ABBIATEGRASSO (Mi)


MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Convento dell'Annunciata

Palazzo Stampa

Castello Visconteo

tour delle delizie

Casa Orsini di Roma ex Chiesa di Sant'Agostino

Villa Umberto Location

Villa Zanicotterra Bonetti

Immersa nel verde del circostante giardino, la villa fu costruita intorno al 1895 nella zona allora periferica ad ovest del centro storico oltre il tracciato dell'antico fossato visconteo. L'edificio a due piani a pianta rettangolare, presenta quattro fronti simmetriche, aperta al centro dal portone di ingresso, rivolti al giardino e preceduti da scalini e scandite da ampie finestre con cornici in malta, maggiormente sporgenti al primo piano

Villa Kluzer



La villa, con pianta a V composta da un corpo centrale e due ali disposte diagonalmente, simile ad un esagono dimezzato, risale probabilmente alla fine degli anni trenta. Venne costruita nella periferia sud ovest del paese, in una zona che consentiva all'edificio di essere al centro di una grande area ancora libera, trasformata a parco. La raffinatezza stilizzata degli elementi decorativi in stile eclettico, quali le cornici ornamentali delle aperture o il balcone e il sottarco della porta d'ingresso in ferro battuto, rivelano il gusto ricercato dell'epoca. La villa è completamente circondata dal parco privato, accessibile da via Morandi all'angolo con via De Amicis, nella zona occidentale del centro abitato, tra il cimitero e l'ospedale.  Via Morandi, 9 (nel centro abitato) 

Palazzo Comunale



Edificio a pianta irregolare a U si affaccia con uno dei bracci parallelamente sulla piazza antistante, aprendosi al piano terra con il portico. Presenta muri portanti a tessitura omogenea in laterizio e una colonna in granito sul lato del cortile interno. Si struttura in piano terra, piano nobile e secondo piano composti da solai in legno ad orditura doppia e volte a crociera. La torre soprastante è suddivisa in cinque piani con volte a botte. La copertura è mista a padiglione e a capanna con orditura semplice in legno con puntoni poggianti sul muro di spina e sui muri perimetrali con manto di copertura in coppi di laterizio sovrapposti. Sopra l'androne che conduce al cortile si trova un pregevole balcone in pietra intagliata, sormontato da uno stemma e da ornamenti tardobarocchi in pietra scolpita.

Lavatoi Pubblici sulla Roggia Cardinala



Disposti lungo la roggia Cardinala nella zona sud ovest dell'abitato, i lavatoi pubblici tramandano la testimonianza di un'antica e diffusa consuetudine scomparsa a partire dal secondo dopoguerra. Costituiti da una serie di vasche e di lastre in pietra inclinate, allineate lungo la sponda del canale, i lavatoi venivano utilizzati per lavare con le acque della roggia. Via C. M. Maggi, 2 (nel centro abitato)

Palazzo Pravedoni Losa



Il palazzo a tre piani, costituito da negozi al piano terra e abitazioni al piano superiore si sviluppa intorno ad una stretta corte, prospettando con la facciata principale su corso Matteotti in pieno centro. La facciata aperta al centro da un portone sormontato da un grande balcone con balaustra in ferro battuto è scandita ai piani superiori da una sequenza di aperture ornate da cornici in malta, completate da parapetti in ferro battuto all'ultimo piano. La corte è delimitata a sud da un muro coronato all'estremità da volute di raccordo alle ali laterali e aperto al centro da un arco con timpano arrotondato, su cui è scolpito uno stemma dipinto della famiglia Pravedoni.  Corso Matteotti, 28, 36 (nel centro edificato storico perimetrato al 1991)

Palazzo Confalonieri



Palazzo Confalonieri è una costruzione Seicentesca a due piani con forma a U e con un porticato su cortile che è stato chiuso da vetrate.

Attualmente è di proprietà delle Suore della Riparazione “Casa del Rosario”. Via Confalonieri, 2 (nel centro edificato storico perimetrato al 1991)

Palazzo Taccani



Si tratta di un palazzo a due piani con ampio cortile.

