VALERA FRATTA (Lo)

Insediamenti umani furono nella zona oggi conosciuta come Valera fin dall'antichità e sicuramente in epoca romana, dove si trovava una grande villa rustica, una fattoria, a cui era annessa sicuramente una necropoli. La prima attestazione del nome di Valera in un documento ufficiale, tuttavia, risale al 1209: “Case et res territorie in locis et fundis vico Vigonzoni, Lambro et Valaria” (case e cose del territorio nei luoghi e fondi dei paesi di Vigonzone, Castel Lambro e Valera Fratta). In tutta questa fase medievale, ma in pratica in tutta la sua storia, Valera appartiene al circondario del Lodigiano, seguendone spesso le vicende storiche. Così, nell'alto Medioevo si costituisce un principio di abitato attorno alla chiesa di San Zenone, che aveva alle spalle il cimitero.

Il cambio di passo per Valera arriva però negli anni ottanta del secolo XII. I monaci cistercensi di Chiaravalle acquistano tra il 1170 circa e il 1200 una serie di terreni in parte a pascolo e in parte boschivi nella zona a sud di qualche centinaio di metri rispetto all'insediamento esistente. Qui, in corrispondenza delle attuali cascine Castello e Casone, fondano una propria grangia, una cascina ampia e dotata di diversi servizi, gestita direttamente dai monaci con l'aiuto di alcune persone non ecclesiastici. Nasce quindi la distinzione tra Valera Nova o Fratta, con cui si identifica la grangia e le abitazioni attorno, e il più antico insediamento di Valera Zucca o Vetula, vecchia. L'unificazione delle due Valere avviene dal punto di vista ecclesiastico a partire dalla metà del Cinquecento, quando fu riconosciuta per tutti gli abitanti l'appartenenza alla parrocchia di San Zenone. Ancora con i censimenti austriaci della prima metà del Settecento, però, si considerava Valera Fratta, dove vivevano 440 anime, e la frazione di Valera Zucca, 215 anime. L'unità d'Italia nel 1861 portò poi i cambiamenti amministrativi che, sviluppandosi secondo le vicende comuni a tutta la storia moderna d'Italia, unificazione, prima guerra mondiale, fascismo e seconda guerra mondiale, condusse poi alla Valera Fratta del dopoguerra.

Nel dopoguerra Valera ha vissuto tutte le fasi di ristrutturazione della società italiana, dal boom alla crisi energetica, dallo svuotamento delle campagne, al tempo della Milano da bere, dal grande boom di Internet alla crisi di questi ultimi anni. Nel 1951 gli abitanti registrati al censimento furono 859, ma dieci anni dopo erano già 716, poi solo 687 nel culmine dell'industrializzazione nel 1971. La campagna aveva segnato il passo fino ad allora, ma nel decennio successivo se lo stava già riprendendo con una nuova volontà di espansione urbanistica che portò a 801 abitanti nel 1981, 931 dieci anni dopo e 1208 nel 2001. Negli ultimissimi anni gli abitanti di Valera sono stabili attorno ai 1600. Gli anni dell'ultimo mandato amministrativo sono stati segnati da alcuni importanti interventi. Tra tutti, quelli che cambieranno per sempre il volto di Valera sono la copertura della Roggia Grande Bolognina su via Milano e la realizzazione della nuova tangenziale, una variante alla ex strada statale 412 della Val Tidone che taglia fuori il centro abitato. Inoltre sono state poste le basi per il miglioramento dell'offerta formativa: i due plessi scolastici attigui della scuola materna e dell'elementare sono stati ampliati con nuove e più grandi aule e quindi unificati attraverso un corpo edificato che funziona come mensa a servizio di entrambi. Il municipio infine cambia aspetto con un intervento di sistemazione atteso da anni che migliora gli uffici comunali e l'accoglienza per i cittadini, nuove sala giunta e sala consiglio.

Roggia Grande Bolognina

La Roggia Grande Bolognina (in alcuni documenti ufficiali riportata come Roggia Grande Bolognini) è un canale artificiale della Lombardia meridionale. Deve il proprio nome a Matteo Bolognini Sforza Attendolo, che ne ordinò lo scavo a metà del XV secolo.

Nel suo percorso dà origine a numerosi rami irrigui, rappresentando la più importante fonte d’acqua del reticolo idrografico minore dei territori comunali attraversati. Questo avviene in virtù della maggiore altitudine rispetto al vicino Lambro Meridionale, che scorre in una valletta posta ad una quota inferiore rispetto ai terreni coltivabili.

La portata è fortemente variabile nel corso dell'anno a seconda delle precipitazioni e dell'entità dei prelievi per necessità agricola. All'incile corrisponde a regime ad almeno 4 m3/s e decresce procedendo verso la foce, drenata dai rami irrigui.

COLTURANO (Mi)

 

Colturano è una località agricola di antica origine.

In età napoleonica (1809-16) Colturano fu frazione di Mediglia, recuperando l'autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Il toponimo, attestato dal secolo XIII, potrebbe essersi originato dal latino CULTURA, nel senso di 'coltivazione' oppure 'luogo a coltura'. Sebbene non si abbiano molte notizie sulla storia di questo borgo, è certo che le sue origini risalgono indietro nel tempo: il nucleo più antico è situato nella località di Balbiano, il cui toponimo probabilmente va riportato alla GENS BALBA, cui appartenne la famiglia patrizia romana che ne fu proprietaria. Nel corso del Medioevo nel monastero costruito agli inizi del XIV secolo si insediarono i cistercensi; abbandonato dai monaci, l'antico edificio entrò a far parte dei possedimenti dei Visconti (che si servivano di questo territorio come loro riserva di caccia) passando successivamente alla famiglia dei Trivulzio, i quali ne cedettero una parte ai Gallarati Scotti. Ancora oggi la proprietà è divisa, in quanto il Pio Albergo è divenuto proprietario della parte che fu dei Trivulzio, mentre quella dei Gallarati Scotti è stata ceduta ad altri.  e la parrocchiale di Colturano, dedicata a Sant'Antonino. Negli ultimi tempi ha fatto registrare un grande cambiamento, legato in particolare ad un consistente incremento demografico, con l'insediamento nella zona di famiglie provenienti da Milano e dai paesi limitrofi.

FRAZIONI

Balbiano

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Monastero di Culturano

A Colturano infatti esiste ancora il Convento-Monastero, consistente in un fabbricato massiccio, con celle monacali, refettorio e sala capitolare, tutto in perfetto stile monastico, con belle pitture (abbastanza sgualcite) e tondini ornamentali nella fascia superiore del fabbricato. Il tutto ora è di proprietà privata (nei secoli è passato da un proprietario all’altro).

In essa sono evidentissimi i resti di un grande e bellissimo convento, con celle monacali, refettorio, sala del Capitolo: il tutto in stile monastico.

