ERBA (Co)

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Castello di  Pomerio location per eventi

Castello di Casiglio hotel e ristorante



VIlla Majnoni di  D'Intignano Parravicino itinerari turistici

Villa Clerici Location per eventi e itinerari turistici

Villa Majnoni

deve il proprio nome ad Achille Majnoni, la cui famiglia visse qui alla fine del XIX secolo. Ma chi era Majnoni? Architetto del re Umberto I, si occupò tra l’altro della sistemazione della Villa Reale di Monza. Fu proprio tra le braccia di Majnoni che il monarca morì dopo l’attentato del 29 luglio del 1900.  La villa, oggi sede del municipio, è circondata da un parco aperto al pubblico.

 Villa Candiani

Costruita tra il 1880 e il 1890 su progetto di Luigi Broggi, è un edificio in forme neo-romaniche di stile eclettico facilmente riconoscibile per i colori rosso mattone e ocra tipici del cotto lombardo. La villa ha l’aspetto di un piccolo maniero, con gli archi ribassati che sormontano le finestre; fino agli anni ’70 è stata sede del municipio.

Villa Amalia

Villa Amalia, in stile neoclassico, fu realizzata nel 1801 dall'architetto Leopoldo Pollack. L'edificio fu costruita sui resti di un convento risalente al 1488 ma soppresso dai decreti napoleonici e acquistato nel 1798 dal milanese Rocco Marliani, committente dei lavori di trasformazione in villa e marito di Amalia (dalla quale derivò il nome attuale). Memoria del passato conventuale fu ripreso nella realizzazione del cortile d'onore sul retro della villa.

Internamente, la villa ospita il Salone dell'Aurora, il cui nome deriva dall'omonimo affresco di Giuseppe Bossi (1805) che adorna il soffitto della stanza.

Nel parco ideato dal Pollack ospita una cappella dedicata a Sant'Antonio abate, dotata di altare maggiore del XVIII secolo e abside neogotico.

Dopo vari passaggi di mano, la villa divenne proprietà di Massimiliano Giovanni Stampa di Soncino, committente di un'importante ristrutturazione in stile neogotico dalla quale furono risparmiati solamente gli esterni della villa, il Salone dell'Aurora e il cosiddetto "portico della Cappuccina" che conduce dal cortile al parco. Alla ristrutturazione presero parte i pittori Domenico Borri, Francesco Piana, Ignazio Manzoni e Luigi Scrosati, con quest'ultimo che curò anche la realizzazione degli arredi. Gli stucchi neorococò e i colori pastello della sala da pranzo e dei salotti sono invece il risultato di un successivo intervento di fine Ottocento.

Villa Amalia ha ospitato Ugo Foscolo, Parini (un busto del quale fu collocato nel parco) e Vincenzo Monti (che la definì «d'attico gusto eccelsa mole»).

Nel 1962 divenne un bene della Provincia di Como e successivamente divenne la sede del Liceo Carlo Porta.

Villa Ceriani

Villa Ceriani, ottocentesca, sede del Civico Museo. Tra i reperti più importanti conservati sono da segnalare una spada longobarda con impugnatura argentea e due massi avelli di epoca tardo romana.

Crotto Rosa

edificio che si sviluppa su quattro piani completamente ricoperto da vite canadese. Nato intorno al 1850 come teatro per volere del pittore Pietro Rosa, fu in seguito trasformato in un ristorante. Qui si sono svolte le riprese di uno dei film girati in Brianza meno conosciuti, All’improvviso Komir, con Gaia Bermani Amaral.

Cappella Biraghi

risalente al 1890. L’interno (che può essere visitato solo in occasioni speciali) accoglie un dipinto del Cristo crocifisso di Emilio Magistretti. La cappella si trova all’interno del Cimitero Biraghi: un tempo era il cimitero comunale, poi venne chiuso e in seguito dal 1870 riaperto come cimitero privato, accogliendo le cappelle gentilizie di alcune famiglie del posto. Oggi accoglie anche la Cappella Erra.

portico del mercato di Incino

dove ancora oggi sono visibili gli anelli a cui in passato venivano legati gli animali dei venditori: è davvero elegante questo edificio porticato a nove arcate, realizzato su progetto di Piero Corti negli anni ’20 dell’Ottocento.

