Museo archeologico Villa Pisani Dossi di Corbetta.
Museo delle Camere di San Carlo
museo del legno "Luigi Magugliani"
Torre medievale
Risalente al XIII secolo, la torre fa parte dell'antico complesso difensivo delle mura della città. Dal 1997 è divenuta proprietà del comune di Corbetta che ne ha curato il restauro e la riqualificazione.
Lazzaretto
Il lazzaretto si trova a Corbetta nella frazione di Soriano, situato in prossimità delle cascine Fiandrina e Cantona, contraddistinto da una radura boschiva in cui è collocata una semplice colonna in pietra e una croce soprastante di ferro. Qui vennero sepolti gli appestati del comune tra gli anni 1576 e 1577. Durante l'epidemia era venuto a Corbetta il cardinale Carlo Borromeo (22 novembre 1577); la leggenda vuole che, visitando il lazzaretto, da sotto i suoi piedi sgorgasse il vicino fontanile che ancora oggi porta il suo nome in ricordo del presunto fatto miracoloso. Qui riposano anche le vittime della terza pestilenza, quella del 1630, descritta da Alessandro Manzoni. La prima condotta medica era già stata istituita a Corbetta (1612), ma i malati, raccolti nelle sale del palazzo Frisiani, venivano curati con terapie improvvisate a base d'incenso e di aceto. Nel 1685, per volere del cardinale Federico Visconti, i Corbettesi issarono la colonna votiva sulla piana del lazzaretto.
Palazzo Calzolari
Il palazzo, risalente al Settecento, consiste in una struttura a corte chiusa con la tipica forma a "U" del palazzo padronale. L'ingresso, gittante su via Brera, presenta un portale a stucco sormontato da una torretta che aveva un tempo funzione di piccionaia; da qui, attraverso un portone ligneo, si accede al cortile interno costituito da un giardino che conduce all'entrata dell'edificio, attorniato da aree rurali e dagli alloggiamenti dei gastaldi. L'ingresso al palazzo è distinto da un colonnato tripartito con colonne di granito e da un portico voltato a crociera. Per anni la struttura ha ospitato dapprima la casa di riposo "Don Felice Cozzi" e poi i suoi uffici amministrativi. Attualmente è utilizzata come sede da parte di alcune associazioni corbettesi.
Villa Pagani Della Torre
La villa, situata in Piazza XXV Aprile, risale ai primi anni del Novecento. La casa sorge su quanto rimane del giardino dell'antica Ca' Erba che si estendeva dall'attuale via Verdi a via Battisti. Iniziata la costruzione nel 1925, dal 1929 al 1934 divenne la residenza del podestà Enrico Pagani. Nel 1971 venne acquistata dal comune ed intitolata ad Angelo Della Torre, il bambino miracolato dalla Madonna del santuario. Da allora fu sede prima dell'ufficio tecnico, poi del magazzino comunale; attualmente ospita la sede della Pro loco e di altre associazioni culturali corbettesi. Il portico d'ingresso, retto da colonne binate in cemento decorativo, è ornato da due grandi graffiti a tratto nero su sfondo ocra, che riproducono un duello fra cavalieri e una figura in armatura con valletti, inquadrati in una prospettiva architettonica. La costruzione presenta all'esterno decorazioni ad affresco ed incisioni che si riallacciano ai motivi tipici del villino borghese, seguendo la moda liberty dell'epoca.
Villa Favorita
Villa Favorita, ricavata ristrutturando alcuni fabbricati rurali preesistenti (un tempo parte delle proprietà Brentano), presenta una disposizione architettonica articolata con vari corpi edificati, ampi porticati e colonne, delimitanti i cortili interni. Attualmente la dimora ospita la scuola elementare omonima. Curioso è il vicino Vicolo del Ghiaccio, dove un tempo si trovava una ghiacciaia in cui venivano portati enormi lastroni di ghiaccio, formatisi nei laghetti dei giardini della zona, per conservare i cibi durante l'estate.
Villa Olivares Zari Mereghetti
La dimora settecentesca, situata nell'attuale via Cattaneo, era originariamente adibita a foresteria dell'adiacente villa Frisiani Olivares Ferrario per l'alloggio degli ospiti. La facciata è ancora oggi decorata con affreschi del XVIII secolo riproducenti nicchie e statue a trompe-l'œil, mentre l'interno è prevalentemente di stile neoclassico. Di rilevanza artistica è anche il prezioso cancello in ferro battuto risalente al XVIII secolo e che probabilmente doveva ricalcare lo stile di quello della vicina Villa Frisiani Olivares Ferrario. Il piccolo giardino sul retro, si affaccia con una curiosa veduta artistica sul fontanile Madonna che alimenta il laghetto di Villa Frisiani Olivares Ferrario. La villa rimase di proprietà della famiglia dei conti Frisiani sino agli inizi del Novecento quando venne smembrata dal resto del complesso della villa padronale e venduta alla famiglia Mereghetti.
Villa Archinto Pisani Dossi
Adiacente alla villa Pisani Dossi si trova Villa Archinto, risale con tutta probabilità al 1708. L'aspetto attuale è dovuto anche al fatto che Carlo Archinto, conte di Tainate, che la fece edificare, non terminò mai il progetto per mancanza di fondi e la struttura rimase incompleta di alcune sue parti. Il progetto doveva essere originariamente quello di una villa a corte chiusa di forma quadrata e sulla facciata si possono infatti ammirare ancora il porticato ed alcune finestre a cornicione, mentre le ali laterali e frontale che dovevano andare a realizzare lo schema chiuso non vennero completate se non in una minima parte poi abbattuta. La villa venne inglobata nella proprietà Pisani Dossi a fine Ottocento e, nel corso della sua storia, ha subito notevoli danni per il frazionamento degli spazi interni per la realizzazione di alcune unità abitative poi affittate. La villa, di proprietà privata, giace oggi in stato di semiabbandono.