Presenta un secondo cortile a ovest che confina con la Fossa verso la quale in palazzo presentava una seconda entrata ancora esistente come accesso al parco comunale della Fossa. Via Piatti 5.

Palazzo Pionnio



I Pionnio erano proprietari di numerose cascine nell’abbiatense.

Il loro palazzo, edificato tra sei e settecento, era indicato nel Catasto di Maria Teresa d'Austria come "Palazzo della Principessa" ma era chiamato popolarmente Palazziett.  

Il palazzo a pianta quadrata con cortile centrale si apriva su un grande giardino, oggi andato perduto, costeggiato sul lato destro da un porticato di colonne di pietra.

La particolarità del palazzo è un affresco che si trova proprio sotto un balconcino in facciata.

In una sala a piano terreno si conserva un grande camino in pietra con un elaborato stemma con l'aquila imperiale.  Via Ticino, 23 (nel centro abitato) 

Palazzo Castoldi



Il palazzo seicentesco presenta una sobria facciata caratterizzata da una superficie bugnata al piano terreno, occupato da negozi, e da cinque aperture al piano superiore, dove al centro, sopra il portale, si apre un balcone in ferro battuto con un piccolo cortile interno e un giardino sul retro.

Il muro di cinta del giardino è caratterizzato su via Binaghi da un’edicola sacra con "Madonna con Bambino" Corso Italia, 29, 31 (nel centro edificato storico perimetrato al 1991)

Palazzo Arconati



Gli Abbiatensi lo conoscono come il “Palazi” e fu costruito dai nobili Capitanei di Arconate nel Cinquecento. La prima notizia risale al 1559. L’ultimo dei Capitanei morì nel 1908; attualmente è di proprietà comunale che ne ha previsto la ristrutturazione.

La struttura è molto vasta e comprende il palazzo nobiliare, tre cortili (una nobile o di rappresentanza, uno di servizio e il terzo a rustici), un ampio giardino e un oratorio, a cui potevano accedere anche i fedeli esterni. Al piano terra si trova una sala con decorazioni paesaggistiche e soffitto a volta affrescato con soggetti mitologici, tutti di fine Settecento.

Presenta un ingresso per ogni cortile lungo l’antica strada Pra Balò e due ingressi al giardino di cui uno verso sud che lo collegava al borgo attraverso un viale alberato, e uno verso ovest che lo metteva in comunicazione con la campagna circostante.  Via Fratelli Bandiera, 7 (Nel centro abitato, non distinguibile dal contesto)

Palazzo Annoni



Il palazzo mostra caratteri seicenteschi.

Giovanni Pietro Vismara lo vendette il 2 ottobre 1648 a Luigi Pionnio. Un suo discendente, Gaetano Antonio Pionnio, lo lasciò in eredita a sua figlia Francesca, che a sua volta lo lasciò nel 1793 al marito Giulio Cesare Dell’Orto, che lo vendette nel 1796 a Gian Pietro Annoni.

E’ costruito su uno schema quadrangolare, di cui il lato est è costituito solo dal muro di cinta, il lato ovest è costituito dai rustici e a nord si trova un piccolo giardino. Via Annoni, 28 (Nel centro abitato, non distinguibile dal contesto)


Ex Convento Santa Maria della Rosa



Il quartiere di Santa Maria si sviluppa nella zona tra via Santa Maria, via Angelo Teotti, piazza V Giornate e corso San Martino. Si trova nei pressi del Castello, e corrisponde all'originario borgo alto-medievale di Abbiategrasso. Nel quartiere di Santa Maria si trovano la Chiesa di Santa Maria Vecchia, il Convento di Santa Maria della Rosa e Casa Orsini di Roma, il cui nucleo originario quattrocentesco si affianca all’ala neoclassica rifatta durante il 1700.   Via Santa Maria,


Vicolo Cortazza



Il primo documento che menziona il Vicolo Cortazza risale al 1411 ed è un esempio di via medievale con il suo percorso sinuoso.

Collega Via Annoni e C.so XX Settembre, su cui sbocca mediante un lungo androne arcuato.