Borgo di Villincino

Borgo fortificato circondato da mura in pietra e dotato di due accessi a torre posti agli estremi.

L'ingresso a nord, restaurato nella seconda metà del XX secolo, presenta una bella muratura in pietra ed un arco a tutto sesto realizzato con conci squadrati; l'ingresso a sud presenta, sopra l'arco di accesso, una bifora con archi a sesto acuto intervallati da una colonnina in marmo bianco con capitello fogliato, il tutto inquadrato da un arco a tutto sesto sorretto da colonnine con capitelli fitomorfi datati alla metà del XIV secolo.

In epoca medievale il borgo fu la residenza fortificata della famiglia Carpani, alleata dei Visconti di Milano, ed è a partire da questa fase cronologica che vengono datati i complessi architettonici quali Casa Busti Carpani (piazza Torre 2), il cosiddetto Stallazzo di Villincino (piazza Torre 4), fabbricato adibito a residenza e dotato di un'apposita area dove venivano alloggiati cavalli e muli

(stallaggio o appunto stallazzo) e il palazzo Casa Carpani (piazza Prina 5).

A testimonianza della presenza delle famiglia dei Carpani si ricorda che nel 1940, in occasione di alcuni interventi di restauro in un appartamento ricavato all'interno di un edificio dell'antico borgo, è stato rinvenuto un affresco, datato al XIV secolo, che rappresenta due dame che reggono lo stemma della famiglia: un albero di carpino davanti ad una torre bianca.

Dopo un periodo di abbandono nel corso del XIV secolo, il borgo divenne nel Cinquecento sede di religiosi che non solo sistemarono molti degli edifici costruiti precedentemente, ma rivitalizzarono il borgo nel suo insieme intorno alla chiesa di S.Maria Nascente, che nel 1574 per volontà di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, divenne chiesa prepositurale, titolatura fino a quel momento attribuita alla Chiesa di S.Eufemia di Incino.

Nel XVII e XVIII secolo il sito di Villincino fu feudo della famiglia Archinti, quindi nel secolo successivo passò a diverse famiglie: i Casati, i Guezati e i Rivolta.

Nel 2006, nell'ambito del progetto Lombardia Beni Culturali (portale unificato del patrimonio culturale lombardo a cura di Regione Lombardia Università degli Studi di Pavia), sono state realizzate una serie di schede dedicate ai principali edifici di Villincino con l'indicazione dei vincoli ministeriali posti a loro tutela.

A cura di Michela Catalano sono state realizzate schede dedicate agli edifici, tutti privati, più significativi dell'antico borgo: Casa Busti Carpani (piazza Torre 2), Stallazzo di Villincino (piazza Torre 4), Rustico Casa Rivolta (piazza Torre 6), Casa Carpani (piazza Prina 5): alcune di queste schede sono state revisionate e aggiornate nel 2009 a cura di Maria Galli.

Ad oggi non risultano essere state effettuate indagini sugli alzati murari superstiti del borgo, né saggi di scavo a ridosso dei suoi edifici.