Villa Frisiani Olivares Ferrario
La villa, situata in via Cattaneo ed attuale sede municipale, risale al XVIII secolo. La dimora venne eretta dai conti Frisiani e nel 1721 già appare nelle piantine del Catasto Teresiano anche se la struttura architettonica la distingue rispetto alle dimore gentilizie del medesimo periodo. La tradizionale pianta a U presenta infatti ali laterali molto distanziate e di altezza eguale a quella del corpo centrale, mentre la facciata è ripartita su due piani, terreno e loggiato, con due ordini di porticati, ciascuno dotato di sette archi a tutto sesto, retti da colonne di granito alte e sottili. Numerosi elementi dell'edificio farebbero supporre che esso sia stato edificato sopra un convento degli Umiliati del Cinquecento. Attraverso il portico si accede al parco "all'inglese" voluto da Alessandro Olivares, la cui casata divenne proprietaria della villa nell'Ottocento. Dopo essere passato nel dopoguerra alla famiglia Ferrario, il palazzo ospita dagli anni ottanta gli uffici comunali ed il parco è adibito a spazio pubblico. Il parco della villa ospita numerose varietà di essenze arboree ed è abbellito da un laghetto realizzato all'epoca del notaio Olivares ed alimentato dal Fontanile Madonna, al cui centro si erge una finta grotta retta da colonne per il ricovero delle barche. Al centro del bacino è situata una statua in pietra di Nettuno (forse di origine settecentesca) con tridente in ferro, poggiante su un basamento barocco. Gran parte delle statue che adornavano il complesso naturale del parco sono in stato di degrado o andate distrutte: presso l'isoletta dell'imbarcadero si possono notare i basamenti in pietra di due putti che facevano corona alla discesa verso l'acqua, decorati con motivi floreali e frutti. Di gusto romantico è anche il piccolo ponticello in mattoni che conduce all'isola costeggiando una delle due grandi colline in terriccio createsi nel corso dello scavo del laghetto. Presso la villa, montata nella scala che conduce all'antico lavatoio presso il fontanile, si trova una statua di Atlante che sorregge la scalinata stessa. Il fontanile Madonna scorre parallelamente al laghetto e vi si innesta con delle chiuse.
Palazzo Brentano
Il palazzo fu edificato tra il 1732 e il 1737 come residenza di campagna per il conte Carlo Giuseppe Brentano, tesoriere generale del Ducato di Milano, e fu progettato da Francesco Croce, architetto del duomo di Milano. Presenta interni con stucchi e affreschi della metà del Settecento realizzati dai pennelli di Giovanni Angelo Borroni, Mattia Bortoloni, Giuseppe Pellegrini, Ferdinando Porta e Giovanni Battista Sassi, oltre a un giardino con alcune statue in pietra molera d'epoca ed un boschetto all'inglese avente all'interno numerose specie rare ed esotiche, secondo il gusto dell'epoca. Passato alla famiglia Carones nel 1837, il palazzo venne nuovamente rivenduto all'inizio del Novecento per poi essere ceduto dalla famiglia corbettese dei Pagani alla congregazione dei padri somaschi che lo adibirono a seminario e studentato teologico dal 1937 e dal 1972 è divenuto sede di una scuola secondaria di primo grado parificata a cui successivamente si è aggiunta una scuola primaria dedicata a Santa Gianna Beretta Molla.
Chiesa prepositurale di San Vittore Martire
La chiesa prepositurale di San Vittore martire è il luogo di culto cristiano più antico presente in Corbetta traendo le proprie origini attorno al III secolo. Venne ricostruita in stile romanico nel 1037, giungendo poi attraverso diversi lavori di rifacimento nel XVI e XVIII secolo ed approdando nel 1792 alla edificazione dell'attuale tempio neoclassico ad opera dell'architetto Taglioretti e l'apporto della facciata completata tra il 1845 ed il 1848 su disegno di Luigi Cerasoli. I lavori ripresero nel 1898 quando si alzò a 81 metri il campanile, crollato il 2 giugno 1902 e ricostruito a 71 metri nel 1908. La chiesa nei suoi oltre mille anni di storia ha conosciuto il passaggio di molti personaggi di rilievo, data la posizione particolare della città e la prerogativa di essere sede della Pieve di Corbetta che radunava le parrocchie di buona parte dell'ovest milanese, ed a cui capo sta oggi come un tempo un prevosto, il che la rende sede religiosa privilegiata. Attualmente la chiesa ha il ruolo di parrocchia unicamente per la città di Corbetta, dopo la soppressione delle pievi nel 1972, ma continua a mantenere alcune prerogative specifiche di antico retaggio.
Santuario arcivescovile della Beata Vergine dei Miracoli
L'edificio sacro più notevole dell'arte rinascimentale e barocca corbettese è senza dubbio il Santuario Arcivescovile della Beata Vergine dei Miracoli; una volta alla periferia della città, costruito su un'area ove sorgeva una precedente chiesa dedicata a San Nicola, si trova oggi in pieno centro storico. Grazie a un evento miracoloso che sarebbe avvenuto nel 1555, la chiesa divenne il più grandioso altare mariano della città, cambiando la propria architettura in un santuario suddiviso su due livelli: quello inferiore tuttora dedicato a San Nicola e quello superiore (con l'immagine miracolosa ad affresco) consacrato alla Madonna. Nel corso dei secoli grandi artisti come Francesco Croce, Fabio Mangone, Vincenzo Seregni, Francesco Pessina, Carlo Francesco Nuvolone, Giulio Cesare Procaccini, Giovan Battista Discepoli, Mosè Bianchi da Mairago e Luigi Pellegrini Scaramuccia detto il Perugino hanno contribuito con le loro opere ad aumentarne lo splendore, ed è stato visitato da personalità eminenti tra cui San Carlo Borromeo che durante il suo episcopato si fece promotore presso la Santa Sede del culto mariano in questo santuario, riuscendo ad ottenere per Corbetta la concessione dell'indulgenza annua in forma giubilare, tradizione che ancora oggi, tramite la Confraternita del Santo Rosario, rimane viva grazie ad una serie di celebrazioni definite "il "Perdono di Corbetta"".
