernardo.
Da parte loro i Visconti possedettero il “castello” di Cornaredo con tanto di “fossatum magnum”.
Non era certo una residenza signorile, paragonabile ai più famosi castelli dell´epoca, ma serviva per un rifugio temporaneo dei Cornaredesi durante le scorrerie devastanti degli “Ungheri”, bande di barbari che nel IX secolo portarono scompiglio nell´intera pianura padana. Il “castello” fu posseduto nel Trecento anche da Luchino Visconti, Signore di Milano, il cui figlio, Luchino Novello, avutolo in eredità, nel 1399 lo donò, con i terreni annessi, alla Certosa di Garegnano al fine di contribuire a terminare i lavori di costruzione del monastero milanese.
Frattanto, sulla scena cornaredese si affacciavano i Dugnani i quali, alla chetichella, acquistavano terreni in continuazione tanto che, nel Cinquecento, risultavano essere i maggiori proprietari con circa 4.000 pertiche, superando la canonica di San Pietro, seconda con 3.400 pertiche.
Per un paio di secoli i Dugnani furono gli antagonisti dei Serbelloni, altra famiglia notabile milanese, inseritasi nelle vicende storiche cornaredesi a seguito del matrimonio contratto tra Gio Batta Serbelloni ed Ottavia Balbi.
Memorabili (ed infantili) sono gli “scherzi” che, reciprocamente, si facevano i contadini alle dipendenze delle due casate.
I coloni “serbellonesi” aravano i sentieri di accesso ai terreni Dugnani ed i coloni “dugnanesi”, nottetempo, li “borlonavano” (pressavano) per ripristinarne l´agibilità. Per contro, la fazione dugnana scavava trincee di traverso nelle strade di accesso ai beni Serbelloni che, prontamente (sempre nottetempo!), la fazione serbellona provvedeva a colmare di terra.
Il più eclatante e pericoloso fatto di cronaca avvenne nel 1672. Gerolamo Dugnani nel 1647 “acquistò” il feudo di Cornaredo che gli scialacquatori governanti spagnoli, allora reggenti le sorti del Ducato di Milano, avevano messo in vendita. Con il titolo fasullo di Conte, il Dugnani aveva automaticamente acquisito anche il diritto di amministrare la giustizia sul territorio cornaredese (adattando, per gli eventuali malfattori catturati, un locale del suo palazzo ad uso di prigione). Per espletare tale funzione aveva assoldato un paio di “bravi” di manzoniana memoria, uno dei quali, un atle Ambrogio “che porta in testa si covassi (capelli a treccia)”, una sera sparò una “archibuggiata” ad un contadino del Conte Serbelloni. Fortunatamente il “bravo Ambrogio” non era dotato di buona mira: mancò il bersaglio e i “ballini” sparati con l´archibugio ferirono lievemente il bue che stava vicino al contadino.
Gli “scherzi” terminarono soltanto nel 1740 per l´intervento di Maria Teresa d´Austria, la quale incaricò il “Magnifico Marchese Senatore don Antonio Recalcati” di mediare tra le parti in causa, riuscendo così a ristabilire “una placidissima tranquillità ed una vicendevole amicizia”.
Sicuramente le vicissitudini cornaredesi non intralciavano nè oscuravano la carriera militare dei componenti maschili della famiglia Serbelloni (avevano quasi tutti questa vocazione nel sangue!).
Protagonisti infatti di molte battaglie sul continente europeo, non mancarono di distinguersi anche nella famosa battaglia navale di Lepanto del 1571, in cui il Gran Gabrio Serbelloni si meritò la qualifica di “trionfatore di Selim II”.
Nel frattempo a San Pietro all´Olmo era successo che la canonica agostiniana, alla fine del Quattrocento, aveva chiuso i battenti. La crisi vocazionale, che in quel tempo aveva investito l´ordine, non risparmiò il cenobio sampietrino, il quale si trovò praticamente senza canonici. La Santa Sede decise così di trasformare la prepositura agostiniana in “Abbazia commendata”, il cui Abate non era un capo spirituale di una comunità religiosa, bensì un alto prelato designato ad usufruire delle rendite che le case ed i terreni della ex prepositura producevano. Per circa tre secoli i Sampietrini assistettero all´andirivieni di numerosi agenti e procuratori di “cardinali commendatari” (dodici) fino a quando Giuseppe II, nel 1788, pose fine alla “girandola” confiscando tutte le proprietà dell´Abbazia commendata. Dopo sette secoli di “predominio” religioso San Pietro all´Olmo fu venduta ai privati.
Sulla scena sampietrina si affacciarono così i Villa, famiglia facoltosa originaria di Desio, che nel 1794 si aggiudicò l´Asta pubblica.
All´inizio dell´Ottocento un´altra famiglia di emergenti imprenditori, i Gavazzi, installarono il primo “opificio” ad uso di filanda serica. Dopo una stasi, durata secoli, nella prima metà dell´Ottocento si realizzò un massiccio intervento edilizio che nel giro di pochi decenni rinnovò le fatiscenti abitazioni medioevali e ne costruì di nuove per l´aumento della popolazione che si stava registrando.
I Villa ed i Gavazzi usciranno dalla scena sampietrina sul finire dell´Ottocento non senza aver lasciato un´impronta di sè che, sicuramente, è destinata a durare ancora parecchio nel tempo a venire.
Mentre San Pietro all´Olmo, all´inizio dell´Ottocento, si apprestava a “voltare pagina” a Cornaredo si registrava ancora la cronica situazione delle contese tra i Serbelloni ed i Dugnani, questi ultimi antagonisti un po´ spenti per le difficoltà economiche in cui si dibattevano e per aver perso il titolo nobiliare dopo la venuta in Italia di Napoleone.
Per “rinnovarsi” Cornaredo dovrà attendere l´arrivo di Andrea Ponti, industriale cotoniero del gallaratese. Il Ponti si inserì, suo malgrado, nelle vicende cornaredesi nel modo in cui andiamo ad illustrare.
Nel 1861 Giuseppe, ultimo discendente maschio dei Serbelloni (che nel frattempo avevano acquisito anche il cognome Sfondrati) aveva stipulato con il Ponti un mutuo di un milione di lire. Alla sua morte (1866) la moglie, contessa Maria Crivelli, unica erede, non avendo denaro liquido per risarcire il Ponti, si accordò con lo stesso facendogli accettare, come controvalore, una pari quantità di case e terreni che il marito le aveva lasciato.
Da un giorno all´altro il Ponti si trovò perciò proprietario di quasi la metà del territorio comunale.
Oltre che nel tessile il Ponti profuse molte energie in campo agricolo e sociale. Introdusse metodi innovativi per quel tempo (fertilizzanti chimici e macchinari) con l´intento di alleviare le fatiche degli agricoltori. Volle anche che i suoi contadini avessero case più comode e igieniche. Attivò scuole ed asili nido. Molte di queste opere furono attuate anche a Cornaredo tanto che alla sua morte (1888) il Consiglio Comunale gli dedicò una seduta straordinaria per elogiarne la figura di grande benefattore.
Subentrato al padre, Ettore Ponti proseguì nella linea degli interventi paterni nel sociale, fondando a Cornaredo la “Famiglia Agricola”, associazione distinta in più sezioni con molteplici finalità: cooperativa di consumo, mutuo soccorso, forno sociale, latteria sociale, assicurazione mutua contro la mortalità del bestiame ed altro ancora. Non disdegnò neppure di occuparsi di politica, ottenendo lusinghieri successi: dapprima deputato al Parlamento, dal 1905 al 1909 ricoprì la carica di Sindaco Milano. Morì improvvisamente nel 1919. La moglie, Remigia dei Baroni Spilateri, non intenzionata a proseguire nell´opera del marito defunto, lasciò ai contadini cornaredesi il diritto di prelazione delle case in cui abitavano e delle terre che lavoravano. In pochi anni a Cornaredo sparì la grande proprietà fondiaria, sostituita da una miriade di piccoli proprietari.
San Pietro all´Olmo non fu trascurata dai Ponti: a loro si deve il primo edificio scolastico elementare, il lavatoio pubblico sul fontanile “Gagliardo” e la “spinta” per l´apertura dell´ufficio postale nel 1901,servizio che da alcuni decenni non si effettuava poichè la “posta cavalli” era stata sostituita dai “cavalli vapore” del cosiddetto “gamba di legno”, tramway entrato in funzione sulla linea Milano-Magenta-Castano nel 1879 (era un po´ lento: massima velocità 15 Km/ora) e dismesso nel 1957.
Nei secoli scorsi l´allevamento del baso da seta assicurava una quota significativa nel pur scarno reddito del contadino. Nell´Ottocento generazioni di fanciulle e di donne si alternavano davanti alle “bacinelle” delle filande di San Pietro e Cornaredo. L´innovazione tecnologica e la scoperta di fibre artificiali nei primi decenni del Novecento decretarono la fine di quel mondo e nel contempo della seta stessa. Ricerca e sperimentazione avevano creato posti di lavoro per nuove attività nelle industrie: per i figli dei contadini dei nostri paesi la meta agognata divenne “fare il meccanico”. E meccanica fu, a tal punto che assorbì quasi tutta la manodopera disponibile, spopolando le campagne. Dopo la seconda guerra mondiale si è aperta una nuova era, forse migliore delle precedenti o forse no: il futuro sarà giudice.

 MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Area museale Favaglie

Villa Grandazzi Zoja location per eventi


Chiesa parrocchiale di Cornaredo

La chiesa parrocchiale principale del paese, è dedicata ai santi apostoli Giacomo e Filippo. La fondazione della chiesa risale probabilmente all'epoca medioevale, dal momento che già risulta elencata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolanensis di Goffredo da Bussero come sottoposta alla Pieve di Nerviano, passando però nel 1602 a quella di Rho.

Ulteriori informazioni sulla struttura ci pervengono da una visita pastorale del cardinale Giuseppe Pozzobonelli del 1755, il quale ricorda che presso la medesima chiesa avevano sede addirittura tre diverse confraternite, una dedicata al Santissimo Sacramento, una al Santissimo Rosario e l'altra alla Santa Croce. Il numero dei parrocchiani (e quindi degli abitanti del paese) era all'epoca di circa 1400. Sempre nella medesima relazione, si fa menzione dei beni della chiesa che ammontano a 242,15 pertiche.

La chiesa venne completamente ricostruita alla metà dell'Ottocento, ed è rimasta immutata nel corso del tempo nelle forme che ancora oggi si possono ammirare: la facciata è distinta da un piccolo colonnato, con un timpano sopraelevato ed elegante, sormontato da due statue di angeli.

Il campanile della chiesa possiede 5 campane, fuse dalla fonderia Barigozzi di Milano nel 1901. I bronzi sono montati nel classico sistema ambrosiano di suono delle campane e sono intonati in Si2 Maggiore.

Chiesa di Sant'Apollinare

Costruita in epoca medioevale (XI secolo), la piccola chiesa di Sant'Apollinare si trova nella piazza principale del paese, di fronte alla chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo. La struttura, semplice ed a capanna, si presenta con mattoni a vista e finestre bifore rifinite in cotto.

L'interno della chiesa presenta uno stile semplice, proprio del romanico. Le pareti della chiesa alternano delle antiche raffigurazioni di santi, risalenti al 1300 ed ascrivibili alla famiglia Zavattari, al muro bianco, che con tutta probabilità è stato dipinto in anni recenti, coprendo il resto degli affreschi che adornano questa chiesa.

La chiesa è sempre stata oggetto di dispute, la prima delle quali riguarda il suo nome e la sua dedicazione, poiché gli arcivescovi in visita la chiamavano Oratorio dell'Immacolata, mentre sin dai tempi antichi quando la chiesa era un beneficio legato alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano, era presente una statua di Sant'Apollinare che aveva dato il nome alla chiesa. Da cronache ancora più antiche, risulta che in paese vi fosse un oratorio dedicato a Santa Maria, di fronte alla vecchia parrocchiale di Sant'Ambrogio. Fatto sta che all'interno della chiesa, effettivamente, sono presenti sia le statue di Sant'Apollinare, sia la statua della Madonna di Lourdes, per la quale si è costruita una piccola grotta all'interno della struttura romanica.

Sulla lunetta al di sopra della porta d'ingresso, vi sono due rappresentazioni delle vecchie chiese parrocchiali di Cornaredo. L'abbazia di San Pietro si presenta in forme tale e quali a quelle attuali, mentre è interessante osservare come l'antica parrocchiale demolita nel corso del 1800, presentasse un elegante campanile cilindrico, molto simile alla Ciribiciaccola dell'abbazia di Chiaravalle.