Edificio inglobato in un cascinale ottocentesco. Le strutture conventuali formano su tre lati una corte rustica cui si accede attraverso un androne. Il piano terra è caratterizzato da un portico ad arcate a sesto acuto, quello superiore da una loggia scandita da pilastri in mattono, ora murata. La muratura perimetrale portante è in mattoni pieni; la struttura portante della copertura in legno.

Chiesa di San Giacomo Maggiore 

Tra gli edifici di maggior rilievo storico e artistico, oltre al monastero, degne di nota sono la chiesa di Balbiano, intitolata a San Giacomo Maggiore.

In archivio parrocchiale esiste un biglietto curioso, sul quale si legge: «Nell’anno del Signore 1954, il giorno 20 del mese di luglio, alla presenza di me, parroco di Colturano, sacerdote Carlo Strada, del signor Rho Francesco, fabbricere della chiesa, ad opera dei giovani Angelo Caserini e Luigi Radaelli, fu levata la pietra sepolcrale antistante la balaustra dell’altare Maggiore che porta la seguente iscrizione latina: ‘Hic giacent ossa et cineres defunctorum ante praescriptionem sepeliendi extra pagi muros. Requiem hoc pavimentum renovatum ac in melius reductum fuuit ex impensis unÌversae comunitatis Colturani.

Anno salutis MCMXXIII” (qui, giacciono le ossa e ceneri, dei defunti prima della disposizione di seppellire fuori dalle mura del paese. Requiem. Questo pavimento fu rinnovato e migliorato coi contributi di tutta la comunità di Colturano. Anno 1923). Perforata la volta di cemento e mattoni, fu trovata una camera rettangolare dici circa 2,8 metri per 1,5 metri e di 1,5 metri circa di altezza, chiusa all’inizio da un muro grezzo di mattoni.

Nella parte, superiore, antistante la pietra sepolcrale, esiste una botola quadrata. Su ,tutta la superficie della Camera si rinvenne un grande mucchio di ceneri e di ossa, ma specialmente in corrispondenza della botola soprastante. Non fu trovata traccia di galleria o sottopassaggio che, come vuole la tradizione popolare, attraversava la chiesa nella sua lunghezza e andava all’ex Convento degli Umiliati poi proprietà della casata Gallarati-Scotti, ed ora, in parte del signor Ernesto Rossi e in parte della dott.sa Maddinelli.

Anticamente le chiese ed i conventi erano,in particolari circostanze, luoghi di sicuro rifugio, nei quali nessuno osava entrare per fare violenza o arrestare qualcuno. Che esistesse una botola nel pavimento della chiesa poteva facilmente far pensare che dalla chiesa stessa si potesse poi raggiungere l’aperta campagna, magari di notte, e poi svanire nel nulla, imprendibili anche per la più attenta sorveglianza.In realtà la botola attualmente esistente nel pavimento della chiesa di Colturano è servita per collocarvi i resti dei defunti rinvenuti nel vecchio cimitero fra la chiesa e la strada Cerca, in direzione di Melegnano, e i resti che fino al 1934 erano collocati nell’attuale cappella della Madonna, sulla piazza della chiesa, adibita anticamente ad ossario.

VILLA AIRAGHI a San Giuliano Milanese (Mi)

Villa Airaghi è una nobile villa settecentesca circondata da un rigoglioso parco secolare, situata alle porte di Milano a breve distanza dal polo fieristico Rho-Fiera Milano.

La villa, sita a Vighignolo, contraddistinta dalla caratteristica pianta con lo schema ad U, ha origini settecentesche. La struttura è posta in fondo ad un viale alberato prospettico che conferisce al complesso un aspetto interessante a livello stilistico. La facciata verso il giardino, semplice e lineare, è ingentilita da una copertura in ferro battuto stilisticamente lavorata che sovrasta la porta d'ingresso.

La Sala degli Affreschi è collegata alla Sala degli Specchi da un’ampia apertura, si distingue per alcuni affreschi ben conservati, posti sulla parte superiore delle pareti. 

 Dalla sala si accede all’area di servizio e alla Sala degli Specchi.

La Sala degli Specchi è un’elegante sala padronale di gusto neo classico, impreziosita da specchi, specchiere e pavimento in legno. Da questa sala si accede al Parco, al Salone Principale e alla Sala degli affreschi.

La Sala del Camino, è caratterizzata dall’antico camino. Adatta anche per buffet, aperitivi, musica anche dal vivo e ballo. Da questa sala si accede all’ area di servizio e al Salone Principale.

L’ampio salone principale, un tempo salone delle feste, è stato recentemente restaurato e conserva la struttura di un antico camino in pietra ed il pavimento a mosaico. Le grandi finestre si affacciano da un lato, sul romantico parco all’inglese al quale si può accedere direttamente dall’ingresso con scalinata, e sul cortile dove si eleva la facciata di un’antica chiesetta.Dal salone si accede direttamente alla Sala degli Specchi e alla Sala del Camino.

Sapientemente restaurata, l’antica cantina della villa si estende sotto le sale in un unico ambiente.

Questo suggestivo scenario è ideale per cocktail ed aperitivi di benvenuto; antipasti a buffet con isole a tema e “wine test” dei vini in abbinamento; taglio della torta nuziale con degustazione liquori, buffet dei dolci e dopocena danzante con musica dal vivo….

Alla cantina si accede dal parco e dalla Sala del Camino, mediante una scala coperta.

La villa è affittabile per eventi

Responsabile +39 3770974002

email: info@villaairaghi.it

PALAZZO D'ADDA a San Giuliano Milanese (Mi)

Il Palazzo d'Adda si trova a San Giuliano Milanese.

 Alla fine del XV secolo i gentiluomini milanesi scoprirono i piaceri della villa. Per chi poteva permetterselo, possedere un palazzo fuori dalla città dove trascorrere la villeggiatura era un sogno e uno status symbol: significava poter sfuggire alle noie e alle scomodità della vita urbana e nello stesso tempo consentiva di mostrare che, tutto sommato, si possedeva qualche cosa sotto il sole. Proprio a quel torno di tempo risale il palazzo d’Adda di Settimo Milanese, edificio invero piuttosto misterioso quanto alla sua storia più antica.