Edicola di San Carlo



L’edicola di San Carlo protegge l’affresco raffigurante San Carlo Borromeo durante l’attentato che lo stesso cardinale subì nel 1569, quando un frate dell’ordine degli Umiliati cercò di ucciderlo con un colpo di archibugio.L’edicola, la cui struttura risale al 1904, venne completamente rifatta sopra la precedente costruzione ammalorata, esiste probabilmente dal secondo decennio del 1600.Ignoto è l’autore del dipinto di buona fattura e fedele ai tratti del volto del Borromeo, il cui realismo lascia supporre che fosse probabilmente coevo al santo.


Villa Sanchioli



L’edificio risale presumibilmente alla seconda metà del Settecento con una pianta a C asimmetrica ed una torretta nella parte sud.

Lungo la via Cattaneo si trovava l’ala rustica che arrivava sino all’incrocio con via Donatori di Sangue e che è stata demolita.

All’ingresso si trova un cortile dove, una volta, al centro c’era un pozzo; sulla sinistra si trova l’oratorio, costruito nel 1755 e dedicato alla Regina delle Vergini con accesso anche dalla strada pubblica.

Da questo oratorio proviene il quadro della Madonna che si conserva nella ex sala consigliare, che si trova nella sede di via Marconi.

Dal 1987 la villa è di proprietà comunale che l’ha restaurata e la usa come sede dell’Ufficio Tecnico. Viale Carlo Cattaneo, 2



Basilica di Santa Maria Nuova



La basilica, edificata nel 1388 in occasione della nascita in città del figlio di Gian Galeazzo Visconti, Giovanni Maria, è preceduta da un quadriportico rinascimentale che rivela in facciata la grande arcata del pronao (1497) lasciato incompiuto, secondo alcune interpretazioni, da Donato Bramante e che rappresenta l'ultima opera eseguita dal maestro in terra lombarda. Divenuta il principale centro religioso della città già a partire dal XIV secolo, divenne sede parrocchiale solo a partire dal 1578, in occasione di una visita di san Carlo Borromeo. Con questo nuovo status, la struttura dell'edificio variò nel corso dei secoli, soprattutto nell'area del pronao che venne concluso brillantemente nel '500 da Tolomeo Rinaldi, mentre nel XVIII secolo venne eretta una nuova sagrestia sul lato settentrionale del presbiterio.

A questi lavori di ampliamento, si affiancò anche l'edificazione di un ossario ai piedi del campanile e la realizzazione di un nuovo ingresso nell'attuale quadriportico. Le modifiche interne allo stabile, realizzate nel 1740, sono oggi attribuite a Francesco Croce, impostate su una concezione dello spazio tipicamente barocca con una navata centrale rialzata, illuminata da finestroni eclettici che accompagnano la luce nelle grandi volte a crociera che andarono a sostituire le precedenti strutture a capriate. Lungo i lati della chiesa, nel medesimo periodo, vennero realizzate cinque nuove cappelle.

L'Ottocento apportò nuovi lavori di ristrutturazione, soprattutto nella decorazione delle volte affrescate e nello specifico delle balaustre e nella pavimentazione marmorea.

La facciata della chiesa risale invece al XV secolo e si trova posta in un quadriportico rinascimentale realizzato con colonne a capitelli di stile gotico, accompagnati da arcate in cotto, inframezzate da medaglioni molti dei quali originali mentre all'interno la cappella è arricchita da una decorazione a graffito quattrocentesca, tipicamente lombarda.

Nel 1825 in questa chiesa ricevette il battesimo (con il nome di Gaetano Antonio Vigevano) il sacerdote cappuccino Padre Carlo da Abbiategrasso, dichiarato Venerabile da Papa Francesco il 13 dicembre 2021, e le cui spoglie riposano presso il Santuario della Madonna dei Cappuccini a Casalpusterlengo.

Chiesa di San Bernardino



La chiesa di San Bernardino costituisce in Abbiategrasso un esempio notevole del barocco lombardo del XVII secolo, dopo le ristrutturazioni appostate da Francesco Maria Richini.

La chiesa venne originariamente eretta nel XV secolo in onore di San Bernardino che la tradizione vuole essere stato accolto in città nel 1431. Col tempo si sentì la necessità di realizzare una chiesa più grande che potesse accogliere un numero sempre maggiore di fedeli, la cui prima pietra venne posta il 30 agosto 1614. I lavori si protrassero in vari stadi: nel 1686 venne progettato e realizzato il coro, mentre il campanile venne eretto solo nel 1717.