ALTRE VILLE

Villa Chiesa Molinari (XVI secolo)
Villa Corti
Villa Elisa
Villa Biffi
Villa Gavazzi già Jacini (XVIII secolo)
Villa Mambretti ex Vidiserti (XVI secolo)
Villa Nava (XVIII secolo)
Villa Torricella (XIX secolo), nell'omonima località
Villa Tre Faggi
Villa Vaccari
Villa Valaperta (XIX secolo)
Villa Verampio
Villa Virginia
Villa Lado (prima metà del XIX secolo)
Villa Coletti di Parravicino
Villa Gariboldi Vittadini di Parravicino
VIlla Fontana Genolini di Crevenna
Villa San Giuseppe di Crevenna, dotata di torretta e collocata in un parco comprensivo di un tempietto
Casa Busti Carpani di epoca medievale,
Casa Guenzati Rivolta nell’Ottocento fu ospitato San Giovanni Bosco. 
Casa Cristo Re delle Suore della Carità che tra il 1647 e il 1799 fu palazzo dei Conti Archinto: si tratta           di uno degli edifici più antichi della città, situato nel cuore di Erba Alta.
Villa Valaperta nota anche come Villa Crespi o Villa Le Due Torrette: ebbero modo di soggiornarvi tra             gli altri Francesco Hayez, lo scrittore Camillo Boito e Bettino Ricasoli. La villa deve il proprio               nome alle due torri di avvistamento fatte erigere nell’Ottocento sui resti del Castello di Erba, che           sorgeva proprio in questo punto, dai Valaperta, famiglia milanese che aveva insediato la propria             residenza estiva sul poggio.

Chiesa di S. Maria Assunta di Casiglio 

Con il monumento funebre del vescovo Beltramino, opera pregevole del Trecento, di Giovanni da Campione.

Chiesa di Sant'Eufemia

La chiesa è dedicata a sant'Eufemia di Calcedonia, una santa particolarmente cara ai seguaci dello scisma tricapitolino perché il concilio di Calcedonia, cui gli scismatici si rifacevano, si era svolto proprio nella basilica dedicata a questa santa. È quindi possibile che l'attuale dedicazione della chiesa risalga a un'epoca successiva rispetto al momento della costruzione originaria. Il vescovo di Como Agrippino ebbe un ruolo particolarmente attivo nella diffusione del credo tricapitolino e del culto alla santa, e la dedicazione della chiesa di Erba è fatta risalire a questo periodo e a queste vicende insieme alle altre dedicazioni della basilica di Sant'Eufemia a Grado, la chiesa di Santa Eufemia di Como (ora basilica di San Fedele), la basilica di Sant'Eufemia sull'isola Comacina, quella di Oggiono, di Teglio e quella del castello di Musso. È tuttavia altresì probabile che, vista la presenza di strutture più antiche, per le chiese di Como, di Incino e dell'Isola il culto sia più antico e risalga direttamente a sant'Abbondio che nel Concilio di Calcedonia ebbe un ruolo da protagonista.

chiesa di Santa Maria Nascente

La prima citazione di una chiesa ad Erba risale al XIII secolo ed è da ricercarsi nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero, in cui si legge che era filiale della pieve di Sant'Eufemia d'Incino.

Eremo San Salvatore a Crevenna

Nel corso del XVI secolo, i frati Cappuccini erano alla ricerca di un luogo tranquillo dove potersi ritirare. Leone Carpani, membro di una nobile famiglia erbese nonché dell’ordine stesso, possedeva un terreno in una località isolata sopra Crevenna, dove esisteva una piccola chiesa nella quale viveva un eremita di nome Salvatore. I Cappuccini visitarono il luogo nel 1536 e, giudicandolo adatto, decisero di costruirvi un convento, in origine di modeste dimensioni.

La chiesa primitiva subì ampliamenti e rimaneggiamenti; fu riconsacrata nel 1562 con la dedicazione all’Ascensione del Salvatore. La denominazione “San Salvatore”, quindi, potrebbe derivare sia dall’intitolazione cinquecentesca, sia dal nome dell’eremita che vi abitava prima dell’arrivo dei Cappuccini.

Il vescovo Carlo Borromeo, in visita ai frati nel 1578 e nel 1584, ordinò di ristrutturare l’intero complesso, utilizzando materiali più resistenti. Nel corso dei secoli successivi si susseguirono lavori di miglioramento dell’intero complesso, tra i quali bisogna ricordare la sistemazione della strada che dalla chiesa parrocchiale di Crevenna, dedicata a Maria Maddalena, conduce all’eremo.