  É forse soltanto un’ipotesi che il luogo della “casa” più prestigiosa di Settimo fosse anticamente occupato da quel castrum che le pergamene citano anche per il nostro paese; la “casa da nobile” comunque, dotata di grande giardino e di rustici annessi, ha un aspetto tardo cinquecentesco, dovuto probabilmente a Costanzo d’Adda, primo conte di Sale (morto nel 1575), e a suo figlio Francesco, morto a Settimo nel 1644. E’ da attribuire proprio a Francesco d’Adda il periodo di massimo splendore del palazzo. Il conte preferiva infatti abitare tutto l’anno nel nostro paese: nella villa, in cui aveva allestito una prestigiosa collezione, egli teneva corte circondato da poeti e musici, mentre con successive acquisizioni il patrimonio settimese della famiglia giunse a toccare le 4000 pertiche, rendendola così la maggior proprietaria del paese. Durante gli anni di Francesco capitò peraltro che nel salone grande del palazzo si tenessero, nella stagione invernale, le assemblee della comunità, che abitualmente si svolgevano nella piazza della chiesa: un’anticipazione di un uso “comunale” della residenza che, come vedremo, ha origini molto più recenti.

  Dopo la morte di Francesco il casato subì qualche contraccolpo della crisi economica generale di metà Seicento. Non mancarono però lavori di miglioria anche di un certo peso: con Costanzo III, all’inizio del XVIII secolo, venne allestita fuori dal fabbricato, in un punto non precisato, una cappella, poi trasferita all’interno della residenza. I figli di Costanzo,Francesco III e Ferdinando (l’abate fondatore della Causa Pia) pare soggiornassero di rado a Settimo. Rimasto unico erede della famiglia dagli anni 1770, l’abate Ferdinando trascorse il resto dei suoi giorni (morì nel 1808) alla Montagnola di Arcore, più rispondente ai suoi gusti da eremita e dotata di maggiori comfort.

  Con la fine dei fasti aristocratici comincia paradossalmente l’epoca nella quale, tutto sommato, siamo più informati sulle vicende del palazzo. Se i grandi saloni del corpo centrale rimanevano con tutta probabilità semplicemente disabitati, l’ala nord e l’ala sud videro la presenza, già nel Seicento, del fattore del tenimento di Settimo e di altri inquilini, rurali ma soprattutto, come si diceva una volta, civili: già all’inizio dell’Ottocento infatti, oltre all’agente del proprietario, vi trovavano alloggio il medico condotto del paese, un maestro che in una stanza faceva scuola, e il coadiutore della parrocchia, cui la Causa Pia d’Adda forniva gratis l’abitazione.

  Con la fine del Settecento il palazzo vide istallarsi una figura nuova nella società agricola lombarda, destinata ad un ruolo da protagonista fino a Novecento inoltrato: quella del fittabile, che per nove o dodici anni rinnovabili prendeva in locazione tutto il podere della Causa Pia, provvedendo poi alla coltivazione e all’allevamento mediante subaffittuari o salariati.

Dal 1852 al 1919 la famiglia milanese dei Bianchi ebbe ininterrottamente l’affitto del tenimento d’Adda di Settimo. Antonio Bianchi, morto nel 1864, fu anche il primo sindaco “italiano” del paese; suo figlio rag. Emilio, morto nel 1890, fu pure sindaco dopo un intermezzo in cui lo era stato suo zio, l’ing. Giuseppe Bianchi. A sua volta l’ing. Guido Bianchi (1864 – 1954) fu sindaco dal 1908 al 1919. I fittabili abitavano l’ala settentrionale del palazzo, quella con il portico a tre arcate, più recente e comoda; siccome dal punto di vista della storia agricola il grande affitto è collegato alla crescita della bachicoltura, non ci stupisce scoprire come per buona parte del XIX e nei primi decenni del XX secolo i locali oggi occupati dall’amministrazione comunale fossero adibiti nientemeno che a enorme bigattiera, all’occorrenza trasformabile (come ad esempio nel 1831) in ospedale e lazzaretto per colerosi. Nel primo dopoguerra tuttavia Guido Bianchi venne costretto a rescindere il pluridecennale contratto che legava la sua famiglia alla Causa Pia d’Adda e dunque al palazzo. Il motivo è da ricercare nei rivolgimenti sociali e politici di quei turbolenti mesi, quando l’agguerrito partito socialista settimese, che già nel 1911 aveva costituito la Cooperativa di Cascine Olona, iniziò una serie di agitazioni volte ad ottenere miglioramenti per i dipendenti Bianchi. Nel maggio 1919 venne costituita una Cooperativa agricola, presieduta da Emilio Oldani, che attraverso scioperi e pressioni si propose alla Causa Pia come sostituta dell’ing. Bianchi nell’affitto del tenimento di Settimo, cosa che ottenne dal San Martino di quell’anno. In parallelo Oldani diveniva il primo sindaco rosso del paese, dopo sessant’anni e più di incontrastato “governo dei fittabili”. Per quanto riguarda il palazzo, in realtà, non cambiò nulla:Bianchi conservò fino alla morte l’uso dell’ala nord e del giardino, mentre nei saloni centrali i bigatti della Cooperativa sostituirono quelli dell’ingegnere.

 Da questi eventi discese direttamente l’attuale sistemazione di gran parte dell’edificio a sede comunale. Almeno dalla metà dell’Ottocento gli uffici municipali ebbero sede nella casa che, oggi ricostruita, sorge alla sinistra della chiesa di Santa Margherita. In quei locali si trovavano anche le aule per la scuola elementare del capoluogo, mentre col tempo anche le frazioni vennero dotate di aula scolastica. Tale situazione perdurò anche nel triennio della giunta Oldani, durante la quale il problema di trovare una sede più ampia e adatta per scuole e municipio si era fatto sempre più urgente. Fu Gaetano Barni, primo sindaco fascista del paese, a trovare la soluzione nell’estate del 1923: complici, naturalmente, i tempi nuovi, la cooperativa “venne persuasa” a sgombrare i locali al pianterreno del palazzo, che divennero così sede municipale. Il primo consiglio comunale vi si tenne il 15 novembre di quell’anno; oltre agli uffici e alla scuola, si istallò nel palazzo anche il locale direttorio fascista. Nel 1929 il commissario prefettizio Vittorio Goglio ottenne in affitto dalla Causa Pia anche il piano superiore, lasciato libero ancora una volta dalla cooperativa. Contemporaneamente l’ente proprietario promosse i primi restauri alle pitture cinque – seicentesche, in considerazione del fatto che già nel 1913 l’edificio era stato proclamato monumento nazionale.

  La doppia funzione di municipio e scuola rimase peculiare del palazzo fino agli anni Sessanta. Anzi, fu proprio la presenza della scuola a determinare un importante cambiamento architettonico nel Pasqué, la piazza antistante il cortile d’onore: poiché la sosta degli autobus che trasportavano gli alunni era fortemente ostacolata dall’antica transenna in pietra che la delimitava, questa venne abbattuta nel 1968, mentre resistettero ancora qualche anno i gelsi che, memori del tempo che fu, ombreggiavano l’areae il monumento ai caduti che dal 1925 le stava al centro. (m. m.)

Durante le giornate del FAI d'autunno è possibile visitare il Palazzo.

