villa San Carlo Borromeo
Villa San Carlo Borromeo sorge su una collina che accolse, nell'VIII secolo a.C., un insediamento celtico e, in seguito, una roccaforte romana, nella quale soggiornò anche Giulio Cesare. Il terreno fu poi occupato dai Longobardi che trasformarono la roccaforte romana in una fortezza. Sulle rovine di quest'ultima i Visconti costruirono il loro palazzo, chiuso sui quattro lati. Fu una delle fortezze utilizzate da Bernabò Visconti.
Nel 1629, Federico Borromeo, nuovo proprietario della dimora, decise di abbattere uno dei quattro lati della struttura originaria. Nel 1630, la "Villa" divenne, per volere di Federico Borromeo, un rifugio per i migliori teologi e pensatori del tempo, fuggiti dalla città di Milano dove imperversava la peste. Tra l'iconografia d'epoca celebri i ritratti delle dimore borromee a opera di Francesco Zuccarelli: nel Palazzo Borromeo dell'Isola Bella a Stresa è conservata l'opera raffigurante il "Palazzo di Senago".
L'edificio subì ulteriori modificazioni sotto Giberto Borromeo che ne arricchì l'arredamento, completando il mobilio raffinato voluto da Federico, aggiungendo lampadari di cristallo e opere d'arte di notevole valore. Nel suo testamento, Giberto invitò i suoi eredi a rispettare il restauro dell'edificio da lui deciso e a preservare tutti gli arredi.
Nel 1882 l'architetto di Varedo, Giuseppe Bagatti Valsecchi sposa Carolina Borromeo. Nel 1911, Febo Borromeo d'Adda decise di avviare un nuovo restauro fedele ai criteri dell'epoca, che fu affidato a Fausto Bagatti Valsecchi cognato di Carolina. Tracce e materiali dell'opera dei fratelli architetti sono conservate nel Museo Bagatti Valsecchi.
Nell'ultima fase della seconda guerra mondiale, la villa fu occupata dalle SS che distrussero parte dell'edificio e del suo mobilio. Dopo la ritirata dell'esercito tedesco e con il ritorno della pace, i proprietari dell'epoca decisero di affiggere due stelle di Davide sulla facciata del Museo Sant'Ambrogio, ad uno degli ingressi della Villa.
Lungo i sette secoli della sua storia, Villa San Carlo Borromeo è stata frequentata da innumerevoli artisti italiani e stranieri. Leonardo da Vinci soggiornò nella dimora, come anche molti scrittori ed artisti sforzeschi: San Carlo Borromeo, Ippolito Pindemonte, Montesquieu, il filosofo francese Denis Diderot, Stendhal, Napoleone, Alessandro Manzoni, Benedetto Croce, Antonio Rosmini, il fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Verga, Luigi Pirandello e, in tempi più recenti, per citarne solo alcuni, lo scrittore francese di origini rumene Eugène Ionesco, lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, lo scrittore rumeno ebreo Elie Wiesel e lo storico e romanziere cinese Shen Dali.
Villa San Carlo Borromeo sorge su una collina che accolse, nell'VIII secolo a.C., un insediamento celtico e, in seguito, una roccaforte romana, nella quale soggiornò anche Giulio Cesare. Il terreno fu poi occupato dai Longobardi che trasformarono la roccaforte romana in una fortezza. Sulle rovine di quest'ultima i Visconti costruirono il loro palazzo, chiuso sui quattro lati. Fu una delle fortezze utilizzate da Bernabò Visconti.
Nel 1629, Federico Borromeo, nuovo proprietario della dimora, decise di abbattere uno dei quattro lati della struttura originaria. Nel 1630, la "Villa" divenne, per volere di Federico Borromeo, un rifugio per i migliori teologi e pensatori del tempo, fuggiti dalla città di Milano dove imperversava la peste. Tra l'iconografia d'epoca celebri i ritratti delle dimore borromee a opera di Francesco Zuccarelli: nel Palazzo Borromeo dell'Isola Bella a Stresa è conservata l'opera raffigurante il "Palazzo di Senago".
L'edificio subì ulteriori modificazioni sotto Giberto Borromeo che ne arricchì l'arredamento, completando il mobilio raffinato voluto da Federico, aggiungendo lampadari di cristallo e opere d'arte di notevole valore. Nel suo testamento, Giberto invitò i suoi eredi a rispettare il restauro dell'edificio da lui deciso e a preservare tutti gli arredi.
Nel 1882 l'architetto di Varedo, Giuseppe Bagatti Valsecchi sposa Carolina Borromeo. Nel 1911, Febo Borromeo d'Adda decise di avviare un nuovo restauro fedele ai criteri dell'epoca, che fu affidato a Fausto Bagatti Valsecchi cognato di Carolina. Tracce e materiali dell'opera dei fratelli architetti sono conservate nel Museo Bagatti Valsecchi.
Nell'ultima fase della seconda guerra mondiale, la villa fu occupata dalle SS che distrussero parte dell'edificio e del suo mobilio. Dopo la ritirata dell'esercito tedesco e con il ritorno della pace, i proprietari dell'epoca decisero di affiggere due stelle di Davide sulla facciata del Museo Sant'Ambrogio, ad uno degli ingressi della Villa.