Nel 1810, le soppressioni napoleoniche riguardarono anche il convento di San Salvatore: i frati furono costretti ad abbandonarlo. Da quel momento la proprietà passò a privati, gli ultimi dei quali cedettero il complesso alla Società Osram Edison Clerici, la quale fece della località una colonia per i dipendenti e le loro famiglie. Nel 1952 fu venduta alla società Oltrabella che iniziò i lavori di restauro e ne fece un centro di formazione religiosa per i giovani. Dal 1999 l’eremo è gestito dall’Istituto Secolare “Cristo Re”.


Palazzo Chiesa Molinari 


Chiesa di San Maurizio

risalente nella sua configurazione attuale agli anni ’40 del Settecento. Sul portone in legno incorniciato dal portale in granito che impreziosisce la facciata in stile barocchetto puoi notare formelle che rappresentano San Maurizio a cavallo e altri santi.

Chiesa di santa Maria degli Angioli a Crevenna

unico resto dell'ex convento francescano tardoquattrocentesco. Al Cinquecento risalgono, all'interno della chiesa, un grande affresco di una Crocifissione e un grande altare ligneo, quest'ultimo abbellito da quattro statuette dei Dottori della Chiesa databili al secolo successivo. Sull'area dell'ex convento Leopoldo Pollack costruì tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, Villa Amalia.

Chiesa di Santa Maria Maddalena  a Crevenna

Della chiesa di S. Maria Maddalena si ignora la data d fondazione ma a partire dal 1478 viene nominata nel Chronicus. In quel periodo si fondarono le cappellanie di S. Maria Maddalena e di S. Giorgio in Silvis. Nel 1566 ne parla il sacerdote G.F. Sormani in occasione della Visita pastorale nella Pieve di Incino mentre la planimetria e l'assonometria del 1568 la raffigurano con forme semplici e dimensioni ridotte, con l'abside semicircolare. Gli ingressi erano due, uno principale a ovest e l'altro laterale a sud. Nel 1574 S. Carlo Borromeo, in Visita Pastorale, separa la cura d'anime di S. Giorgio, allora chiesa principale di Crevenna, dalla giurisdizione spirituale di Incino, ponendo come nuova parrocchiale la chiesa dedicata a S. Maria Maddalena. La consacrazione avvenne nel 1584, sempre a cura del Cardinal Borromeo di passaggio a Crevenna. Allora i fedeli erano 270 anime. Della consacrazione esiste ancora la lapide in marmo nero, collocata nel presbiterio.

Chiesa dei Santi Pietro e Paolo

Secondo la tradizione, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo fu fondata nell’XI secolo dal vescovo Rainaldo e consacrata nel 1095 da papa Urbano II che si stava recando a Clermont- Ferrand per indire la prima crociata: il passaggio del pontefice nell’area lariana è testimoniato inoltre dalla consacrazione della basilica di Sant’Abbondio a Como.

Chiesa di San Maurizio

Scarsissime le notizie storiche relative alla chiesa, già citata alla fine del Duecento da Goffredo da Bussero, che divenne parrocchiale solo nel 1741, quando il cardinale Pozzobonelli ne sancì la separazione dalla chiesa di San Cassiano a Buccinigo. Poco dopo l’erezione a parrocchia, nel 1744 fu completamente restaurata.

Chiesa di Santa Marta

L’origine della chiesa di Santa Marta è sconosciuta. Sicuramente risale a prima del XV secolo quando fu ricordata come cappellania affidata ai canonici di Incino; fu dedicata a santa Marta nel 1612.

Chiesa di Santa Gemma ad Arcellasco

E ' situata in via XXIV Maggio adiacente alla Villa Nava ed alla chiesetta dei Magi. Originariamente era denominata chiesa della Sacra Famiglia ed apparteneva ai Padri Barnabiti di Lodi. In stile neogotico lombardo, a pianta ottagonale, fu costruita nel1888, su disegno dell'architetto Carlo Maciachini. Pregevoli i due rosoni in cotto sulle facciate laterali. All'interno: una sola navata con abside ad emiciclo e due altari laterali.