LA RAMPINA Ristorante a San Giuliano Milanese (Mi)

La Rampina è ben più di un ristorante storico, con radici cinquecentesche, accoccolato nella campagna a pochi chilometri da Milano, e più precisamente a San Giuliano Milanese.

È un posto del cuore, apprezzato sia dalla clientela business sia dalle famiglie o dalle coppie in cerca di una location speciale dove celebrare eventi e ricorrenze, immersi nella natura e avvolti dal fascino della storia.
Atmosfera, sapori della buona tavola ma anche una selezione enologica che soddisfa intenditori e appassionati: la formula perfetta che ispira sempre la voglia di tornare.
Alcune ricette
Ossobuco di vitello con risotto alla milanese
Spiedini di lumache avvolte nella pancetta affumicata alla brace
Gnocchetti fatti a mano di zucca e liquirizia
Costoletta di vitello alla milaneseCervo con pere caramellate , salsa al ribes rosso , scorza nera e noci
Ristorante Antica Osteria La Rampina
Via Emilia frazione Rampina, 3
angolo via Rocca Brivio – direzione Melegnano
20098 San Giuliano Milanese (MI)
Per prenotazioni Ristorante
+39 02 9833273

SAN GIULIANO MILANESE (Mi)

Sotto il profilo toponomastico si ritiene che il nome del paese derivi dalla distanza dalla città di Milano: esso si trova infatti presso la settima pietra miliare della strada che collegava Milano a Novara, spostata poi nel periodo altomedievale. L'epiteto "Milanese" fu aggiunto con l'unità d'Italia per distinguerlo da altri paesi con lo stesso nome.

Sulle vicende storiche di Settimo Milanese la documentazione superstite è scarsa; si presume ad ogni modo che le origini del borgo siano da far risalire all'epoca romana come suggerirebbe appunto il nome e la sua spiegazione toponomastica. Da Sarre, in epoca romana, passava la via delle Gallie, strada romana consolare fatta costruire da Augusto per collegare la Pianura Padana con la Gallia.

Le prime documentazioni certe in possesso degli storici risalgono ad ogni modo al XII secolo: Settimo viene citata in numerosi documenti riguardanti il monastero milanese di San Maurizio maggiore, i cui diritti sul borgo vengono confermati con una bolla da papa Eugenio III del 29 luglio 1148. A pochi anni dopo, al 1153, risale tra l'altro la costruzione dell'antica chiesa di Santa Margherita di Settimo Milanese, così come delle vicine chiese di Vighignolo e Seguro. Nel medesimo periodo per Settimo viene citato un castrum, una fortificazione di proprietà della famiglia Balbi. Nel "Codex Diplomaticus Longobardiae" è conservato inoltre un documento dove la località di Settimo è citata come luogo di provenienza di alcuni testimoni atti a comparire in un processo tenutosi a Milano.

Il periodo più felice per la storia comunale fu quello intorno alla metà del XV secolo quando alla signoria dei Visconti si sostituì quella degli Sforza. Si assiste infatti in questo periodo ad una ripresa economica con relativa diffusione del benessere e con il rifiorire delle arti e della vita di corte. Successivamente si ha un periodo di decadenza coincidente con la dominazione spagnola della Lombardia occidentale (1533 - 1700) durante la quale viene applicata una politica di completo disinteresse ai bisogni della popolazione e di sfruttamento del paese, sempre a discapito dei più poveri. Nel 1572 il borgo viene visitato da San Carlo Borromeo nell'ambito di una sua visita pastorale nel contado milanese.

Nel 1771 Settimo contava 712 abitanti. Il governo di Napoleone espanse grandemente il comune, annettendogli Vighignolo nel 1809, mentre nel 1811 gli incluse Cassina del PeroFigino, Quinto Romano e Seguro, portandolo così a 1913 abitanti. Con la restaurazione degli austriaci nel 1815, i comuni vennero nuovamente resi tutti indipendenti, salvo poi apportare nuove modifiche nel 1841 per quanto riguarda Seguro e Vighignolo che vennero riaccorpate al territorio di Settimo per esiguità di abitanti. Nel 1862, dopo l'avvenuta unità d'Italia, Settimo trarrà l'aggettivo "Milanese" per distinguersi da altre omonime località italiane.

Favorito dalla sua posizione Settimo ha un ruolo importante sia nella resistenza partigiana durante il periodo fascista, sia nella lotta per la liberazione.

A partire dalla metà del Novecento, Settimo avviò un programma di profonda trasformazione del tessuto sociale e urbano, grazie all'impianto delle prime industrie tra cui spicca la Auso Siemens (che diventerà poi l'odierna Italtel S.p.A.) in località Castelletto.

FRAZIONI

Cascina Cantalupo, Cascina Castelletto, Cascina Occhiò, Sesto Gallo, Montone-Primavera,

Cascine Olona

Il nome dell'abitato fu dato nell'Ottocento in onore del Risorgimento. Molte vie della frazione, invece, commemorano i luoghi delle battaglie più importanti delle tre guerre d'Indipendenza Italiana.

Villaggio Cavour

Il nome dell'abitato fu dato nell'Ottocento in onore del Risorgimento. Molte vie della frazione, invece, commemorano i luoghi delle battaglie più importanti delle tre guerre d'Indipendenza Italiana.

 Cascina Rocca Brivio

Sul sito dell'attuale Rocca Brivio sorgeva fin dal Medioevo un castello, posto in posizione dominante a guardia della strada da Milano a Lodi.
Nel Cinquecento il castello divenne proprietà dei marchesi Brivio; fu Luigi Brivio che intorno al 1680 lo fece abbattere, costruendo sulle sue fondamenta il palazzo attuale, che pur conservando il nome di «rocca» perse ogni funzione difensiva

Carpianello

Carpianello è un piccolo centro abitato di antica origine, da sempre legato al territorio milanese. La comunità apparteneva alla Pieve di San Giuliano, e confinava con Bolgiano e Robbiano a nord, Mediglia ad est, Zivido a sud, e San Giuliano ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 240 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione erascesa a 201 unità, tanto che nel 1809 il Comune di Carpianello venne soppresso ed aggregato a quello di San Giuliano, a sua volta annesso a Viboldone nel 1811; tutti i centri recuperarono comunque l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Il Comune di Carpianello venne definitivamente soppresso dagli austriaci il 24 luglio 1841, venendo annesso alla vicina Zivido, della quale seguì poi le sorti nel tempo.

Zivido

La località era un borgo agricolo di antica origine. Nell'ambito della suddivisione in pievi del territorio milanese, apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Carpianello a nord, Mediglia ad est, Santa Brera e Viboldone a sud, e San Giuliano ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 347 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione erascesa a 267 unità, tanto che nel 1809 il Comune di Zivido fu aggregato a San Giuliano, a sua volta annessa a Viboldone nel 1811. Tutte le località recuperarono comunque l'autonomia nel 1816 dopo la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Nel 1841 i governanti austriaci decisero di ampliare il territorio municipale di Zivido, aggregandovi Carpianello a titolo definitivo. Al censimento del 1853 il Comune di Zivido contava 680 abitanti, a quello del 1861 il numero era salito a 698.