Lungo i sette secoli della sua storia, Villa San Carlo Borromeo è stata frequentata da innumerevoli artisti italiani e stranieri. Leonardo da Vinci soggiornò nella dimora, come anche molti scrittori ed artisti sforzeschi: San Carlo Borromeo, Ippolito Pindemonte, Montesquieu, il filosofo francese Denis Diderot, Stendhal, Napoleone, Alessandro Manzoni, Benedetto Croce, Antonio Rosmini, il fondatore del futurismo Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Verga, Luigi Pirandello e, in tempi più recenti, per citarne solo alcuni, lo scrittore francese di origini rumene Eugène Ionesco, lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, lo scrittore rumeno ebreo Elie Wiesel e lo storico e romanziere cinese Shen Dali.
Villa Corbella-Martinelli-Sioli
I numerosi appellativi con cui è tradizionalmente denominata la villa indicano gli altrettanto molteplici passaggi di proprietà a cui il monumento ha dovuto sottostare nel corso dei secoli.
In origine apparteneva ai Corbella, e nelle mappe catastali effettuate all'epoca di Carlo VI negli anni venti del Settecento risulta appartenere a Ludovico Corbella, mentre nel 1760 è di proprietà di un prelato, Ludovico, altro esponente della medesima dinastia. In quest'epoca l'edificio è già caratterizzato da un giardino, e appare denotato da un corpo ad L verso la strada, e da un fabbricato sul retro, elementi che secondo la bibliografia di riferimento si mantengono nella successiva realizzazione della struttura dalla forma ad U. Queste peculiarità servirebbero a spiegare la disarmonia e la disomogeneità avvertibili nel corpo mediano del complesso.
La famiglia Martinelli subentra ai Corbella e successivamente lascia la dimora agli Arcivescovi di Milano, affinché ne ricavino la loro residenza estiva. In seguito alle leggi emanate nel 1866 si assiste alla deleteria vendita all'asta del complesso che diviene proprietà di Angelo Sioli. Da questo momento in poi il palazzo perde ogni connotazione di edificio nobiliare. Poco distante dal corpo principale vengono infatti edificati opifici e viene sacrificata un'ampia parte di giardino.
Il complesso è attualmente interessato da un vasto restauro. Acquisito dal Comune di Senago verrà successivamente adibito ad uffici municipali (ospiterà tra l'altro la sede della polizia municipale e dei servizi sociali).
Villa Po Degli Occhi
di costruzione settecentesca, conserva affreschi di gusto neoclassico nel corpo centrale. La dimora residenziale è dotata di una torre belvedere che si affaccia su un suggestivo parco. Attualmente sono in corso lavori di restauro;
Villa Verzolo-Monzini,
ora di proprietà comunale, fu fatta costruire dalla famiglia Monzini verso la metà del XVIII secolo. Inizialmente l'edificio svolgeva una funzione agricola. Solo verso il 1850, in vista delle nozze di un componente della famiglia, venne deciso di trasformare l'edificio in villa, realizzando quindi anche i soffitti affrescati che si possono ancora vedere. La villa, sede della biblioteca comunale, sorge all'interno di un parco all'inglese aperto al pubblico;
Villa Ponti
in stile neogotico è circondata da un vasto parco, in mezzo al quale sopravvivono i ruderi di una torre di epoca viscontea.
STORIA
Il toponimo Senago e quello della vicina località Senaghino avrebbero origine romana (come ipotizzato anche dallo storico Dante Olivieri nel suo Dizionario di Toponomastica), anche se la zona, come quasi tutti i comuni adiacenti, fu abitata dai Celti ben prima dell'arrivo dei Romani. A favore di quest'ultima ipotesi c'è l'epigrafe murata all'esterno di villa San Carlo Borromeo e datata 1814, che spiega il toponimo con sanus aer o sanus ager, dove ager è un tipico suffisso celtico.
Senago fece parte del feudo di Desio e venne donato nel 1476 da Galeazzo Maria Sforza a Lucia Marliani.
In seguito passò a Tommaso Readino, ai Gallarati, al nobile Giovanni Manriquez e alla sua famiglia, cui appartenne dal 1580 al 1779, anno in cui l'investitura passò al marchese Pietro Secco Comneo. Nel 1771 contava 1201 abitanti. Il governo di Napoleone espanse molto il comune, che nel 1809 annesse Pinzano e nel 1811 incorporò Cassina Amata e Cassina Nuova, ma tali cambiamenti furono annullati dagli austriaci nel 1816.
Nel Seicento, il cardinale Federico Borromeo rilevò una villa sul ciglio orientale dell'altopiano delle Groane e vi ospitò alcuni seminaristi e teologi durante l'epidemia di peste del 1630. Il nobile prelato morì nel 1631, troppo presto perché venissero svolti restauri radicali. Fu Gilberto IV Borromeo, divenuto in seguito vescovo di Novara e cardinale, a concepire la ristrutturazione della vecchia dimora patrizia.
Il progetto iniziale, affidato a Filippo Cagnola, prevedeva una sostanziale trasformazione dell'antica struttura in un palazzo monumentale, incentrato su un cortile aperto a settentrione. Soltanto nel nostro secolo però, i lavori vennero ultimati, con l'intervento degli architetti milanesi Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi.
Molte altre residenze signorili, dedicate allo svago e all'evasione dalla vita cittadina, sorsero nel XVII e XVIII secolo nei dintorni di Senago. Col tempo tali dimore diventarono il fulcro di una riorganizzazione del paesaggio agrario in grandi aziende padronali.
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