Chiesa di San Cassiano

Fino a poco tempo fa, la testimonianza più antica dell’esistenza della chiesa di San Cassiano era il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani del XIII secolo attribuito a Goffredo da Bussero. In realtà, recenti lavori di restauro hanno portato alla luce resti più antichi, in particolare un disegno preparatorio per un affresco con uomini ed animali, databile al V/VI secolo.

L’edificio subì modifiche ed ampliamenti nel corso della sua storia. Nel 1836 vennero effettuati lavori di rifacimento che lo portarono all’aspetto attuale; in modo particolare venne cambiato l’orientamento: da est- ovest e nord- sud.

Chiesa San Bernardino ad Arcellasco

La chiesa venne eretta intorno alla metà del Quattrocento, per opera dei frati Francescani del Terz’Ordine che si stabilirono in quegli anni nella località erbese: è un dato importante che testimonia la rapida diffusione del culto di san Bernardino (canonizzato nel 1450) che durante la sua vita aveva portato la sua predicazione anche in questa zona.

Chiesa di San Pietro a Buccinigo

La piccola chiesa è situata nel centro medievale di Buccinigo, vicino al luogo in cui sorgeva l’antico castello del borgo; oggi è circondata da una corte ed addossata ai suoi edifici: per questo motivo non presenta la facciata. Vi si accede tramite una porta laterale posta sopra il livello stradale; tale porta è sormontata da una finta bifora affrescata. Il campanile a vela a singola campana è posto sul tetto dell’edificio religioso e di quello contiguo.

Chiesetta Oratorio San Bartolomeo a Parravicino

Situato nella villa ex Belgioioso, ora di proprietà Lado, adiacente alla piazzetta della frazione Parravicino, l'oratorio trecentesco di San Bartolomeo fu fatto erigere in memoria del padre Beltramo (in latino Bartolomeus), da Fabrizio Parravicini, ultimo console di Chiavenna, vissuto intorno al 1250.

Oratorio di San Bernardino a Pomerio

La chiesa venne eretta intorno alla metà del Quattrocento, per opera dei frati Francescani del Terz’Ordine che si stabilirono in quegli anni nella località erbese: è un dato importante che testimonia la rapida diffusione del culto di san Bernardino (canonizzato nel 1450) che durante la sua vita aveva portato la sua predicazione anche in questa zona.

Oratorio di Sant'Antonio a Campolongo

La chiesetta, con la facciata a forma di capanna, è costituita da una sola piccola navata a pianta rettangolare ed è dotata di un campaniletto a vela con la campana che reca la data 1720.

Oratorio dei Magi a Carpesino

Un documento della parrocchia di Arcellasco data l’edificio al 1519. Però, ricordando le parole di Fernanda Isacchi, l’architettura farebbe supporre una datazione anteriore; lo stile è di passaggio tra il tardo gotico e il primo rinascimento: gli archi ogivali e la volta a crociera costolonata ne sarebbero una testimonianza. Non molti anni fa, inoltre, il Longoni ritrovò un atto del 1512 che documenta l’avvio della procedura di separazione dei parrocchiani di Carpesino dalla parrocchia di San Pietro in Brugora. Un altro documento del 1509 attesta che i membri della comunità di Carpesino si erano riuniti per discutere l’edificazione di un oratorio per loro comodità, in quanto costretti a partecipare alle funzioni religiose di Pontelambro o Brugora.