Il campanile a vela, possiede una campana fusa dal maestro Antonio Busca e datata 1559.

Chiesa di Santa Croce

La struttura della chiesa è molto semplice ad una navata. Essa è il nucleo centrale della frazione di Cascina Croce, i cui abitanti vollero a tutti i costi avere una loro chiesa. Perciò, nel 1933, ultimarono la loro "bella chiesina" che venne ufficialmente benedetta e aperta al culto un anno dopo, nel 1934.

Inizialmente la chiesa possedeva una sola campana di provenienza ignota, fusa nel 1605. Sul finire degli anni sessanta si optò per aggiungerne un'altra alla torre campanaria.

Cappella della Beata Vergine Immacolata

Questa piccola cappella pubblica venne costruita per opera della famiglia stessa come propria cappella privata verso la metà del Settecento. Data la propria posizione gittante sulla strada, però, ben presto la cappella venne aperta anche all'uso pubblico. La struttura della cappella si presenta piuttosto semplice, con un tetto a capanna, una porta d'ingresso bassa, sovrastata da un riquadro che forse un tempo accoglieva un'immagine devozionale affrescata che oggi è scomparsa con l'usura del tempo.

Chiesa parrocchiale di San Pietro

La notizia più antica dell'esistenza della chiesa, risale al 1169 quando papa Alessandro III la cita in una sua bolla inviata al Prevosto di Nerviano, secondo la quale stabiliva la precedenza della chiesa nervianese anche sull'area della parrocchiale di Cornaredo e San Pietro all'Olmo. La struttura sembrerebbe tuttavia risalire ad epoche precedenti ed al culto longobardo ricondurrebbe anche la devozione verso San Pietro, particolarmente venerato dagli stessi barbari lombardi. La chiesa ha cessato di essere considerata chiesa parrocchiale a partire dal 1989, ma continua ad essere la principale chiesa sussidiaria di Cornaredo e la prima chiesa di San Pietro all'Olmo.

Chiesa abbaziale di San Pietro all'Olmo

La chiesa di San Pietro all'Olmo (denominata "gesa végia" per distinguerla dall'edificio di culto costruito in epoche successive a Cornaredo), ha origini antichissime. Essa risale probabilmente all'epoca longobarda e la struttura abbaziale le pervenne probabilmente tra il IX e l'XI secolo. Gli interni della struttura hanno forme romaniche, mentre la facciata della chiesa, venne completamente rifatta tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX.

Chiesa di San Rocco

La piccola chiesa di San Rocco si trova attigua alla ex cascina favaglie San Rocco. Edificata nella seconda metà del XV secolo, la cappella si presenta di forme semplici, con tetto a capanna, dotata di un piccolo campanile a cuspide rivestito in rame, all'interno affreschi molto deteriorati raffiguranti una crocifissione, vari santi e di particolare interesse la trinità rappresentata da tre personaggi identici. (Museo Favaglie)

Villa Gavazzi Balossi Restelli

Costruita nel 1830 dalla famiglia Gavazzi, la villa era sorta in realtà su un precedente edificio del 1737 che aveva le funzioni di Hostaria (era detta per l'appunto "Hostaria del Cervo"), ovvero di stazione di posta, dal momento che era posto lungo la cosiddetta via postale vercellina, che collegava appunto Milano con Vercelli, passando per i comuni dell'Ovest milanese.

Villa Busca Dubini

Il primo impianto della villa venne realizzato nel Cinquecento su una porzione di terreno allora definita pasqué (pascolo) di utilità comune al paese di Bareggio. Passata di proprietà alla famiglia Busca, nel 1756 venne riedificata ed ampliata nelle forme attuali, che si presentano semplici ed eleganti, contraddistinte da una facciata lineare e da una corte d'ingresso ai lati del cancello della quale è ancora oggi possibile vedere una santella settecentesca di pregevole gusto, che ben completa la piazza antistante, sulla quale si affaccia anche Villa Gavazzi Baolssi.

Villa Balossi

Adibito inizialmente come residenta di una comunità di monaci Agostiniani, il primo impianto del XIII secolo fu riedificato nel Quattrocento dalla medesima comunità. Dall'inizio del XVI secolo fu utilizzato saltuariamente da vari Abati commendatari, prelati succeduti ai prepositi Agostiniani dopo la chiusura della canonica locale. Soppressa nel 1788, tutti i beni dell'ex Abbazia commendata vennero messi all'asta e nel 1797 vennero acquistati dalla famiglia Villa di Desio. Nel corso dell'Ottocento, i Villa trasformarono il complesso in una vera e propria residenza di campagna. Attualmente la villa è proprietà di un ramo collaterale della famiglia Balossi.

Palazzo Dugnani

Il primo impianto venne modificato nel Seicento, allorquando Gerolamo Dugnani divenne Conte di Cornaredo (titolo perso dalla sua famiglia all'arrivo di Napoleone in Italia). Estintasi la famiglia Dugnani con l'ultima sua discendente femminile, Rosa Domitilla (detta "Nicolina", 1862-1945), l'edificio divenne una multiproprietà privata. Esso è ancora contraddistinto dall'impianto seicentesco, di semplice fattura, completato da un'alta torretta belvedere.

Palazzo Municipale

Dalle tracce di alcuni affreschi rinvenuti all'interno della struttura, lo stabile dell'edificio municipale è databile al Quattrocento, e ad ogni modo viene considerato "casa da nobile" solo a partire dal Seicento. Ultimi proprietari della villa furono i Ponti i quali, nel 1920, formalizzarono la vendita al comune dello stabile e nel 1929 gli amministratori comunali vi stabilirono gli uffici, fino ad allora posti in luoghi considerati perlopiù inadatti.

Ex Casa Parrocchiale

Edificata nel 1851, per dare un confortevole alloggio al parroco della nuova parrocchia edificata nel 1843, l'ex casa parrocchiale è un pregevole edificio della metà dell'Ottocento, che presenta una facciata semplice, introdotta da un portone sovrastato da un balconcino sporgente, il tutto completato da finestre regolari. La villa è attualmente sede dell'ACLI, di parte degli uffici comunali e della biblioteca.