Nel 1869 il Comune di Zivido venne annesso definitivamente da quello di Viboldone, che poi nel 1893 assunse il nome di San Giuliano Milanese.

Viboldone

La località è un borgo agricolo di antica origine. Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese, apparteneva alla Pieve di San Giuliano, e confinava con Civesio e San Giuliano a nord, Zivido e Santa Brera a est, Mezzano e Zunico a sud, e Rancate a ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 377 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era salita a 581 unità, e il municipio allargò di molto le sue competenze, dato che nel 1809 furono aggregati a Viboldone i comuni di Civesio e Rancate per un totale di 948 cittadini, e due anni dopo anche San Donato, San Giuliano e Sesto Ulteriano, interessando nel complesso 2773 persone. Tutti i centri recuperarono però l'autonomia nel 1816 dopo la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Gli stessi austriaci tuttavia, nel 1841, dovettero riconoscere la razionalità dell'operato napoleonico, e così Civesio e Rancate furono di nuovo annesse, questa volta a titolo definitivo, a Viboldone, mentre stavolta anche Videserto venne coinvolta nell'aggregazione.

Al censimento del 1853 il Comune di Viboldone contava 1163 abitanti, a quello del 1861 il numero era salito a 1209.

Nel 1869 al comune di Viboldone vennero aggregati i comuni di Sesto Ulteriano, San Giuliano e Zivido, e l'anno successivo il comune di Pedriano.

Nel 1893 il comune di Viboldone assunse la denominazione di "San Giuliano Milanese"

Mezzano

Mezzano è un piccolo centro rurale di antica origine, da sempre legato al territorio milanese. La comunità apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Viboldone a nord, Pedriano ad est, Carpiano a sud e Zunico ad est. La località fece registrare 155 residenti al censimento del 1751.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era scesa a 129 unità, tanto che nel 1809 il comune di Mezzano venne soppresso ed aggregato al comune di Pedriano, a sua volta soppresso ed aggregato a Melegnano nel 1811. Mezzano recuperò l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Gli stessi austriaci tuttavia, nel 1841, dovettero riconoscere la razionalità dell'operato napoleonico, e così il comune di Mezzano venne nuovamente soppresso e aggregato a Pedriano, seguendone nel tempo le sorti.

Sesto Ulteriano

La località è un borgo agricolo di antica origine sede di una parrocchia dedicata a San Marziano. Nell'ambito della suddivisione in pievi del territorio milanese, apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Chiaravalle a nord, Civesio ad est, Rancate e Videserto a sud, e Locate e Poasco ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 410 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era salita a 426 unità, che divennero 443 nel 1809. Nel 1811 Sesto Ulteriano fu aggregata a Viboldone, recuperando l'autonomia nel 1816 dopo la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Al censimento del 1853 il Comune di Sesto Ulteriano fece contare 648 abitanti, a quello del 1861 il numero era salito a 746.

Nel 1869 il comune di Sesto Ulteriano venne aggregato definitivamente al comune di Viboldone, il quale nel 1893 assunse la denominazione di San Giuliano Milanese.

Fra Sesto Ulteriano e Civesio è sorta una vasta zona industriale e commerciale, favorita dalla presenza dell'uscita San Giuliano Milanese dell'autostrada del Sole.

Poasco

Il piccolo borgo agricolo di Poasco fu nominato per la prima volta nel 1346. Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, Poasco apparteneva alla Pieve di San Donato.

Il territorio comunale comprendeva la frazione di Sorigherio, e confinava con Chiaravalle a nord, Sesto Ulteriano ad est, Opera a sud e Macconago ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece contare 130 abitanti.

In età napoleonica, dal 1808 al 1816, Poasco fu aggregata per la prima volta a Milano, recuperando l'autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. A quel tempo il villaggio aveva 258 residenti.

Il 17 gennaio 1841 Poasco fu aggregata al comune di Chiaravalle, a sua volta annesso a Milano nel 1923.

Il distacco dal capoluogo meneghino fu il frutto delle polemiche conseguenti alla rettifica nel 1925 della linea di confine fra Milano e San Donato in senso favorevole alla prima città. Per spegnere le rimostranze sandonatesi, nel 1932 il regime fascista decise di scorporare Poasco e Sorigherio dal comune di Milano e assegnarle a San Donato Milanese a titolo di compensazione.

Sorigherio

Nella suddivisione dei territori milanesi in pievi, Sorigherio apparteneva alla pieve di San Donato.

Tra il 1808 e il 1816 la frazione di Sorigherio fu aggregata a Milano. Successivamente, nel 1841, Sorigherio fu associata al comune di Chiaravalle Milanese.

Poi, nel 1923, il comune di Chiaravalle Milanese fu soppresso ed annesso a quello di Milano. Nel 1932, Sorigherio venne scorporata dal comune di Milano ed aggiunta al comune di San Donato Milanese.

Pedriano

Nell'ambito della suddivisione in pievi del territorio milanese, apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Viboldone e Santa Brera a nord, Melegnano ad est e a sud, e Carpiano e Mezzano ad ovest. Nei registri del 1751, la località fece registrare 277 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione risultò diminuita a 163 anime, ma nonostante ciò nel 1809 furono aggregati a Pedriano i comuni di Mezzano e Santa Brera, per un complesso di 564 persone. Due anni dopo Pedriano fu annessa a sua volta a Melegnano. Tutte le località recuperarono l'autonomia nel 1816 dopo la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Col passare degli anni tuttavia, furono gli stessi governanti tedeschi ad accorgersi della razionalità dell'operato napoleonico, e così Mezzano e Santa Brera furono aggregate definitivamente a Pedriano nel 1841 con dispaccio governativo del 24 luglio. Al censimento del 1853 il Comune di Pedriano fece contare 703 abitanti, a quello del 1861 il numero era salito a 838.

Nel 1870 il Comune di Pedriano venne aggregato al Comune di Viboldone, che nel 1893 assunse il nome di San Giuliano Milanese.[ La nuova geografia amministrativa apparve in contrasto con il precedente schema napoleonico, specialmente tenendo conto della prossimità fisica di Pedriano con l'insediamento urbano melegnanese.

Civesio

Civesio era un piccolo centro rurale di antica origine, da sempre legato al territorio milanese. La comunità apparteneva alla Pieve di San Giuliano, della quale accoglieva una parrocchia, e confinava con Chiaravalle a nord, San Giuliano e Viboldone ad est, Rancate a sud, e Sesto Ulteriano ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 120 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era salita a 235 unità. Nel 1809 il Comune di Civesio venne soppresso ed aggregato al comune di Viboldone, recuperando però l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Gli stessi austriaci tuttavia, nel 1841, dovettero riconoscere la razionalità dell'operato napoleonico, e così il comune di Civesio venne annesso di nuovo a Viboldone, seguendone poi le sorti nel tempo.