La chiesa dispone ancora oggi di una pianta rettangolare, caratterizzata da una facciata tipicamente barocca sempre progettata dal Richini, decorata con lesene, statue e ornamenti architettonici che arricchiscono l'impatto visivo dello spettatore sulla chiesa. L'interno è invece contraddistinto da un'unica navata con una volta a botte, decorata con stucchi e marmi, mentre l'altare risale all'inizio del XIX secolo. Sul medesimo si trova una nicchia con una statua raffigurante la Vergine del Rosario, opera dello scultore Grazioso Rusca, risalente al 1820.

L'organo posto in controfacciata è opera dei celebri fratelli Prestinari di Magenta (Mi) e fu costruito nel 1853 col numero d'opus 280. Lo strumento, in disuso dagli anni sessanta del secolo scorso è oggi inutilizzabile ed in attesa di restauro.

Chiesa di San Rocco



L'edificio in origine affacciato sul Naviglio Grande di Abbiategrasso nel punto in cui venne derivato il Naviglio di Bereguardo, venne costruita dalla popolazione abbiatense in adempimento di un voto fatto per mettersi sotto la protezione di San Rocco durante la peste del 1630. I lavori terminarono nel 1632 quando venne consacrata la mensa. La chiesa ottenne una notevole donazione nel 1663 grazie al possidente Galeazzo Tarantola che qui stabilì con legato testamentario una cappellania a nome della sua famiglia.

A livello architettonico, la chiesa presenta una facciata leggermente arretrata rispetto all'allineamento degli adiacenti edifici, sull'attuale viale Mazzini, e si presenta divisa in due ordini e coronata da timpano, è ornata ai lati del portone da nicchie con statue di santi. L'edificio è a navata unica di pianta quasi rettangolare con muri perimetrali in laterizio a mattoni pieni a vista. Elemento caratteristico è il campanile in muratura rimasto incompleto e con soli due muri perimetrali. La navata della chiesa è coperta con volte a botte semplici e lunettate in muratura, il presbiterio con volta a crociera a sesto ribassato. La copertura è a tetto semplice a due falde simmetriche sulla navata e a tre falde a padiglione sopra il presbiterio, con capriate in legno. Il manto è in coppi di laterizio. L'interno conserva un'interessante pala d'altare. L'organo, in attesa di restauro, venne costruito da Luigi Bernasconi di Varese nel 1893.

Chiesa di San Pietro



Il complesso è costituito dalla chiesa, con annessa cappella della Madonna, battistero e locali deposito, e a destra dell'abside, dall'alto campanile barocco. I muri perimetrali sono in laterizio a mattoni pieni a vista nella chiesa e intonacati esternamente nel campanile. Le strutture orizzontali nella chiesa sono costituite da volte e cupole in muratura e da solai in laterocemento, mentre nel campanile vi sono alcuni solai in legno e altri in laterocemento. La copertura della chiesa è mista a falde e a padiglione con colmi differenziati e manto in coppi di laterizio; il cupolone è coperto da tetto a pianta circolare con forma a cono in lastre di rame. Elemento caratteristico del campanile è la copertura a bulbo in rame. All'interno è conservato un pregevole organo realizzato nel 1821 dai celebri fratelli Serassi di Bergamo con numero d'opus 391. Lo strumento è stato restaurato nel 1996 dalla famiglia Mascioni di Cuvio (Va).