Magazzini Serbelloni

Utilizzati dalla famiglia Serbelloni come granaio e deposito, nonché sede delle cantine e di un torchio per il vino, la struttura centrale al paese venne edificata in splendide forme, seguendo un progetto proposto dal famoso architetto Leopold Pollack operante in Milano, il quale terminò l'opera nel 1806.

Palazzo della Filanda

Palazzo storico della fabbrica di filatura del paese, ora è adibito a cinema, biblioteca e uffici, oltre agli appartamenti privati ai piani superiori.

FRAZIONI

San Pietro all'Olmo

Il borgo di San Pietro all'Olmo ha origini piuttosto antiche: esso venne fondato in epoca celtica (attorno al VII secolo a.C.) e successivamente venne conquistato dai Romani i quali lo addossarono alla neonata Strada Consolare Vercellina (ex SS11) che collegava Milano con Vercelli passando per città importanti per l'epoca quali CorbettaMagenta e Novara.

Gli edifici religiosi, di origine antichissima, sono infatti gli elementi che nella maggior parte dei casi hanno consentito una quasi totale ricostruzione della frazione. Nelle fondamenta della chiesa parrocchiale di San Pietro sono infatti stati trovati dei resti di una precedente cappella longobarda, adagiata su una domus romana (in corso di datazione) il che fa pensare che il luogo venne abitato da queste popolazioni, che vi risiedevano stabilmente, il che spiegherebbe anche il nome di San Pietro, molto devoto presso quei popoli, che avrebbe dato anche il nome alla frazione stessa.

Quanto all'olmo, si può supporre che l'area fosse particolarmente ricca di fontanili, i cui argini si era soliti rinforzare con olmi.

Nel 1170, papa Urbano III Crivelli, che aveva terreni in queste zone, diede ordine di costruirvi un monastero che, divenendo abbazia, scandirà la maggior parte della storia della frazione sino al 1794, anno in cui la struttura religiosa venne definitivamente soppressa.

Da questo momento si può dire che la frazione di San Pietro all'Olmo condivise la propria storia con quella della vicina Cornaredo.


CASA VILLA a Cornaredo (Mi)

 

Casa Villa prende il nome da Antonio Villa che pose qui la sua residenza dopo aver acquisito la proprietà dalle alienazioni dei beni ecclesiastici effettuate da Giuseppe secondo d'Austraia.

La struttura adiacente all'antica chiesa di San Pietro sorge nel medioevo come parte di un complesso abbaziale. Nel 1548 il monastero divenne abbazia commendata.

La struttura settecentesca della villa è stata oggetto di un recente restauro che ha mantenuto intatte le proporzioni degli spazi interni e riportato alla luce una singolare facciata, unico esempio di mosaico in pietra nell'area lombarda, nel pieno rispetto dei materiali originali e dell'impianto decorativo.

La villa fu sede di un collegio di gesuiti per alcuni decenni, fino al 1737, quando venne venduta alla famiglia Grandazzi la quale, estintasi in linea maschile, la vendette alla famiglia Zoja, attuale proprietaria dello stabile.

Attualmente la villa è affittabile per eventi.
A seconda dell'evento che volete realizzare, avrete la possibilità di personalizzare i dettagli del servizio che vi offriamo: dalla scelta del catering e degli addobbi floreali per matrimoni, agli orari e i dj di una festa privata, la nostra decennale esperienza nel selezionare fornitori di fiducia ci permette di offrivi a prezzi competitivi un servizio chiavi in mano, impareggiabile.

http://www.casavilla.net/home

PALAZZO FRANGESCHI PIROLA a Gorgonzola (Mi)

 visitabile durante le giornate FAI di Gorgonzola

La costruzione, a partire dal 1457, del naviglio della Martesana, e la sua attivazione, prima per scopi irrigui, poi come via di comunicazione e di trasporto, portò a Gorgonzola una prosperità mai conosciuta prima ed attirò molte famiglie nobili che presero a Gorgonzola la loro residenza secondaria, tra i quali anche la famiglia Freganeschi, nobile famiglia tedesca trapiantata a Cremona. Nel 1722, data di stesura del primo catasto asburgico, i Freganeschi possedevano a Gorgonzola, oltre al palazzo e al giardino, diverse proprietà terriere.
Affacciato su piazza della Repubblica con approdo al naviglio Martesana, Palazzo Freganeschi-Pirola è una delle residenze settecentesche più significative di Gorgonzola.
Palazzo gentilizio di fondazione seicentesca, successivamente trasformato in stile neoclassico, con originario giardino e imbarcadero sul naviglio.
Nel Catasto di Carlo VI (1722) la patrizia famiglia dei Freganeschi, appartenente all´antica nobiltà cremonese di epoca sforzesca, risulta già proprietaria del sedime dove sorge il palazzo. Successivamente, nel 1859 l'edificio appartenne alla nobildonna Maria Bianchi di Sambrunico (Catasto Lombardo­Veneto) per poi passare di proprietà, all'inizio del XX sec, alla famiglia Pirola, commercianti di legba e carbone.
Oggi l'edificio (in parte di proprietà comunale) si sviluppa in altezza su tre piani compreso il piano terra ed è preceduto da un pronao monumentale risalente al periodo neoclassico costituito da quattro colonne di granito sorrette da una semplice trabeazione e sormontato da un timpano triangolare.
Il carattere neoclassico, e il pronao ne è l'elemento più caratteristico, è riconducibile alla forte impronta stilistica lasciata dall'arch. Simone Cantoni che tanto contribuì alla qualificazione di Gorgonzola con la realizzazione d´importanti opere.
Gli interni presentano numerosi affreschi, databili tra il XVII e il XIX secolo, sulle pareti e sulle volte degli ambienti di rappresentanza al piano terra e al secondo piano: il piano terreno, di proprietà comunale, presenta due sale affrescate con motivi di carattere mitologico: il mito di Demetra” ed Eros e Anteros in competizione. In completo abbandono fino alla fine del XX secolo, nel 2002 viene vincolato dalla Soprintendenza come bene storico e architettonico grazie ad Italia Nostra. Nel 2004 sono iniziati i lavori di demolizione delle superfetazioni e il restauro. Un illustre rappresentante della famiglia Freganeschi fu Gerolamo Ascanio (1769-1838), giudice della Corte di Milano e benefattore dell’Ospedale Maggiore: fu lui che nel 1808 acquistò dai Secco Suardi la cinquecentesca cascina Gogna, in territorio di Bussero, raffigurata in un affresco del ciclo dedicato alle stagioni e alle attività agricole conservato in una sala al secondo piano del palazzo di Gorgonzola. La scena rappresenta la cascina durante le operazioni della vendemmia. Il monogramma che decora il soffitto della sala della Musica al terzo piano del palazzo si riferisce a G.C. Freganeschi, che nel 1861 commissionò una nuova decorazione pittorica del piano superiore.