Chiesa di San Sebastiano
Si possono far risalire le origini della chiesa di San Sebastiano al 1609, quando il Conte Carlo Borri e Giovanni Battista Lampugnano posarono rispettivamente la prima e la seconda pietra dell'oratorio. Notevoli donazioni provengono al capitolo dal testamento del prevosto Orsino Spadense da Urbino deceduto il 28 marzo 1620. Nel 1635 l'edificio è una chiesa sussidiaria e come tale non dispone di alcun prete; rimane in questo stato sino al 1787 quando viene definitivamente profanata. Nel 1880 la chiesetta viene abbellita e ristrutturata negli interni, per poi essere venduta al capitolo della parrocchia nel 1921, inaugurandone un nuovo altare nel 1927. L'esterno, costituito da una struttura estremamente semplice, è preceduto da un piccolo cortile con cancello, mentre la facciata della chiesetta è realizzata con la classica struttura terminante a timpano, sovrastato da una croce in pietra. Uniche decorazioni presenti, oltre alle alte lesene, sono due statue poste in due nicchie nella parte superiore della facciata, rappresentanti San Rocco e San Fermo. L'interno, strutturato su una sola navata che conduce sino al presbiterio, è interamente decorato ad affreschi: sul soffitto della chiesa sono rappresentati quattro scene della vita di San Sebastiano. Sulla controfacciata si trovano due grandi affreschi: il primo, sovrastante la porta d'ingresso, rappresenta San Pietro e sopra di lui, in gloria, spicca l'immagine di San Fermo (ai lati si trovano due targhe commemorative dei restauri subiti in precedenza). Le pareti accolgono anche due cappelle devozionali decorate a finte strutture in gusto barocco, una dedicata alla Madonna e l'altra a San Giuseppe. Il presbiterio è distinto dalla navata da una stupenda balaustra in marmo rosa e da un arco trasversale decorato a vista con piccoli medaglioni rappresentanti san Carlo Borromeo (a sinistra), sant'Attilio (in centro) e sant'Ambrogio (a destra). Più in basso, ai lati di questo arco introduttivo, due nicchie accolgono le statue di san Sebastiano (a sinistra) e sant'Antonio di Padova (a destra). L'area dell'altare è decorata sulla volta a crociera del soffitto con quattro grandi affreschi rappresentanti i quattro evangelisti, mentre le pareti laterali sono completate da due quadroni rappresentanti i momenti culminanti della vita di San Sebastiano, "San Sebastiano si reca dall'Imperatore Diocleziano" e "Il martirio di San Sebastiano", realizzati dal pittore corbettese Natale Penati tra il 1948 ed il 1949. L'altare, di forme sobrie, è integralmente ligneo e dipinto a simulare il marmo.
Chiesa di Sant'Ambrogio
L'oratorio della Beata Vergine di Sant'Ambrogio è parte di un consistente numero di edifici religiosi edificati nel XVII secolo nella Pieve di Corbetta, anche se la sua edificazione viene tradizionalmente fatta risalire all'episodio che vede la sosta di Sant'Ambrogio nel territorio corbettese durante la sua fuga dai milanesi che volevano proclamarlo loro vescovo per acclamazione. L'attuale costruzione fu eretta su un'area già occupata nella seconda metà del Cinquecento da un piccolo e fatiscente edificio religioso, una visita pastorale lo descrive come segue: «[...] non vi era il pavimento, il tetto era rotto, l'altare distrutto e di conseguenza non si celebrava la messa [...]». L'edificio venne completamente ricostruito a partire dal 1667 e venne inaugurato nel 1680 dal prevosto corbettese di allora, Pietro Antonio Vigorè. Nel 1732 i deputati di questo oratorio decisero di erigere il campanile che venne poi distrutto nel 1938 perché pericolante.
Chiesa di San Vincenzo a Cerello
La chiesa di San Vincenzo, posta nella frazione di Cerello, fu edificata ai primi dell'Ottocento quale cappella di famiglia dei nobili Casnati. Solo successivamente viene aperta al culto degli abitanti di Cerello e della confinante Battuello. Nel 1939 la struttura venne ampliata con la costruzione della sacrestia e del campanile. Per sopperire alle esigenze religiose degli abitanti della frazione, nel 1953 nella chiesa venne istituita la vicaria curata e il 15 ottobre 1956 l'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini istituì la parrocchia di Cerello e Battuello. Esternamente si presenta in forme moderne e semplici, con un portico e il campanile che riprende le forme della torre campanaria di Corbetta. Nel 2006 la chiesa è stata completamente ristrutturata; in quella occasione le Poste italiane hanno emesso un annullo su cui è raffigurato San Vincenzo Martire.
Chiesa dei Santi Giuseppe e Alfonso a Castellazzo de' Stampi
Per soddisfare le esigenze di culto della frazione di Castellazzo de' Stampi, che nell'ultima metà del secolo si è espansa notevolmente, tra il 1955 ed il 1957 è stata edificata la chiesetta dei Santi Giuseppe e Alfonso (detta semplicemente di San Giuseppe) grazie alla donazione del terreno necessario da parte del possidente locale, Alfonso Marmonti. La visita del cardinale Pozzobonelli nel XVIII secolo testimonia l'antichità del culto di San Giuseppe nella frazione, che già ospitava un'immagine votiva dedicata al santo nella cascina principale della frazione, detta Curta Granda. Al semplice esterno della chiesa, con struttura a capanna e decorato di una croce marmorea dipinta sul fronte sopra il portale, si accompagna l'interno a navata unica sormontata da una volta a botte: lungo la navata, sulle cui pareti sono dipinti riquadri architettonici e dove sono presenti lesene scanalate di stile corinzio di colore bianco e oro, si trovano le statue di san Giuseppe e della Madonna.. Una balaustra in marmo rosa e un arco a tutto sesto separano il presbiterio sopraelevato, al centro del quale sorge l'altare postconciliare, in marmo nero. Addossato alla parete è invece l'altare preconciliare, sovrastato da un grande quadro d'epoca raffigurante "San Giuseppe che tiene per mano Gesù bambino", di ispirazione murilliana, affiancato da sei ampie monofore a vetrate azzurre che danno luce all'interno della cappella. La cappella è stata completamente restaurata nel 2015 grazie al contributo della popolazione locale e del comitato di frazione.
Oratorio di San Bernardo a Soriano
L'Oratorio di San Bernardo è l'unico edificio di culto presente nella frazione di Soriano (un tempo Cassina Soriana). Di origini molto antiche esso era probabilmente un oratorio campestre quando venne completamente ricostruito nel Seicento sulla base di un progetto che è stato attribuito al Richini. L'edificio, di forma semicircolare nel presbiterio, è dedicato a San Bernardo e si trova lungo la via principale della frazione, Via Fogazzaro. L'esterno, di forme molto semplici, è configurato da una facciata terminante in un timpano decorato da un cornicione che segue il perimetro del tetto. L'interno è decorato con alcuni affreschi di autori sconosciuti, oggi in gran parte danneggiati dall'usura del tempo. Quasi completamente intatto è invece rimasto l'affresco della facciata, inserito in una nicchia barocca protetta oggi da un vetro e raffigurante il Santo patrono dell'oratorio dipinto negli anni ottanta dal prevosto corbettese Edoardo Sacchi.