Negli ultimi decenni il centro abitato ha conosciuto una notevole espansione residenziale, favorita dalla vicinanza all'uscita dell'autostrada; fra Civesio e Sesto Ulteriano è sorta una grande zona artigianale e commerciale.

Civesio è stato luogo di nascita del cantante rapper J-Ax, alcuni scorci della cittadina sono infatti visibili nel video della canzone autobiografica "Altra Vita".

Vighignolo

Vighignolo fu un antico comune del Milanese il quale, pur vantando una tradizionale comunanza storica con la vicina città di Settimo Milanese di cui è oggi frazione, dispone di un percorso storico personale di più lunga data. Secondo un anonimo storico, infatti, il 27 gennaio dell'anno 949 re Lotario II d'Italia, donò a Mirano Meraviglia, capostipite della nobile casata milanese, il paese di Vighignolo, dove la dinastia si insediò.

Fin dal Cinquecento, il paese fu sede di parrocchia e grazie alla prima opera di catasto voluta dall'imperatore Carlo V sappiamo che il paese contava all'epoca 21 nuclei famigliari e che era retto da un console

Il 22 ottobre 1604 il borgo di Vighignolo venne visitato dal cardinale Federico Borromeo il quale annotò nelle memorie del suo viaggio che il borgo aveva 160 abitanti in tutto con un'osteria, ma con un notevole tasso di criminalità che si annida ogni notte presso il porticato della locale chiesa di San Sebastiano. Il curato, frate Antonio Cattaneo di Gallarate, raccolse poi l'invito dell'arcivescovo a sospendere la fiera di San Sebastiano, incontrando ad ogni modo l'opposizione cittadina. Con la peste manzoniana del 1630, a Vighignolo viene ricavato un lazzaretto provvisorio presso un campo non lontano dalla chiesa di San Sebastiano, senza ad ogni modo l'erezione di strutture stabili. Nel 1685, dagli atti della visita pastorale dell'arcivescovo Federico Visconti, viene rilevato che Vighignolo conta in tutto 179 abitanti.

La situazione per l'abitato di Vighignolo cambierà drasticamente a partire dalla data del 27 aprile 1738 quando il conte Cristiano Stampa di Montecastello, già proprietario terriero in paese, riuscì ad acquistare il titolo di conte di Vighignolo, il quale si recherà in paese poco dopo per il giuramento presso il console locale. Il paese contava allora 39 "fuochi" (famiglie), ma esso era stato privato della storica osteria che rappresentava un punto fisso per l'economia del paese. Tra i primi atti del nuovo feudatario vi fu proprio la riapertura a sue spese del locale, atto per cui ricevette anche il plauso del parroco don Giulio Oldrini che viene descritto dai contemporanei come "uomo dotato di una discreta cultura".

Quando il 1º settembre 1748 il conte Stampa morì senza eredi, il feudo venne incamerato nuovamente dallo Stato di Milano che poco dopo assegnò unicamente il titolo di conte di Vighignolo al nobile Giulio Padulli, vendendo invece le proprietà terriere degli Stampa in loco al finanziere Pietro Venino che, tra le altre cose, erigerà in paese una sua residenza di campagna.

In base al censimento voluto nel 1771 dall'imperatrice Maria Teresa, invece, apprendiamo che Vighignolo contava in tutto 319 anime.

Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 252 abitanti, essendosi quindi spopolata.

Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso per la prima volta a Settimo.

Nel frattempo, nel 1828, morì senza eredi il conte Antonio Meraviglia, ultimo erede della casata locale, il quale vendette tutte le restanti proprietà della sua casta a Vighignolo che vennero acquisite dagli esponenti della borghesia locale come i Locatelli e gli Airaghi.

Il Comune di Vighignolo venne ripristinato con il ritorno degli austriaci, che tuttavia tornarono sui loro passi nel 1841, stabilendo la definitiva unione comunale con Settimo. L'anno successivo, con la morte di don Cesare Meraviglia, terminò ufficialmente il diritto della sua famiglia di nominare il parroco di Vighignolo, diritto che tornò agli arcivescovi di Milano.

Nell'Ottocento, a Vighignolo venne aperta una fornace per la fabbricazione di mattoni che segnò inesorabilmente il passaggio dall'economia basata sull'agricoltura a quella industriale anche per il borgo.

Durante la Prima guerra mondiale, Vighignolo ebbe 14 caduti e nel 1919, con le prime elezioni politiche tenutesi a suffragio universale maschile, la vittoria locale passò al partito socialista.

Con l'avvento del fascismo, il 21 aprile 1924 viene segnalata dai giornali la notizia che alcuni squadristi fascisti fecero dei danni in paese, incendiando la sede del circolo familiare locale gestito dai socialisti oltre ad alcune stalle di proprietà della famiglia Airaghi. Con la vittoria dei fascisti alle elezioni tenutesi poco dopo, il paese mutò il proprio nome in Vighignolo Venino in onore del conte senatore Pier Gaetano Venino.

Durante la Seconda guerra mondiale ed i rastrellamenti compiuti dai tedeschi, Vighignolo vide la caduta di tre partigiani.

Seguro

Fin dal 1604 Seguro fu sede di parrocchia. In base al censimento voluto nel 1771 dall'imperatrice Maria Teresa, Seguro contava 365 abitanti. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 216 abitanti, essendosi quindi spopolata. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone Bonaparte e annesso a Baggio, ma nel 1811 fu spostato d'imperio sotto l'amministrazione comunale di Settimo. Il Comune di Seguro fu ripristinato con il ritorno degli austriaci, che tuttavia tornarono sui loro passi nel 1841, stabilendo la definitiva unione comunale con Settimo.

Cascina Santa Brera

La piccola località rurale di Santa Brera, di antica origine, costituiva un comune compreso nella Pieve di San Giuliano, parte del Ducato di Milano, e confinava con Zivido a nord, Colturano ad est, Melegnano e Pedriano a sud, e Viboldone ad ovest. La località fece registrare solo 80 residenti al censimento del 1751.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era salita a 182 unità comprendendo la vicina Rocca Brivio. Nel 1809 il comune di Santa Brera venne soppresso e aggregato al limitrofo comune di Pedriano, a sua volta aggregato a Melegnano due anni dopo; tutti i centri recuperarono comunque l'autonomia nel 1816 dopo l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Gli stessi austriaci tuttavia, nel 1841, dovettero riconoscere la razionalità dell'operato napoleonico, e così il comune di Santa Brera venne soppresso definitivamente e nuovamente aggregato a Pedriano, seguendone nel tempo le sorti.