CERNUSCO SUL NAVIGLIO (Mi)

In epoca romana il territorio di Cernusco sul Naviglio era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica. Fino alla metà del XIX secolo il paese si chiamò Cernusco Asinario. Secondo alcuni il toponimo viene dal nome del funzionario romano Caio Asinio (morto nel 45 a.C.), la cui tomba è stata rinvenuta nel 1849 a Cascina Lupa. In epoca longobarda il territorio di Cernusco appartenne alla Basilica di Monza. Successivamente passò alla Pieve di Gorgonzola.

Nel 1443 Filippo Maria Visconti, duca di Milano, approvò il progetto di un canale che fosse in grado di irrigare le campagne nei pressi di Cernusco, oltre che di azionare i mulini della zona. I lavori furono iniziati da Bertola da Novate e si conclusero 1457. Il canale prendeva le acque dell'Adda e le faceva confluire nel Seveso, dopo Cassina de' Pomm. Nel 1497 Leonardo da Vinci, su richiesta di Ludovico il Moro, studiò un nuovo percorso e fece congiungere il naviglio con le acque della Fossa interna, con uno sviluppo complessivo, sino al Ponte delle Gabelle, di 36,5 km. Il problema del dislivello fra i due canali venne risolto con la costruzione di sbarramenti nella conca di San Marco. Nel 1459 venne costruito il ponte (quello attuale di viale Assunta), successivamente demolito e ricostruito nel 1630 e restaurato nel 1932. Il canale fu prima scavato fino alla Cassina de' Pòmm, ma Leonardo da Vinci nel 1497, attraverso la costruzione di conche, lo condusse fino a Milano. Il Naviglio della Martesana, perfezionato ed allargato nel 1572, misura 38,440 chilometri totali, 6,280 dei quali in città.

Nel XIII secolo Cernusco Asinario divenne feudo dei Della Torre, successivamente sconfitti dai Visconti, i quali incamerarono questo feudo. Nel XV secolo, sotto gli Sforza, il paese venne assegnato ai Visconti Marliani, per passare poi ai Trivulzio. Nel XVII secolo il feudo venne acquisito dai Serbelloni.

In forza del decreto di aggregazione e unione dei comuni del dipartimento d'Olona (decreto 4 novembre 1809 a) il comune di Cernusco Asinario restò a far parte del cantone IV del distretto III di Monza: la sua popolazione ammontava a 2.427 unità. Nel decreto di concentrazione e unione dei comuni del dipartimento d'Olona (decreto 8 novembre 1811) il comune di Cernusco risultava formato dagli aggregati di Cernusco Asinario e di Cassina de' Pecchi con Colombirolo e l'unita Camporicco: incluso nel distretto III di Monza, cantone V di Gorgonzola, il comune contava 2.986 abitanti. Nel 1816 le frazioni vennero scorporate a formare il ricostituito comune di Cassina De' Pecchi. Nel 1866 la frazione Increa venne scorporata e unita al nuovo comune di Brugherio.

Arrivato al Novecento come uno dei tanti comuni di Lombardia, Cernusco seguì le vicende del Regno d'Italia e del regime fascista fino alla Resistenza. La resa dei nazifascisti avvenne per diretta trattativa tra Felice Frigerio, partigiano cattolico e poi pittore cernuschese, e il comando germanico, che si era attestato a Palazzo Tizzoni nella piazza Matteotti. A Frigerio è stata intitolata la sala conferenze dell'ex Filanda. Nel 1924, si sarebbero verificate le apparizioni della Beata Vergine Maria del Divin Pianto a suor Elisabetta Redaelli.

Monumenti e luoghi d'interesse

Santuario di Santa Maria Addolorata

Luogo di culto fondato probabilmente nel IX secolo, e riedificato nel Seicento passando da una pianta a due navate asimmetriche, ad una sola navata; sulla facciata è posta una vetrata datata al 1562 di particolare interesse e nel 1998 è stato realizzato il nuovo portale in bronzo, su disegno di Felice Frigerio, nelle cui formelle viene raffigurato il tema di Maria Madre della Chiesa.

Villa Alari

Villa di delizia costruita all'inizio del Settecento dall'architetto Giovanni Ruggeri per il conte Giacinto Alari, costituisce uno dei maggiori esempi di Barocchetto lombardo. Presenta pregevoli interno decorati da Borroni Giovan Angelo, "il trionfo di Apollo"; Fabbrica Francesco, Pietro Maggi, Giovanni Antonio Cucchi. Ospitò l'Arciduca Ferdinando d'Asburgo, per poi venire convertita nel novecento in ospedale psichiatrico. Nel 2018 in fase di restauro.

Villa Biancani Greppi

Monumentale residenza barocca, posseduta nel Seicento da Antonio Biancani, passò alla fine del Settecento ai Greppi che ne ordinarono il restauro in stile neoclassico forse a Piermarini. Lasciata in eredità all'Ospedale Maggiore di Milano, fu convertita in ospedale perdendo arredi e decorazioni. Dal 1961 è proprietà del Comune di Cernusco che ne ha eseguito il restauro. Nell'antico parco, originariamente giardino "alla francese", è stato edificato un edificio scolastico e la Biblioteca Comunale.

Villa Uboldo

Costruita quale villa di delizia dal banchiere milanese Ambrogio Uboldo, su progetto del cugino Cirillo Rougier, nel 1817, in stile neoclassico. Presenta la fronte principale verso il naviglio, ornata da un timpano che riportava lo stemma dagli Uboldo. Particolarmente celebrato dagli ospiti il parco romantico, completato nel 1837. Caratterizzato da una fitta vegetazione, e affacciato sul naviglio, era arricchito da molti elementi creati per evocare atmosfere gotiche e misteriose, quali il "Ponte del Diavolo", il Tempio della Notte, il Labirinto, l'Antro di Enea e Didone, scomparsi o degradati.