Cascine
Le prime tracce di esistenza del piccolo borgo risalgono all'età celtica e poi romana, quando il territorio di Castellazzo de' Stampi era utilizzato per il pascolo degli armenti della vicina Corbetta, di cui era un Vicus. Dopo il periodo imperiale, inizia per Castellazzo una nuova era sotto la sapiente guida della nobile famiglia corbettese dei Borri. Grazie a questa casata, infatti, Castellazzo conoscerà in pieno medioevo un vero e proprio boom non solo economico (sviluppò un solido sistema agricolo che riuscì a persistere quasi inalterato per diversi secoli) ma anche militare.
Qui venne infatti eretta una primitiva struttura difensiva corrispondente grossomodo all'attuale Corte Grande (Curta Granda): Bonacossa, figlia di Squarcino di Lanfranco dei Borri, moglie di Matteo I Visconti, signore di Milano, era infatti originaria di queste terre e riservò la stessa Castellazzo come provvigione personale per sé e per i propri eredi, facendo quindi confluire il possedimento tra quelli dei signori e poi duchi di Milano dopo la sua morte.
Nel Quattrocento, l'area viene denotata per la forte presenza di boschi, il che consentì alla vicina Corbetta di usufruire di quantità di legname sufficienti a sviluppare non solo l'industria del legno, ma anche di incrementare la produzione del locale vino bianco.
Nel 1525 il borgo subì le conseguenze della peste "importata" dalle truppe dell'esercito francese, il quale era disceso in Italia con l'ammiraglio Guillaume Gouffier de Bonnivet per scacciare dal Ducato di Milano gli spagnoli insediatisi e con essi il loro beniamino, il duca Francesco II Sforza. In quello stesso anno Massimiliano Stampa, divenuto marchese di Soncino e feudatario di altri borghi del milanese, divenne proprietario anche dell'abitato di Castellazzo, che si trovava non lontano da uno dei suoi possedimenti più rilevanti, il castello di Cusago. Il comune rimarrà legato in maniera diretta alla famiglia Stampa sino al 1558 quando otterrà infine l'emancipazione dal feudo e diverrà un libero comune governato da consoli sino al XVIII secolo.
Il 22 novembre 1577 si ricorda a Castellazzo il passaggio di san Carlo Borromeo durante una sua visita pastorale, nell'intento di recarsi a Corbetta, presenza rafforzata da un'ulteriore visita risalente al 17 giugno 1581. Con il declino del dominio spagnolo, si fece ancora forte il terrore della peste che a Castellazzo ed a Corbetta scoppiò già dal 1629, uccidendo gran parte della popolazione e costringendo molti ad arruolarsi nelle truppe spagnole di istanza nelle Fiandre per sfuggire all'imminente pericolo che andava diffondendosi nel rimanere in città.
Nei registri di censimento del Ducato di Milano, nel 1558 (il cosiddetto "Catasto Carlo V") Castellazzo de' Stampi viene indicato come abitato compreso nella pieve di Corbetta, di natura prevalentemente agricola. Nel 1751 già emerge che il comune contava una popolazione di 45 individui nel territorio, a cui venivano aggiunti gli abitanti della frazione di Cascina Pobbia che le era unita sotto l'aspetto fiscale. Il comune era fisicamente retto da un console comunale, con le funzioni di regolare l'ordine pubblico e la gestione degli affari della comunità, aiutato in questo da un incaricato del Ducato che si preoccupava di registrare le spese annuali e procedere poi alla riscossione delle tasse (era chiamato "ragionatto milanese").
In questo periodo il comune ricadeva sotto la giurisdizione del vicario del governatore generale che si trovava nella regione del Seprio con sede a Gallarate ed ovviamente ricadeva anche sotto la giurisdizione del Podestà di Milano, presso il quale il console, ogni anno, doveva fare giuramento. Nel "Compartimento territoriale specificante le cassine" del 1751, Castellazzo de Stampi era indicato come un comune autonomo ed indipendente, mentre nell'"Indice delle Pievi e Comunità dello Stato di Milano" del 1753 si trovava compreso nei territori amministrati dal comune di Bugo (oggi frazione di Ozzero). Nel 1757, con il Catasto Teresiano del territorio di Milano, Castellazzo de Stampi venne aggregato definitivamente al comune di Cascina Pobbia, a sua volta compreso nel territorio della Pieve di Corbetta (10 giugno 1757). Il comune di Cascina Pobbia venne compreso in quello di Corbetta nel 1880.
l Settecento fu l'epoca di dominio dei grandi proprietari terrieri che a Castellazzo erano costituiti da alcuni tra i più noti nomi dell'aristocrazia milanese come i Borri, gli Archinto (in particolare possidente di rilievo fu Carlo Archinto, conte di Tainate), i Carcano, i Frisiani e gli Stampa. In particolare questi ultimi si garantirono formalmente l'infeudazione del borgo attraverso il pagamento di una somma alla Regia Camera di Milano, com'era in uso all'epoca. L'agglomerato urbano ottenne così il predicato di "de' Stampi" che ancora oggi lo definisce storicamente.
Passato quasi indenne dalle epoche rivoluzionaria e napoleonica, il piccolo borgo di Castellazzo de' Stampi si ritrovò di colpo catapultato nel neonato Regno Lombardo-Veneto (1815) il quale apportò subito innovative riforme anche per le campagne: già dal 1833, nella vicina località di Cascina Pobbia, venne eretta la prima scuola rurale del territorio, diretta dalla parrocchia di Corbetta.
Nel 1855, si segnala che a Castellazzo "...le case sono costruite di muro, coperte di coppi con opportuni legnami. Non si tengono mercati, ne fiere, essendo il borgo generalmente agricolo..." Gran parte delle proprietà terriere, dopo l'estinzione della famiglia Borri nel primo decennio dell'Ottocento, erano state suddivise tra i maggiori proprietari terrieri della borghesia cittadina corbettese, rappresentata in prima linea dai Mussi (Francesco Mussi, filantropo e zio della moglie di Carlo Dossi, il quale ne ereditò in seguito la residenza a Corbetta), i quali vantavano nel territorio castellazzese vasti appezzamenti di terreno. Si ebbero nella medesima epoca i primi acquisti da parte dei contadini locali.