Cascina Rancate

La cascina Rancate è una località di antica origine, da sempre legata al territorio milanese. La comunità apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Civesio a nord, Viboldone ad est, Videserto a sud, e Sesto Ulteriano ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 170 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era scesa a 139 unità, tanto che nel 1809 il Comune di Rancate venne soppresso ed aggregato al comune di Viboldone, recuperando però l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Gli stessi austriaci tuttavia, nel 1841, dovettero riconoscere la razionalità dell'operato napoleonico, e così il Comune di Rancate venne aggregato di nuovo a Viboldone, seguendone poi le sorti nel tempo.

La cascina Rancate nel 1923 fu visitata dal re Vittorio Emanuele III come esempio di modello agricolo. Il re vi piantò un albero.

Cascina Videserto

La cascina Videserto è una località di antica origine, da sempre legata al territorio milanese. La località apparteneva alla pieve di San Giuliano, e confinava con Sesto Ulteriano a nord, Rancate ad est, Zunico a sud, e Locate Triulzi ad ovest. Al censimento del 1751 la località fece registrare 153 residenti.

In età napoleonica, nel 1805, la popolazione era scesa a 116 unità; nel 1809 il Comune di Videserto venne soppresso ed aggregato al comune di Zunico, a sua volta annessa a Carpiano nel 1811; tutti i centri recuperarono comunque l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.

Il Comune di Videserto venne definitivamente soppresso dagli austriaci il 24 luglio 1841, venendo annesso per ragioni stradali e di tradizione ecclesiastica a Viboldone, del quale seguì poi le sorti nel tempo.


MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Abbazia di Viboldone - Chiesa di San Pietro in Viboldone

Fu fondata nel 1176 e completata nel 1348 dagli Umiliati, un ordine religioso formato da monaci, monache e laici che, attorno all'attuale chiesa, conducevano vita di preghiera e di lavoro, in particolare fabbricando panni di lana e coltivando i campi con sistemi di lavorazione assolutamente innovativi. Dopo la soppressione degli Umiliati a opera di Carlo Borromeo, l'abbazia passò ai Benedettini Olivetani, successivamente soppressi dal governo austriaco e costretti ad abbandonare l'abbazia.

Nel 1940 il cardinale Ildefonso Schuster, dopo anni di abbandono, ha offerto l'abbazia a una comunità di religiose guidata da Margherita Marchi, separatasi dalla congregazione delle Benedettine di Priscilla. Il monastero sui iuris delle benedettine di Viboldone fu canonicamente eretto il 1º maggio 1941: le monache si dedicano alla produzione di confetture e, dal 1945, svolgono un'importante attività di editoria religiosa e teologica, oltre agli impegni di natura più strettamente monastica.

Nel 1965 Paolo VI ordinò che vi fosse trasferito l'abate di Montserrat, Aureli Maria Escarré, per sottrarlo alla persecuzione franchista.

Per molti anni, cappellano della comunità delle benedettine è stato Luisito Bianchi (1927-2012).

Chiesa di Santa Margherita

Identificata come il luogo di culto più antico dell'abitato di Settimo, la chiesa di Santa Margherita ha la sua prima attestazione documentaria al XII secolo quando già viene citata nel "Liber Notitiae Sanctorum Mediolanensis" di Goffredo da Bussero. La struttura attualmente visibile è frutto di un rifacimento risalente al 1534 ad opera del sacerdote Francesco Balbi, membro della famiglia che all'epoca era tra i massimi poprietari settimini.

Di forma rettangolare, a navata unica, ha la facciata disposta verso la via di passaggio e presenta forme esterne neoromaniche frutto di interventi realizzati a fine Ottocento.

Oratorio di San Giovanni Battista (Cascine Olona)

Tra i monumenti di Settimo, testimoni di un passato, troviamo l'Oratorio di San Giovanni Battista, situato nella frazione di Cascine Olona. L'oratorio, di ridotte dimensioni, venne fatto edificare dal nobile Paolo Mantegazza e consacrato nel 1468.

L'edificio è caratterizzato da un corpo longitudinale con tetto a vista che termina in un'abside quadrata. Notevoli la piccola fronte e il campanile che fornisce agilità all'insieme. Esso contiene molti dipinti attribuiti alla scuola di Vincenzo Foppa: "L'annunciazione della vergine", "La nascita del Battista" e "Il Giudizio Universale".

All'inizio del Novecento, vista la sua particolare posizione lungo la via Novara, rischiò di venire abbattuto per agevolare il percorso del Gamba de legn, la tramvia milanese che collegava con la provincia, cosa che ad ogni modo non avvenne per intervento della sovrintendenza per la conservazione dei beni culturali.

Chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente

Edificata a metà del XV secolo per volere del nobile Zanino Meraviglia per meglio sopperire alle esigenze spirituali degli abitanti del borgo, venne ampliata alla fine dell'Ottocento. I Meraviglia, che vantavano per la chiesa di Vighignolo anche il diritto di nomina del rettore responsabile, beneficiarono della chiesa i frati francescani del convento milanese presso la chiesa di San Francesco Grande (oggi distrutta), in quanto tale convento si trovava vicino alla dimora milanese della famiglia. Furono sempre i Meraviglia ad ottenere dal 1460 la possibilità di includere il rettore della chiesa di Vighignolo da loro nominato nella confraternita sacerdotale retta dai canonici agostiniani dell'abbazia di San Pietro all'Olmo.

Un fatto curioso si verificò nel 1572, poco prima della visita pastorale di San Carlo Borromeo in paese: le continue gelosie tra rappresentanti degli ordini regolari e secolari che reggevano il territorio spinsero frate Marco da Crema, che già officiava nella chiesa di Vighignolo, a far nascere delle dicerie sul conto del prevosto di Cesano Boscone da cui l'abitato dipendeva per l'amministrazione spirituale, accusandolo di aver avuto una conversazione giudicata "sospetta" con una donna "alla Cassinazza". La questione giunse alle orecchie del delegato arcivescovile il quale, attraverso accurate indagini, annotò la smentita del prevosto e rilevò tutte le contraddizioni in cui era caduto il frate di Vighignolo raccontando la sua storia. Frate Marco da Crema venne invitato a tornare al suo convento, mentre ai nobili Meraviglia venne chiesto che iniziassero a prescegliere sacerdoti secolari per la cura d'anime di Vighignolo oltre a dotare la chiesa di arredi sacri di cui era carente.

La chiesa venne ampliata ed allungata nell'Ottocento dall'allora parroco Giovanni Comazzi che affidò il progetto all'ingegnere Tiberio Sironi. Al termine dei lavori, la chiesa venne solennemente riconsacrata il 13 settembre 1892 da monsignor Foscarini, canonico del Duomo di Milano.