Villa Biraghi Ferrario

Villa barocca, situata nell'odierna via Cavour verso la quale affaccia la fronte principale preceduta dal parco, mentre la fronte posteriore affaccia su una corte.

Palazzo Viganò

Ampio palazzo a due piani costruito attorno a una corte quadrata, all'angolo fra le vie Cavour e Caio Asinio, presenta un'interessante facciata adorna da caratteristici cornicioni e una gronda a gola rovesciata. All'inizio del novecento appartenne al pittore Vico Viganò.

Cascina Castellana

Presenta una parte rustica articolata attorno a un cortile quadrangolare, mentre la parte padronale a ovest consiste di due piani affacciati su un piccolo giardino all'italiana, e sulla corte d'onore con un portico a tre fornici e colonne in pietra.

CASSINA DE' PECCHI (Mi)

Cassina de' Pecchi ha ricevuto il riconoscimento di "Città sostenibile delle bambine e dei bambini" nel 1999, relativamente ai comuni con popolazione inferiore a 50 000 abitanti.

L'odierno assetto territoriale risale all'Ottocento, quando a questo abitato, anticamente chiamato Villa Franca e che assunse il nome attuale quando nel Trecento divenne proprietà dei conti Pecchi, vennero uniti gli allora autonomi comuni di Camporicco, nel 1841, e di Sant'Agata, nel 1870. La sua storia è, pertanto, il sunto delle vicende che nel corso dei secoli hanno interessato tutti e tre questi nuclei, spesso in contesa fra di loro perché desiderosi di mantenere la propria autonomia: particolarmente accese furono le controversie concernenti l'ambito della giurisdizione ecclesiastica, poiché fino alla metà del Cinquecento le tre comunità non erano costituite in parrocchie autonome. Seguendo gli avvenimenti storici del milanese, fino al termine del XVII secolo esse furono sottoposte alle stesse nobili famiglie, quelle dei Marliani Visconti, dei Trivulzio, degli Stampa e dei De Leyva, tornando nuovamente ai Trivulzio, che ne conservarono il possesso dal 1531 al 1679. Poco dopo, mentre Cassina de' Pecchi e Camporicco vennero infeudate al duca Gabrio Serbelloni, Sant'Agata fu assegna ta al conte Francesco Corio, cui subentrarono, nella prima metà del Settecento, i marchesi Terzi di Bergamo. Tra le testimonianze storico-artistiche spiccano la chiesa di Sant'Agata, edificata nel Cinquecento sull'omonimo edificio medievale, e l'oratorio dell'Assunta, risalente al XVI secolo ma che oggi versa in stato di abbandono.

Frazioni

Colombirolo, Villa Magri, Villa Pompea e Villa Quiete, quartiere Aurelia

Camporiccio

Registrato agli atti del 1751 come comune autonomo in forma di villaggio rurale nel milanese, esso aveva 210 abitanti, mentre alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 Camporicco risultava avere 172 residenti. Nel 1809 un regio decreto di Napoleone determinò la soppressione dell'autonomia municipale per annessione a Cassina de' Pecchi, a sua volta poi aggregata a Cernusco nel 1811, ma il Comune di Camporicco fu poi ripristinato con il ritorno degli austriaci nel 1816. Furono però poi proprio i governanti viennesi a tornare sui loro passi, decretando nel 1841 la perpetua unione fra Camporicco e Cassina de' Pecchi.

Svariate e diverse sono le ipotesi sull'origine del nome di Camporicco. Una tra le più remote è riportata nel volume "Storia dei Comuni d'Italia" del 1934 e dice: "...pare che il nome del villaggio derivi da Campus Henrici, in base ad una carta dell'11 novembre 879, che contiene il testamento del grande arcivescovo Ansperto, nel quale questa località viene appunto definita Campus Henrici..." Altra versione è quella che dà il nome ai proprietari del fondo, in ciò confortati dal parere autorevole di un erudito studioso di storia del Contado della Martesana, monsignor Luigi Ghezzi, che nel suo volume Cisnusculum del 1911 scrive in proposito "...merita pure menzione il Campo dei Corii o dei Coiri, ora Camporicco, già appartenente a Cernusco sia per parrocchia che per comune. Da Corium, voce latina, deriva questa antichissima e nobile famiglia e da tale famiglia viene il nome a Camporicco, Campus de Coyris o Coyricus".

Molto più poetica che attendibile risulta l'attribuzione del nome di Camporicco fatta risalire dalla credenza popolare ad una ricca vena aurifera scoperta anticamente nei paraggi della Cascina Malpaga: "Camporicco probabilmente venne così denominata per una vena d'oro scoperta nel territorio". Con queste parole il parroco Carlo Maria Oggioni, nativo di Sant'Agata, iniziava, nei primi dell'Ottocento, una breve cronistoria della parrocchia. Egli si riferisce alla testimonianza del padre cappuccino Carlo Fedele Varisco, di Melzo, che avrebbe trovato tali notizie nel guardare la storia di Melzo e territorio adiacente, e fu padre Lepore, abate di Rho, che lo..."assicurò di aver egli stesso veduto uno scartozzo di sabbia d'oro con entro molte schegge della grandezza quasi di un quattrino, ritrovata nel fondo della Malpaga, che lo conservava il curato Bossi (1751 - 1764) nell'archivio parrocchiale, in occasione che fu qui per far le missioni". Gli è che quella vena d'oro non sarebbe bastata neppure ad arricchire gli stessi coltivatori del fondo, che perciò, disillusi, lo avrebbero denominato Malpaga.

Sant'Agata Martesana

è l'unica frazione del Comune di Cassina de' Pecchi e, per motivi sia geografici sia storici sia culturali, può essere considerato un paese autonomo rispetto al capoluogo.