Seguendo le sorti della vicina Corbetta e degli altri paesi limitrofi, anche Castellazzo de' Stampi dovette affrontare i lunghi giorni di incertezze caratterizzati dalla Battaglia di Magenta, tenutasi appunto nella vicina città.
La Corte Grande fu ancora una volta protagonista degli avvenimenti storici della vita di Castellazzo: essa accolse le truppe austriache della brigata "Palffy" (guidate per l'appunto dal conte ungherese Aloys Pállfy de Erdöd), la quale era composta dal 12º reggimento degli ussari "Conte Haller" su quattro squadroni, dal 1º reggimento degli ulani "Conte Civaòrt" su sette squadroni e dalla 9ª batteria a cavallo del 3º reggimento. Tali corpi d'armata non presero mai parte agli scontri di Magenta e coprirono semplicemente la ritirata agli austriaci quando, dopo la vittoria franco-piemontese del 4 giugno di quell'anno furono costretti alla fuga. Essi erano comandati dal Generale Alessandro di Mensdorff. A Castellazzo, verso la sera della battaglia, giunsero i bersaglieri della brigata "Piemonte", del Generale Mollard della 2ª Divisione del Generale Manfredo Fanti.
L'8 giugno 1859 Vittorio Emanuele II e Napoleone III fecero il loro solenne ingresso a Milano, prendendo possesso della Lombardia, strappata dopo oltre un secolo e mezzo al dominio austriaco.
L'ingresso di Castellazzo de' Stampi nel Regno d'Italia, favorì notevolmente lo sviluppo della sua economia: per prima cosa, nel 1886, giunse anche a Castellazzo un tratto del Canale Villoresi, una delle più grandi innovazioni ottocentesche nel campo dell'irrigazione della Lombardia, a cui si aggiunse, tra il 1879 ed il 1880, la costruzione della tranvia interurbana a vapore Milano – Magenta/Castano Primo la quale correva non lontano dalla frazione.
Con l'inizio del nuovo secolo, venne inaugurata la nuova sede del circolo locale, detto appunto Circulìn, che sorgeva originariamente nel complesso della Cascina Nuova e che rappresentava l'unico punto di ritrovo attivo nel piccolo centro agricolo. Attivo era anche il settecentesco forno situato nel centro del cortile della Corte Grande.
Tra gli anni venti e trenta del XX secolo, inoltre, Castellazzo ricevette una nuova spinta all'agricoltura, primaria necessità che si era proposto il partito fascista per le aree rurali, inaugurando la famosa battaglia del grano, a cui si affiancò anche un primo complesso industriale, che a Castellazzo sorse non lontano dalla centralissima Piazza San Carlo: esso consisteva in una palazzina di stile che accoglieva una stazione Enel per lo smistamento dell'energia elettrica e per magazzinaggio , collegata con una linea telefonica privata che correva lungo la statale alla centrale Enel di Magenta. Parallelamente a questo, presero a svilupparsi altre attività commerciali, prevalentemente a conduzione familiare, tra cui spiccava una prima rivendita sale e tabacchi.
Nel 1948, inoltre, il vecchio circolo venne trasferito in una nuova sede, spostandosi nell'attuale Via Fiume dove rimase stabile per quasi mezzo secolo, sino alla sua definitiva chiusura nel 1991; nel periodo di massimo splendore arrivò a contare oltre 80 soci.
Al 1953 corrispose la data di fondazione della Chiesa dei Santi Giuseppe ed Alfonso (poi detta semplicemente di San Giuseppe) che sorse in centro al paese, come luogo di culto della frazione.
Cerello
Le origini di Cerello sono molto antiche, ed assieme ad altre due frazioni del Comune di Corbetta (Castellazzo de' Stampi e Soriano), costituisce uno degli aggregati più significativi dell'archeologia rurale della zona.
Sede di abitazioni già all'epoca dei romani, a quel periodo si possono ricondurre le locali coltivazioni di vino bianco (var. Chiaretto), decantato come eccezionale, e prodotto sino al XIX secolo con successo anche nell'esportazione. Di tale vino si trovò notizia in alcuni ritrovamenti attuati sul territorio da Carlo Alberto Pisani-Dossi.
Il territorio di Cerello era nell'Ottocento un latifondo di proprietà della famiglia Casnati, la quale, oltre al possesso di un proprio palazzo e di un'ampia corte rurale annessa, poste nella piazza del centro abitato, fece erigere in loco la chiesa di San Vincenzo, dapprima come cappella privata e successivamente come luogo aperto anche ai contadini che lavoravano in quelle terre.
Nel 1859, durante la Battaglia di Magenta, a Cerello si accampò la divisione di cavalleria del felmaresciallo luogotenente conte Alessandro di Mensdorff, futuro Primo Ministro e Ministro degli Esteri dell'Impero austro-ungarico, il quale si distinse in paese come modello di militare-gentiluomo, riuscendo a farsi benvolere dalla popolazione locale.
Secondo fonti popolari, nel 1944 il partigiano Pierino Beretta, temendo di essere catturato dai tedeschi, fuggì verso Cerello ma venne bloccato lungo la strada principale che porta alla frazione ed arrestato.
Negli ultimi decenni la popolazione della frazione è cresciuta in modo costante ed esponenziale, fatto da attribuire soprattutto alla costruzione di nuove abitazioni, quasi esclusivamente ville indipendenti o bifamiliari.
Battuello
La storia della frazione di Battuello, è la medesima di quella della vicinissima Cerello con la quale, dalla creazione della parrocchia nel 1953, costituisce idealmente la frazione di Cerello-Battuello. L'abitato si è articolato nei secoli lungo la principale cascina dell'abitato, la settecentesca Cascina Battuello (che dà anche il nome al borgo), attorno alla quale si sono realizzati i primi insediamenti. Anticamente l'area era definita Cassina Battuda e poi Cassina Battovella. L'abitato è si articola su due vie che si incrociano a "T", l'una che collega con la frazione di Cerello e l'altra con Corbetta.
Tra i cittadini illustri di Battuello, si ricorda anche il sergente maggiore Ernesto Parini, medaglia di bronzo al valor militare conferita sul campo durante la Seconda guerra mondiale, al quale è stata dedicata la via principale della frazione.