All'interno della chiesa era conservato un pregevole pezzo di scultura in pietra a bassorilievo noto con il nome di "Trittico di Vighignolo", di origine quattrocentesca, raffigurante Cristo nel sepolcro tra le figure della Vergine Maria e di San Giovanni Battista. La scultura venne venduta alla fine del XIX secolo per raccogliere il denaro necessario ai restauri e venne acquistata successivamente dal Museo del Castello Sforzesco dove ancora oggi si può ammirare, nella medesima sala dove è conservata la Pietà Rondanini di Michelangelo Buonarroti. Attualmente presso la chiesa è conservata una copia della scultura.

Chiesa di San Sebastiano

Sin dalle origini dell'abitato, Vighignolo era dotato di una chiesa dedicata a San Sebastiano che già Goffredo da Bussero alla fine del Duecento indica essere di origine molto antica (forse longobarda). Essa ebbe funzione di chiesa parrocchiale e nel 1398 venne citata nel Notitia Cleri Mediolanensis: essa venne completamente riedificata a metà Quattrocento per merito di Zanino Meraviglia il quale, per comodità degli abitanti del luogo, provvide a realizzare anche la chiesa di Santa Maria Nascente che si trova oggi in centro al paese dal momento che la chiesa di San Sebastiano si trovava isolata nella campagna. In questo stesso periodo (1445) viene inoltre realizzata la prima pianta della chiesa che si presentava di forma rettangolare avente in fondo una cappella dove era situato l'altare maggiore, mentre l'ingresso era preceduto da un piccolo pronao.

La chiesa, dagli anni 1950, è stata lasciata in abbandono ed attualmente non è officiata. Attorno alla chiesa si può notare ancora oggi, come era antica tradizione, la presenza di un piccolo camposanto, che però nella versione attuale risale all'Ottocento.

Villa Airaghi è una villa del settecento oggi affittabile per eventi


Cimitero di Vighignolo

Il camposanto di Vighignolo venne eretto nella posizione attuale nell'ultimo quarto del XIX secolo dopo l'abbandono del precedente cimitero situato nei pressi dell'antica chiesa di San Sebastiano. Esso venne costruito a metà strada tra le frazioni di Vighignolo e Seguro così da poterle servire entrambe.

Di rilievo è la cappella presente ancora oggi al centro del cimitero che venne costruita alla fine dell'Ottocento in stile neoromanico.

Palazzo d'Adda 

Palazzo d'Adda venne fatto costruire dalla famiglia omonima a partire dalla prima metà del Cinquecento.


Rocca Brivio 

Sul sito dell'attuale Rocca Brivio sorgeva fin dal Medioevo un castello, posto in posizione dominante a guardia della strada da Milano a Lodi.

Nel Cinquecento il castello divenne proprietà dei marchesi Brivio; fu Luigi Brivio che intorno al 1680 lo fece abbattere, costruendo sulle sue fondamenta il palazzo attuale, che pur conservando il nome di «rocca» perse ogni funzione difensiva.

La Rocca è posta in aperta campagna, su un piccolo rilievo in posizione dominante la valle fluviale del Lambro.

Ha pianta in forma di «L», con il lato maggiore – al centro del quale si apre il portale d'ingresso – rivolto verso ovest e il lato minore rivolto verso nord. I due lati dell'edificio disegnano un cortile interno porticato, chiuso sul lato est da una loggia a tre arcate e aperto sul lato sud verso il giardino. All'angolo nord-ovest sorge la cappella gentilizia.

Le facciate esterne, di aspetto severo, sono in mattoni a vista; essi, sporgendo, disegnano gli elementi decorativi creando un forte effetto di chiaroscuro.

Gli interni, ad eccezione della cappella, sono privi di decorazioni.

Dal 1996 è proprietà comunale e ospita nei suoi saloni dai soffitti affrescati e dai grandi camini, mostre di pittura, concerti di musica classica e convegni di rilevanza nazionale.

monastero di Santa Caterina di Rancate

Già casa umiliata, sorta nel 1209 nel borgo di Rancate, assunse la regola agostiniana; nel 1470 vi entrarono le benedettine, passate all'Osservanza nel XVI secolo. 

Nel 1499 il cenobio accolse le religiose del soppresso monastero benedettino di Sant'Ambrogio di Carugate, e l'anno successivo (1500) le monache cistercensi provenienti dal monastero di San Vittore all'Olmo. 
Nel 1539 la comunità fu trasferita presso le agostiniane del convento di Santa Caterina alla Chiusa; i locali rimasti vuoti furono assegnati all'orfanotrofio femminile di Gerolamo Emiliani, dopo una ventina d'anni trasferito in uno stabile nella vicina Porta Nuova, cui fu aggiunta la chiesa di Santa Caterina alle Orfane. Nel 1546 il convento di Rancate fu acquistato da una comunità maschile di umiliati, che dedicarono la chiesa al Santo Spirito.
Mulino Fiocchi (Cerealia)
il mulino Fiocchi (Cerealia) sulla roggia Spazzola, a San Giuliano Milanese. Interessantissima la scansione temporale dei tre corpi di fabbrica successivi. Il primo (quello con la ruota) risale a fine ‘800 e fu costruito dopo un incendio che distrusse il fabbricato precedente. Di proprietà della famiglia Carpegna-Brivio venne dapprima affittato e poi acquistato (1920) dalla famiglia Fiocchi, che lo trasformò in mulino; la ruota esterna è stata recentemente recuperata. Gli ampliamenti successivi sono del 1905 e del 1940 circa. Il mulino è tuttora in funzione ed è rimasto uno dei pochi impianti di questo genere e dimensioni nel Sud Milano. Naturalmente dell’energia idrica non si parla neppure lontanamente, l’impianto è un moderno ed efficiente stabilimento industriale che da lavoro ad una trentina di persone circa.
Mulino Torretta  Civesio
 
Il mulino Torretta a San Giuliano Milanese – se ne ha notizia a partire dalla seconda metà del secolo XI – presidia ancora oggi la Vettabbia (l’antica Vectabilis, il canale navigabile scavato a Sud di Milano in epoca romana). Ormai prossimo al crollo è un simbolo del degrado cui sono state condannate queste fondamentali vestigia del passato. Il problema non è tanto quello di riandare “ai bei tempi andati” – che tali non furono probabilmente mai. Il problema è conoscere per affrontare esigenze moderne. La tutela territoriale, che passava anche attraverso la rete idraulica e il presidio dei mulini, ne è un esempio lampante.

LA RAMPINA San Giuliano Milanese (MI) ristorante

GROTTE DI RESCIA (Co)

  Le sette Grotte di Rescia, unite in un unico complesso agli inizi del ‘900, si snodano lungo un  percorso turistico di ca. 500 m  alle pen...