Registrato agli atti del 1751 come un villaggio milanese di 283 abitanti saliti a 384 nel 1771, alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 Sant'Agata risultava avere 400 residenti. Nel 1809 un regio decreto di Napoleone determinò la soppressione dell'autonomia municipale per annessione a Gorgonzola, ma il Comune di Sant'Agata fu poi ripristinato con il ritorno degli austriaci nel 1816. L'abitato crebbe poi discretamente, tanto che nel 1853 risultò essere popolato da 692 anime, salite a 740 nel 1861, un anno prima che il paese aggiungesse Martesana al proprio nome. Fu un decreto di Vittorio Emanuele II a decidere la soppressione del municipio, annettendolo a quello di Cassina de' Pecchi. Nel 1572 su indicazione di Carlo Borromeo vescovo, viene eretta la nuova chiesa mantenendone il nome, dovuto all'antico Monasterium Sant'Agatae del 1192. L'architetto è il Pellegrini e viene sponsorizzata dai nobili Cusani che abitano a Milano in Porta Romana, possessori in S. Agata di cascina (Cusana) e terreni. Nel 1574, la nuova chiesa, viene staccata dalla Pieve di Gorgonzola a cui era assoggettata, diventando parrocchia autonoma.

Dal punto di vista culturale, Sant'Agata ha delle proprie ricorrenze e un proprio calendario di eventi, in particolare: La festa di san Fermo (9 agosto), patrono insieme a sant'Agata del paese, che richiama gente dai paesi limitrofi per partecipare alle funzioni religiose in onore del santo e per assistere allo spettacolo pirotecnico che chiude la festa. La festa di san Fermo è anche l'occasione in cui la gente nata e cresciuta in paese, ma per qualche motivo emigrata altrove, usa ritrovarsi.

GORGONZOLA (Mi)

Gorgonzola è situata a occidente del bacino della Val Padana, nel territorio della Martesana, a nord-est di Milano; il territorio, completamente pianeggiante, è attraversato dalle vie d'acqua Naviglio della Martesana e Molgora.

L'ipotesi più antica in merito alla genesi del nome Gorgonzola ne attribuisce la derivazione dal toponimo latino Curte Argentia, designante un insediamento nei pressi della città romana di Argentia, situata tra Milano e Bergamo (oppure, secondo altre interpretazioni, un luogo di cambio dei cavalli al 14º miglio sulla strada Milano-Bergamo); nel tempo il nome sarebbe stato volgarizzato in Curt-argentiaCort-argentiola e infine Gorgonzola. Un'ipotesi più recente sostiene invece che il nome derivi dalla dea Concordia, mutato poi in Corcondiola e infine in Gorgonzola.

In epoca romana il territorio di Gorgonzola era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica. Le prime tracce scritte che menzionano il moderno abitato di Gorgonzola risalgono al X secolo: pare che il notaio chierico del convento di Sant'Ambrogio a Milano fosse il custode della chiesa dei Santi Gervasio e Protasio in "Gorgontiola".

Nel 453 la pieve sita dove si trova l'attuale Gorgonzola fu attaccata dagli Unni che distrussero la vicina città romana di Argentia facendo sì che il piccolo abitato, costituito in precedenza da una sola "mutatio" (stazione per il cambio dei cavalli), diventasse l'insediamento più popoloso dei territori circostanti.

Nel XIII secolo fu possedimento diretto della famiglia milanese dei Della Torre prima di venire estromessi dai Visconti.

Nel 1288 Gorgonzola viene citata come una delle pievi più importanti dell'arcidiocesi di Milano e nel 1510 appare per la prima volta su un documento il nome attuale.

Nel 1176 Gorgonzola aderì alla Lega Lombarda, e nel 1245, nel corso degli scontri che seguirono la Pace di Costanza del 1183 e che coinvolsero gli eredi di Federico Barbarossa, durante l'assalto da parte di Federico II ai Bastioni di Milano, le forze lombarde dovettero ripiegare fino a Gorgonzola: vi furono degli scontri e i comandanti di entrambe le fazioni furono catturati dai loro nemici. A Gorgonzola fu custodito re Enzo, il figlio dell'imperatore, nonché Vicario Imperiale per la Lombardia.

Il 4 giugno 1869 vi nasce Pompeo Ghezzi, che tra la fine del'800 e gli inizi del'900 sarà, insieme al cardinale Andrea Carlo Ferrari, al teologo Ambrogio Portaluppi e all'on. Agostino Cameroni, tra i protagonisti del movimento cattolico milanese.

Il 30 aprile 1945 a Gorgonzola si arresero gli ultimi reparti di ciò che restava della 29ª divisione delle SS italiane.

FRAZIONI

Riva, Cascina Mugnaga, Cascina Vergani, Cascina Nuova, Villa Pompea, Cascina Antonietta

Monumenti e luoghi d'interesse

Prepositurale dei Santi Gervasio e Protasio

La principale chiesa cittadina, dedicata ai santi Gervasio e Protasio, è stata completamente riedificata nel XIX secolo in stile neoclassico, su progetto di Simone Cantoni commissionato dal duca Gian Galeazzo Serbelloni.

Santuario della Madonna dell'Aiuto

Anticamente dedicata a san Pietro, facente parte di un antico convento degli Umiliati, è l'architettura religiosa più antica della città. Venne poi dedicata alla Madonna dell'Aiuto poiché il vescovo di Bobbio Francesco Maria Abbiati, nativo di Gorgonzola, donò la riproduzione della Madonna venerata nel grande santuario mariano di Bobbio a protezione dalla peste che infuriò nel Milanese nel 1630. Pregevole l'antica tela di autore ignoto raffigurante Giobbe in preghiera, inginocchiato su una stuoia.

Corte dei Chiosi (o Dei Chiostri

Al numero 12 dell'attuale via Piave, entrando dal portone che dà sulla via, si notano in fondo a destra quattro archi a sesto acuto al piano terra e due finestre sempre a sesto acuto al primo piano. E' il rimasuglio di una costruzione del XIII secolo e quasi certamente è il convento delle Umiliate che si trovavano a Gorgonzola. L'ordine degli Umiliati venne soppresso il 23 luglio 1568 su ordine di papa PIO V e da allora il convento ha subito varie trasformazioni fino ad essere ridotto allo stato attuale: la sua proprietà comunque è privata. Come ricordo della presenza degli Umiliati fino al 1800 esisteva la Fiera di Sant'Erasmo che serviva a commercializzare il lino prodotto nelle nostre zone a seguito della produzione e commercializzazione dei filati, dovuta appunto agli Umiliati.