Soriano
STORIA
Le tradizioni più antiche relative al nome di Corbetta ci consegnano il toponimo Curia picta che potrebbe appunto significare "corte dipinta" o più semplicemente sede di un'antica curtis. Nel medioevo, invece, Corbetta è chiamata Curbitum dallo storico Wippone, Corio-Picta dallo storico Landolfo il Vecchio, altrove invece, ancora in epoca medievale, prevaleva il latinismo Curia-picta (o Curia pincta) Sancti Ambrosii e Castrum Sancti Ambrosii. Un'ipotesi relativamente recente propende a spiegare il nome della città con i due termini celto-liguri di cur (anello) e betda (casa di legno): una fortificazione circondata da un fossato.
Secondo la tradizione popolare, invece, il nome di Corbetta risalirebbe ad un fatto curioso. Quando Sant'Ambrogio fu proclamato vescovo per acclamazione dai milanesi, si spaventò a tal punto per le enormi responsabilità che gli sarebbero spettate che decise di fuggire da Milano, intraprendendo il cammino lungo la strada consolare Vercellina con la sua mula di nome Betta: la mula giunta a Corbetta (nei pressi dell'attuale Chiesa di Sant'Ambrogio) s'impuntò e non volle più proseguire. Il Santo, incalzato dalla folla, cercò di smuoverla esortandola in dialetto "Cur Betta! Cur Betta!", da cui deriverebbe il nome del paese. Raggiunto dalla popolazione che lo acclamava vescovo, Ambrogio dovette cedere e tornò trionfalmente a Milano dove, poco dopo, venne consacrato alla cattedra episcopale.
Corbetta risulta essere un centro abitato sin da epoche molto antiche. I primi ritrovamenti in loco, operati grazie a scavi scientifici condotti dallo scrittore scapigliato ed archeologo Carlo Dossi, attestano il popolamento dell'area al VII-VI secolo a.C. ad opera di tribù celto-liguri, di cui sono state ritrovate delle tombe "alla cappuccina", oltre a umboni e armi d'epoca. Sono stati ritrovati inoltre vasellame (in particolare un gruppo di anfore da vino ritrovate dal Dossi presso la chiesa di Sant'Ambrogio nel quartiere Isola Bellaria), fittili e materiale vitreo sia nei vecchi pozzi del castello locale che in varie tombe ad inumazione sparse nella campagna attorno al paese. Nel IV secolo a.C. vi era un insediamento (pagus) gallo-celtico (Insubri) e, probabilmente dopo le battaglie di Talamone (225 a.C.) e Casteggio (222 a.C.), o comunque attorno al II secolo a.C., una colonia romana con l'evidente scopo di proteggere Milano ed i territori ad est del Ticino dalle razzie dei galli burgundi.
La configurazione delle mura, che circondavano per un terzo il castello, e il corso d'acqua attiguo delineano le caratteristiche difensive di base del campo trincerato romano. A testimonianza dell'impronta romana rimangono resti di are votive dedicate a Giove, agli dei Mani ed alle sacre matrone (già venerate dai Celti), divinità tutelari della famiglia (reperti inglobati nelle fiancate esterne della chiesa prepositurale di San Vittore Martire), e svariate monete con l'effigie di Giulio Cesare, Claudio e Traiano.
La vicinanza di Milano, divenuta poi sede imperiale, e l'ubicazione su vie romane (come la vetustissima strada, battuta già da Celti ed Etruschi, che da Corbetta porta a Castellazzo de' Stampi e di lì al capoluogo lombardo) non potevano certo non favorire lo sviluppo civile di Curia Picta, nella quale risiedeva forse anche un pubblico magistrato di curia. Da Corbetta, epoca romana, passava la via delle Gallie, strada romana consolare fatta costruire da Augusto per collegare la Pianura Padana con la Gallia.
A seguito della caduta dell'Impero romano d'Occidente e l'assedio di Milano nel 539 d.C., la città si popolò maggiormente, accogliendo gli esuli provenienti dal capoluogo.
È di questo periodo la diffusione nell'Italia Settentrionale del Cristianesimo che raggiunge anche Corbetta, com'è dimostrato dal ritrovamento nel 1971 della basilica paleocristiana sotto il pavimento della chiesa di San Vittore.
Nel 569 d.C. l'arrivo dei Longobardi fu segnato da una migliore legislazione e dalla comparsa delle prime testimonianze che citano espressamente la presenza del borgo.
Nel IX secolo la borgata ed il castello di Corbetta passarono sotto la signoria dell'arcivescovo di Milano. Nel 1037 iniziano le ostilità tra l'arcivescovo Ariberto da Intimiano e l'imperatore Corrado II il Salico che, vedendo inutile porre l'assedio a Milano per la moltitudine dei difensori, il 28 maggio si dirige verso Corbetta e ne occupa il castello con le proprie truppe. Diverse fonti raccontano che l'improvviso scoppiare di fulmini a ciel sereno gettò nello scompiglio l'esercito di Corrado, mentre all'esterno dell'area tali fenomeni non si manifestarono. Secondo la cronaca di Landolfo il Vecchio, sant'Ambrogio apparve all'imperatore in atto di minaccia.
Corbetta rimane nel tempo fedele ai milanesi contro gli imperatori e nel 1100 la borgata assume nuova importanza come luogo principale della Burgaria, uno dei quattro contadi del milanese, la quale si dice divisa in due parti con capoluogo rispettivamente Rosate e Corbetta.
Nel 1154, l'imperatore Federico Barbarossa mise a ferro e fuoco la borgata durante il conflitto con la coalizione dei comuni lombardi.
In un documento del 1162 - actum in loco Corbetta, Frederico imperatore regnante - col quale un tale Passavino detto Burro professava di vivere secondo la legge, Curia Picta viene per la prima volta ufficialmente indicata con il nome di Corbetta, anche se in una bolla del medesimo anno, con la quale papa Alessandro III conferma all'arcivescovo Umberto I da Pirovano ed alla sua chiesa tutti i diritti e possessi, non si fa menzione del luogo e del castello, che si suppone fossero già stati perduti a favore dell'Impero.
I Corbettesi combattono nelle file dell'esercito milanese nel 1239 contro Federico II che, sconfitto a Rosate, si riversa nuovamente con le sue truppe su Corbetta, oltrepassando poi il Po e raggiungendo in seguito la Toscana.
Seguendo le sorti di Milano, Corbetta nel 1270 passò sotto la dominazione viscontea, che fu un ritorno quasi alla signoria arcivescovile, perché Ottone Visconti eletto arcivescovo nel 1262, con la battaglia di Desio nel 1277, diventò effettivamente arbitro di Milano, sebbene fossero mantenute le prerogative comunali.