Oratorio di Sant'Ambrogio a Bindella
 
(XV secolo), chiesetta ristrutturata dal comune di Cassina Mariaga nel primo Ottocento ma che conserva ancora oggi elementi architettonici di età medievale: una monofora romanica, una monofora gotica lacerti di affreschi databili tra il XV e il XVI secolo. Già parrocchiale, attorno al 1517 la chiesa fu ridotta alle dipendenze della parrocchia di Brugora di Arcellasco. Agli inizi del secolo successivo risale la tela della pala d'altare, raffigurante una Incoronazione della Madonna col Bambino e sant'Ambrogio. L'opera, attribuita a Guglielmo Caccia, è incorniciata in un telaio in legno intagliato, sormontato dalla una statua di Sant'Ambrogio. Dal 1838, un'altra statua dello stesso santo si trova in una nicchia all'esterno dell'oratorio.


FRAZIONI

Arcellasco fu un antico comune del Milanese.
Registrato agli atti del 1751 insieme alle cascine di Torricella, Carpesino, Brugora e Cassina Torchiera come un villaggio di 117 abitanti incluso nella Pieve di Incino, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798, quando contava 555 residenti.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì a Ponte, ma il Comune di Arcellasco fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. nel 1928 il regime fascista decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo ad Erba.
Buccinigo fu un antico comune del Milanese.
Registrato agli atti del 1751 insieme alla cascina di Molena come un villaggio di 215 abitanti incluso nella Pieve di Incino, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como,
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d'Italia . Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì a Villalbese, ma il Comune di Buccinigo fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. nel 1927 il regime fascista decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo ad Erba.
Cassina Mariaga fu un antico comune del Milanese.
Registrato agli atti del 1751 insieme alle cascine di Boffalora, Molino della Rete, Morchiuso, Campolongo, Bindella e Caccaratti come un villaggio di 350 abitanti incluso nella Corte di Casale, pieve amministrativa con a capoluogo Canzo, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d'Italia . Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì a Penzano, ma il Comune di Cassina Mariaga fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. nel 1927 il regime fascista decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo ad Erba.
Crevenna fu un antico comune del Milanese.
Registrato agli atti del 1751 insieme alla cascina di Mornigo come un villaggio di 200 abitanti incluso nella Pieve di Incino, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d'Italia. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì per la prima volta ad Erba, ma il Comune di Crevenna fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. nel 1927 il regime fascista decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo nuovamente ad Erba seguendo l'antico modello napoleonico
Il toponimo lombardo Inscén e il corrispondente italiano Incino sono la naturale evoluzione del nome romanizzato del centro proto-urbano orobico, Licini forum, citato da Catone il Censore e da Plinio il Vecchio.
Incino fu un antico comune del Milanese, capoluogo di pieve.
Nel 1441 Incino, con tutta la sua pieve, venne concesso in feudo dal duca di Milano Filippo Maria Visconti ai conti Dal Verme. Nel 1647 il comune con tutta la sua pieve, venne concesso in feudo ai conti Archinto, i quali vi mantennero i propri diritti feudali fino al decreto napoleonico del 1797.
Registrato agli atti del 1751 insieme alle cascine di Villincino, Rogora e Ferrera come un villaggio di 443 abitanti, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 603 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì per la prima volta ad Erba, ma il Comune di Incino fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. Nel 1853 risultò essere popolato da 959 anime, salite a 1058 nel 1871. Il censimento del 1901 registrò 2171 residenti, ma nel 1906 il governo decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo nuovamente ad Erba, ribattezzato per l'occasione Erba Incino, seguendo l'antico modello napoleonico.
Parravicino Registrato agli atti del 1751 insieme alle cascine di Pomerio e Caseglio come un villaggio di 185 abitanti incluso nella Pieve di Incino, nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como,
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d'Italia . Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo unì a Carcano, ma il Comune di Parravicino fu restaurato nel 1816 dagli austriaci dopo il loro ritorno. nel 1928 il regime fascista decise la definitiva soppressione del municipio aggregandolo ad Erba.