Mausoleo Serbelloni

La cappella gentilizia fu disegnata dall’architetto Simone Cantoni, impegnato in quegli anni alla costruzione del palazzo di città dei Serbelloni sul corso di Porta Orientale: fu iniziato nel 1775, in risposta alle nuove disposizioni sanitarie del governo asburgico, che proibivano la tumulazione dei defunti nelle chiese per motivi sanitari, ideologici e culturali. Il duca Gian Galeazzo commissionò a Simone Cantoni la tomba per accogliere degnamente le spoglie della famiglia a lato del cimitero pubblico, sul sagrato dell’antica chiesa. Presenta un ampio arco di ingresso rivestito in ceppo inserito in un timpano, con due nicchie laterali che accolgono le statue in arenaria dei profeti Daniele e Geremia, e due obelischi piramidali a segnare la soglia del sacello. La cappella venne affrescata da Domenico Pozzi, discepolo di Andrea Appiani, collaboratore e amico personale del Cantoni: gli affreschi alle pareti sono andati perduti, mentre si conserva in buono stato il grande dipinto sulla volta, raffigurante La visione di Ezechiele della resurrezione delle ossa. Il profeta è rappresentato in mezzo a cadaveri che riacquistano la vita, sovrastato dalla schiera degli angeli..
Oltre a Gian Galeazzo Serbelloni, a sua madre Maria Vittoria, alla moglie Teresa e alla figlia Luigia con marito, figli e discendenti, nella cripta del mausoleo è sepolto anche l’architetto Cantoni, il quale (come ricorda la lapide nera murata nella facciata della chiesa) “edificò la chiesa e questo cimitero non sapendo che l’avrebbe costruito anche per sé”.
Ospedale Serbelloni
La storia dell'Ospitale gorgonzolese ha inizio per così dire nel 1802, per volontà testamentaria del Duca Gian Galeazzo Serbelloni (negli intenti del Duca il nosocomio e la chiesa dovevano essere le due opere primarie per Gorgonzola, da realizzarsi prima possibile su ampi terreni messi a disposizione dalla famiglia). I lavori hanno inizio il 29 giugno 1948 sotto l´egida di sua figlia, la marchesa Luigia, e poterono avvalersi oltre che del cospicuo Legato Pio Serbelloni, anche della donazione dell'Opera Pia Gagnola, altra famiglia che aveva lasciato sostanziosi fondi per questa realizzazione. La struttura aprirà i battenti in modo stabile esattamente il 22 maggio 1862.

Come si è già ricordato, il progetto fu affidato all'architetto milanese Giacomo Muraglia. Un ben congegnato insieme di classicheggianti colonne ed archi evidenziano il portale dell'ingresso principale, dandoci l'esempio e l'immagine di una costruzione di quel tempo tra le più valide ed ammirate nella regione. Strutturalmente l'Ospedale ricalca lo schema dei palazzi signorili del tempo, adattandola alle esigenze del ricovero. Anche grazie alla preziosa consulenza dei medici, la profilassi architettonica e urbanistica venne attentamente studiata ed applicata secondo i più avanzati parametri del tempo; ecco dunque l'accortezza a non far sorgere l'edifico in prossimità delle vie più frequentate o del naviglio, così come la disposizione dei vani seguì le tendenze più avveniristiche della metà XIX secolo, arrivando persino a prevedere, accanto alle «Infermerie» una sala operatoria. Lo stesso dimensionamento e la capacità di accoglienza dell'Ospedale vennero pensati in avanti, raddoppiando il coefficiente medio di posti letto per abitanti del bacino d'utenza. La struttura insomma sorgeva grandiosa all'epoca, con le più moderne metodologie strutturali, e si rivolgeva perlopiù come ricovero per anziani bisognosi e in larga parte per accogliere pazienti affetti dalle numerose patologie infettive che flagellavano la popolazione del tempo. Era un indirizzo praticato non soltanto in Lombardia ma ampiamente in uso in tutta Europa.
E' del 1916 la prima importante modifica strutturale del nosocomio, allorquando le esigenze belliche impongono di attrezzare la struttura con un appendice destinata alle prestazioni prettamente chirurgiche, e tutta la struttura viene individuata come Ospedale di Riserva per accogliere i feriti dal fronte. Finita la parentesi della guerra, inizia l'epoca della razionalizzazione ospedaliera su scala nazionale. Nei numerosi censimenti, il più importante dei quali nel 1925, viene ridisegnata la rete territoriale dell´assistenza sanitaria e un nuovo concetto comincia a farsi strada, ovvero quello della specializzazione. Attraverso numerose vicende storiche, il progredire della scienza medica ha fatto inesorabilmente il suo corso, introducendo la necessità di suddividere le prestazioni specialistiche da quelle di base, e di riorganizzare di conseguenza la capillarità del servizio a livello locale. Si passa così nei primi decenni del secolo da una riconosciuta centralità dell'ospedale di Gorgonzola (insieme a quello di Melzo) nell'ambito degli ospedali di Circolo, ad un progressivo svuotamento delle prestazione mediche a beneficio di grandi strutture più moderne ed attrezzate, accreditate come Ospedali Provinciali. La lunga rincorsa dell'Ospedale Serbelloni per raggiungere standard sempre più avanzati sembra finire nel 1975, quando il corpo principale e storico dello stabile venne giudicato non idoneo alle funzioni ospedaliere.

Oggi, nei rinnovati locali sorge una struttura sanitaria che offre molte prestazioni al territorio, con una qualificata professionalità nei reparti e un'ampia gamma di servizi ambulatoriali specialistici. Resta indubbia la particolare storia di questo nosocomio, tutto realizzato, migliorato ed ampliato negli anni grazie alle generose donazioni non soltanto dei fondatori Serbelloni, ma di tante altre famiglie e Opere religiose e non che ne hanno fatto una specie di monumento alla beneficenza e alla solidarietà.

  • Sagra del Gorgonzola: ogni anno a settembre
  • Fiera di Santa Caterina: in concomitanza con la ricorrenza di S. Caterina d'Alessandria si festeggia ogni anno il 25 di novembre. Solitamente i festeggiamenti si riferiscono all'ultima domenica di novembre.
  • Fiera dei Sapori d'Italia: nel mese di maggio

GROTTE DI RESCIA (Co)

  Le sette Grotte di Rescia, unite in un unico complesso agli inizi del ‘900, si snodano lungo un  percorso turistico di ca. 500 m  alle pen...