Scarsino (o Scarsio o Squarcino) di Lanfranco dei Borri, capitano generale dei nobili esuli milanesi, per i servigi resi ad Ottone e a Matteo I Visconti (appoggiò infatti i Visconti contro i Torriani), ottiene nel 1275 a ricompensa molti feudi nel borgo di Corbetta, così che i Borri, originari di Santo Stefano Ticino, ne diventano i principali proprietari. Nel luglio 1289 a Corbetta convengono i rappresentanti della Repubblica Milanese e il Marchese Guglielmo VII del Monferrato al fine di concludere un'alleanza in funzione anti-viscontea. Nel 1292, ripreso il potere a Milano, Matteo Visconti, trovandosi il figlio alla corte di Carlo II di Napoli, facendosi precedere dal Podestà di Milano a Bernate Ticino, raccolse a Corbetta il grosso dell'esercito per poi dirigersi a Novara al fine di conquistarla. Con il successo dell'impresa il figlio del Visconti, Galeazzo, venne costituito dal padre podestà o vicario a Novara. Qui nel 1299 si ordì la congiura dei sostenitori del Monferrato che conquistano la città: Galeazzo Visconti ha appena il tempo di fuggire e di rifugiarsi presso il castello di Corbetta.
Sul finire del secolo XIII si distinse il pittore Simone da Corbetta, esponente della scuola lombarda: ci rimangono alcuni affreschi da lui eseguiti nella chiesa e nel chiostro di Santa Maria dei Servi a Milano ed ora conservati nella prima sala della Pinacoteca di Brera. Sempre sul finire del medesimo secolo, Goffredo da Bussero, autore del Liber notitiae sanctorum Mediolani, fornisce dei dati interessanti sulla pieve istituita localmente: essa dispone di 68 chiese e 86 altari ed è la seconda più grande dell'intera arcidiocesi di Milano; Corbetta ne è il capoluogo e chiesa battesimale.
Con la salita al potere di Francesco Sforza, Corbetta cambiò nuovamente signoria ritrovandosi ora sottoposta al governo degli Sforza di Milano. Nel 1475, Gregorio de Zavattari dipinge una Madonna con Bambino sulla facciata dell'allora chiesa di San Nicolao a Corbetta, la quale meno di un secolo dopo diverrà famosa per i miracoli ad essa associati.
Nel 1499 le truppe francesi di Luigi XII invasero il territorio milanese ed il territorio di Corbetta, trovando debole difesa nei mercenari svizzeri assoldati da Ludovico il Moro per la difesa del ducato. Per questo lo Sforza si rifugiò dapprima in Germania da dove, nel febbraio 1500, con l'aiuto degli imperiali, riuscì a riprendere il governo del ducato per due mesi: quando i Francesi sconfissero le truppe milanesi a Novara lo imprigionarono in Francia dove morì. Luigi XII tornò padrone di Milano ma per breve tempo.
Nel 1513 il comandante delle truppe svizzere Matteo Schiner, vescovo di Sion e cardinale, assoldato da Massimiliano Sforza, primo figlio di Ludovico il Moro, riconquistò il ducato e lo cedette agli Sforzeschi. nel 1515, Francesco I di Francia riprendeva Milano, passando il governo da Carlo III di Borbone-Montpensier a Odet de Foix, conte di Lautrec. Per l'ultima volta Milano viene restituita per opera di Carlo V e di papa Leone X a un altro figlio del Moro, Francesco II, alla morte del quale, il 19 novembre 1535, i territori del ducato milanese passarono definitivamente sotto il dominio imperiale.
Gli Aliprandi, antica famiglia patrizia originaria di Milano, furono tra le famiglie aristocratiche di maggior peso a Corbetta tra il Cinquecento e il Settecento assieme alle famiglie Borri e Frisiani.. Queste famiglie ebbero tutte un ruolo attivo nella gestione amministrativa del santuario locale di cui patrocinarono la costruzione e l'arricchimento degli interni con pregevoli opere d'arte.
Il 4 gennaio 1363 Magenta e Corbetta vennero conquistate da una compagnia di Inglesi al soldo del Marchese del Monferrato ma solo al fine di compiere delle razzie: per questo motivo, Gian Galeazzo Visconti, Conte di Virtù, è mandato dal padre Galeazzo II nel 1376 contro l'esercito del Monferrato in una campagna che costringe il Visconti a ritirarsi a Corbetta dove viene assediato. Gian Galeazzo, divenuto primo Duca di Milano nel 1385 tolse il paese dalla giurisdizione della Burgaria, ponendolo sotto quella del Podestà di Milano assieme a Cisliano, Sedriano, Bareggio, Bestazzo, San Pietro di Bestazzo e San Vito.
L'edificio politico costruito da Gian Galeazzo minacciò di crollare invece sotto il rovinoso governo del figlio Giovanni Maria che finì ucciso da congiurati sulla soglia della chiesa di San Gottardo a Milano, il 16 maggio 1412; egli aveva assoldato nel 1407 alcuni avventurieri spagnoli per la difesa del Ticino e li aveva stanziati nel castello di Corbetta. Nel XIV secolo di quattro contadi se ne erano formati due: Seprio-Burgaria e Martesana-Barzana, divenendo poi (sotto il governo di Carlo V d'Asburgo) semplicemente Seprio e Martesana.
Carlo V annetté il milanese ai domini spagnoli inaugurando uno dei periodi più nefasti della città di Milano. Di questo periodo sono Carlo e Federico Borromeo. Al 17 aprile 1555 risale l'evento del primo miracolo di Corbetta, i cui risvolti sociali e religiosi mutarono pesantemente l'assetto del paese. Dell'evento si occupò da subito l'arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Borromeo, il quale fece ottenere a Corbetta nel 1562 la "Bolla del Perdono" per la concessione annuale della remissione dei peccati in fora di giubileo, grazie alla sua personale influenza sullo zio Pio IV, pontefice regnante. Il 22 novembre 1577 lo stesso cardinale Borromeo, in occasione di una sua visita pastorale, consacrò solennemente la nuova campana maggiore della chiesa ed amministrò la cresima sul sagrato; riproporrà una sua visita a Corbetta l'anno successivo, nel viaggio di pellegrinaggio verso Torino per visitare la Sacra Sindone. Nel 1581, il 17 giugno, si ricorda un'altra visita del cardinale. Nel 1582 la popolazione corbettese si rivoltò al dominio degli Spagnoli assalendoli nei loro quartieri e saccheggiando anche la chiesa che fu riconsacrata il 29 luglio dello stesso anno.