STORIA

La zona dove oggi sorge la città di Erba (ma anche l'alta Brianza e la zona dei laghetti briantei) era già abitata in tempi antichissimi - si parla addirittura di Preistoria - da uomini primitivi. Scavi archeologici hanno infatti portato alla luce in diverse zone reperti come punte di frecce, sassi levigati, ecc.
Secondo alcuni storici gli Orobi furono tra le prime popolazioni ad insediarsi nel comasco; poi giunsero i Celti, i Galli e più avanti nella storia i Romani.
Inizialmente, la zona dove oggi sorge buona parte del centro della città, si chiamava Incino: secondo alcuni questo strano nome, "Incino" appunto, sarebbe derivato dal nome di un qualche personaggio mandato da Roma per controllare la zona.
Sempre in epoca romana si affermò il nome latino Herba per la parte alta della città, da cui deriva propriamente quello di Erba, così chiamata forse per il paesaggio circostante assai verde sia per la presenza della Prealpi che per i vasti campi.
Durante il periodo di Carlo Magno anche questo territorio fu assoggettato al rigido sistema feudale, fino a quando - intorno all'anno 1000 i feudatari furono scacciati ed Erba si trasformò in comune.
Nel 1200 i Visconti presero possesso della città e ristabilirono il feudalesimo.
Ecco che a questo punto un fatto importante accadde attorno al 1250: i Comuni del Pian d'Erba si allearono con il Barbarossa. La risposta da Milano fu durissima tanto che a Carcano - paesino distante proprio pochi chilomentri da Erba - si combatté una sanguinosa battaglia che vide la sconfitta del Barbarossa.
Successivamente, nel 1489, Luigi XII conquistò il nord Italia e il territorio erbese finì sotto il suo controllo. Nel 1525 tutta la zona milanese passò in mano all'imperatore tedesco e re di Spagna, Carlo V.
Prima dell'arrivo di Napoleone Bonaparte tutti i territori rimasero sotto il dominio austriaco fino al 1796. Dopo il 1814 però i territori ricaddero sotto il controllo dell'Austria fino al 1859 quando anche Erba verrà annessa al Regno d'Italia.
Infine, nei primissimi anni del '900, dall'unione dei vari paesi circostanti (tra cui il già citato Incino), nasce finalmente il comune di Erba.
L'unificazione di Erba-Incino
Fino al 1906 il territorio con cui oggi si identifica il "Comune di Erba" era in realtà suddiviso in più comuni e frazioni, di cui i più grossi erano Erba (che sorgeva nella parte più alta dell'odierno comune) e Incino (che sorgeva invece nella parte più bassa e pianeggiante).
Sin dai tempi più remoti acerrimi nemici, verso la seconda metà dell'800, sia la ricca ma in via di decadenza Erba che il più povero ma dalle notevoli potenzialità economico-industriali Incino, entrambi iniziarono a fiutare i vantaggi di una possibile unificazione. Vantaggi che, tutto sommato - a dir la verità - avrebbero favorito più Erba che Incino: in fondo, per quest'ultimo comune, si sarebbero trattati solamente di sostegni economici per la realizzazione di un edificio scolastico/comunale e della stazione ferroviaria in via di progetto, mentre per Erba, se questa unificazione non fosse andata in porto - complice la scomoda posizione geografica -, la situazione si sarebbe fatta difficile, visto lo sviluppo edilizio, industriale, commerciale ma anche agricolo decisamente limitato.
E in effetti i tentativi di unificazione falliti (per diversi motivi) furono ben due (nel 1876 e nel 1888 rispettivamente) e solo al terzo (28 Maggio 1905) si trovò finalmente un accordo che portò nell'anno seguente alla fusione
Una volta che il voto all'unanimità ebbe sancito il volere dei due comuni e che le pratiche burocratiche furono avviate, si dovette decidere quale nome dare al nascente comune. All'inizio si optò per Erba con Incino, ma per volere della popolazione si preferì in seguito sopprimere la particella con; alla fine, quindi, si stabilì che il nome sarebbe stato Comune di Erba-Incino. E nel settembre 1906 l'unione fu definitivamente sancita.
Nel 1928 prenderà il nome che tutt'oggi conserva di Erba.

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