Dopo la peste del 1630 che colpì Milan e la campagna circostante, tra cui Corbetta, nel 1631 le milizie tedesche, di ritorno dall'assedio di Mantova, saccheggiarono il paese e nel 1650 il castello, già in parte rovinato dagli assalti sostenuti, venne quasi interamente smantellato (rimase in piedi solo la torre attualmente visibile) e i pochi resti rimasti vennero adibiti ad abitazione privata. Il materiale di recupero del demolito castello venne utilizzato per costruire alcune delle ville gentilizie ad esso ancora oggi adiacenti. A questo periodo risale la costruzione di alcuni edifici storici dell'attuale corso Garibaldi, definiti "Quartiere Spagnolo" o "degli Umiliati" in quanto risultavano di proprietà della compagnia dei frati Umiliati di Brera.
A partire dal 1706, in seguito alla crisi del Regno di Spagna avvenne l'occupazione di tutto il territorio milanese ad opera di Eugenio di Savoia, che passò il dominio agli austriaci, formalizzando la Pace di Rastatt del 1714.
Il primo periodo della dominazione austriaca sotto Giuseppe I (1711) e Carlo VI non fu molto più felice del precedente e nemmeno più pacifico. Per le mire espansionistiche di Filippo V di Spagna e dell'alleato Carlo Emanuele III di Savoia, il ducato di Milano venne occupato nuovamente dagli spagnoli ma, con la pace di Vienna (1736), lo stato milanese tornava all'Austria di Maria Teresa d'Asburgo. È questo inoltre il periodo in cui il territorio viene per la prima volta ufficialmente mappato nell'opera del Catasto Teresiano.
In questo periodo Corbetta si abbellisce delle sue più sontuose ville gentilizie e ritrova il perduto splendore grazie alla mano di abili architetti del calibro di Francesco Maria Richini e Francesco Croce che attuano importanti ammodernamenti sulle strutture già esistenti, creando anche nuove residenze per gli aristocratici milanesi, ville e palazzi che oggi costituiscono per il paese una perla nel circolo delle Ville di Delizia del Naviglio Grande Sul fronte religioso, ad ogni modo, la pieve di Corbetta perde sempre più la propria secolare importanza, vedendosi stralciata nel 1743 la parrocchia di Magenta che ha acquisito negli anni maggiore preminenza rispetto alla prepositurale corbettese. nel 1786 il comune di Corbetta fu inserito nella provincia di Pavia e poi, dal 1797, nel dipartimento del Ticino.
Il 15 maggio 1796, però, il generale Napoleone Bonaparte entrò a Milano, vincitore degli austriaci, succedendosi alla guida della prima e poi della seconda Repubblica Cisalpina, della Repubblica Italiana e infine del Regno napoleonico d'Italia con il quale Milano conobbe un nuovo periodo di preminenza politica e civile. A Corbetta venne in quegli stessi anni soppresso il capitolo plebano, mantenendone unicamente l'entità parrocchiale ancora oggi esistente. L'antica pieve venne sostituita dal governo francese con il Distretto di Corbetta (n.3) del nuovo Dipartimento del Ticino che, creato nel 1797, venne abolito appena un anno dopo a causa dei nuovi rivolgimenti politici ed a favore di entità governative territoriali più estese.
Nel 1866, con la nascita della Guardia Nazionale, anche Corbetta ebbe un suo distaccamento con sede nel castello: era composto di centocinquanta uomini divisi in quattro squadre.
Tra il 1885 ed il 1889 in diversi paesi del milanese si registrarono numerosissimi scioperi agrari. I contadini, ridotti alla fame dai "pendizzi" (debiti ma anche vergognose "appendici" nei contratti d'affitto) e da paghe miserevoli, oltre che esasperati a causa di annate sfortunate ed improvvise morie di "cavaler" (bachi da seta), spesso l'unica fonte di sostentamento per le famiglie degli "obbligàa" (salariati), scesero in piazza contro i padroni. In particolare nel 1889, dopo Casorezzo, si mossero i braccianti di Ossona, Arluno, Santo Stefano Ticino, Vittuone, Sedriano, Bareggio ecc. Domenica 19 maggio, davanti al Municipio di Corbetta (allora sito in Via Cavour e corrispondente all'attuale numero civico 5), una trentina tra Regi Carabinieri e agenti di pubblica sicurezza sparò sulla folla uccidendo il diciottenne Enrico Lovati, ferendo in maniera grave almeno sette persone ed arrestando ventuno manifestanti.
Nel 1891 venne inaugurata la nuova chiesa, ma il rovinoso crollo del campanile (2 giugno 1902), dovuto all'altezza di 81 metri e al peso delle nove campane, ne ritardò il completamento sino al 1908.
Durante la Grande Guerra Corbetta ebbe 193 caduti, commemorati nel 1922 da un monumento presso la piazza principale del paese, realizzato da Vincenzo Gemito ed inaugurato da mons. Luigi Maria Olivares, vescovo di Sutri e Nepi e originario di Corbetta.
Nel 1921 il comune ha 7.689 abitanti e in quel periodo la struttura urbanistica del paese subisce radicali cambiamenti. La forza lavoro è principalmente occupata nelle industrie sparse sul territorio ma una buona parte di lavoratori rimane comunque dedita all'agricoltura.
Ad Abbiategrasso nell'agosto del 1944 furono arrestati, per ordine del capitano tedesco Theodor Saevecke, responsabile della Strage di Piazzale Loreto a Milano, otto civili tra cui il partigiano corbettese Pierino Beretta, poi torturato e trucidato presso Torriano di Pavia perché ritenuto responsabile assieme ai compagni di due attacchi a truppe tedesche. A questo tragico fatto fece seguito l'esecuzione di quattro ex rappresentanti del fascio locale presso il Naviglio Grande.
Il 5 febbraio 1988 a Corbetta viene conferito il titolo di città dal presidente della repubblica italiana Francesco Cossiga. Oggi Corbetta si sta consolidando sempre più come polo culturale e naturalistico, e per rendere ancora più realistiche queste prerogative nel 2007 ha preso il via il progetto "ecosostenibilità", che si propone lo scopo di rendere il comune ecosostenibile a basso impatto ambientale.
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