Chiesa di Sant'Antonio Abate



Situato nella frazione di Castelletto Mendosio, l'edificio a navata unica con pronao, due cappelle laterali, presbiterio, sacrestia e campanile (inglobato in parte nella chiesa e sacrestia). I muri perimetrali sono in muratura a corsi regolari in laterizio a mattoni pieni, mentre il pronao è sorretto da quattro colonne in granito. Il corpo principale è coperto da volte a botte e a crociera in muratura, il pronao da volta a schifo a pianta rettangolare e la sacrestia da volta a schifo lunettata. Il campanile ha invece alcuni solai in legno ad orditura semplice ed altri sono stati sostituiti in laterizio. La chiesa è coperta con tetto a capanna a due falde asimmetriche e falde a padiglione sulle cappelle laterali, pronao e presbiterio. La struttura della copertura è in legno con travi poggianti su muri e manto in coppi. Il campanile ha tetto a padiglione a pianta quadrata con manto in rame

Ex chiesa di Santa Maria Vecchia



La chiesa di Santa Maria Vecchia era l'antica chiesa di Abbiategrasso. L'edificio, ancora persistente nel complesso, custodisce alcuni affreschi risalenti all'epoca rinascimentale, anche se il nucleo originale della chiesa è riconducibile al XII secolo.

La chiesa, nel corso dei secoli, venne anche utilizzata a partire dalla prima metà del Quattrocento dalle monache benedettine del Convento di Santa Maria della Rosa, fondato non lontano e sprovvisto di una propria cappella per i divini offici. Le monache però dovettero abbandonare presto questa tradizione in quanto così facendo si trovavano costrette a dover infrangere la regola della clausura per assistere quotidianamente alla messa. Per questo San Carlo Borromeo, nel corso di una visita pastorale in cui prese coscienza del problema, fece modificare la struttura dell'edificio e fece costruire una piccola chiesetta interna ad uso del convento, cambiando l'ingresso principale della struttura che venne completamente rivoltata, con l'altare in luogo dell'abside e viceversa.

Alle riforme di Giuseppe II, sul finire del XVIII secolo, il convento venne chiuso e la chiesa sconsacrata, rimanendo tale per tutto il periodo napoleonico sino ai giorni nostri, quando la struttura è stata affidata ad una scuola di danza.

Il complesso è costituito dalla ex chiesa e dal campanile.

Casa Omati Cattaneo



Apparteneva ai nobili abbiatensi Omati fino al 1750 ed il loro stemma si trova sulla cappa del camino.

In seguito passò a Stefano Cattaneo, che la frazionò e la mise a reddito. A piano terra furono poste le botteghe.

Ciò che rimane oggi è la stanza del camino con gli affreschi, inglobata nel salone aperto al pubblico del Monte dei Paschi di Siena (già Banca Popolare di Abbiategrasso).  Piazza Castello, 8,


Palazzo Corio Litta Visconti



La famiglia milanese dei Corio deteneva vari possedimenti nel territorio abbiatense già dalla metà del Quattrocento.

Il palazzo si pensa risalga ai primi anni del Cinquecento, dopo che una lettera ducale permise ai Corio di aprire una chiusa sul Naviglio per irrigare le loro proprietà.

Il palazzo e i terreni annessi rimasero in mano alla famiglia Corio (che controllava il dazio della Ripa Naviglio a Castelletto) fino a 1766, quando furono venduti al Conte Pompeo Litta Visconti.

Il palazzo oggi visibile è il risultato della ristrutturazione eseguita dopo il 1722.

La struttura è in stile barocco lombardo, con pianta a “C”, a due piani di cui il primo è occupato da un porticato a colonne con archi ribassati e volte a crociera.

Il suo stile barocco lombardo si basa sull’uso semplice ed elegante del mattone a vista impreziosito con particolari in malta bianca come cornici alle finestre e lesene spesso aggettanti, già visibile dalla facciata principale su viale Mazzini che fino agli anni '60 del secolo scorso era navigabile.

Purtroppo la struttura si presenta in stato di abbandono.  Viale Mazzini, 97 (nel centro edificato storico perimetrato al 1991)


Istituto geriatrico Camillo Golgi



Nel 1782 l’imperatore d’Austria Giuseppe II ordinò la soppressione del convento di S. Chiara (che già aveva sostituito nel 1476 il monastero femminile di San Martino) e lo sostituì con la Pia Casa dei Poveri Impotenti Incurabili e Schifosi, per il ricovero di tutti i poveri inabili al lavoro e con gravi malattie fisiche o psichiche di Milano.

Dal 1966 il nome della Pia Casa venne mutato in Istituto Geriatrico Camillo Golgi in ricordo del famoso anatomo-patologo che fu primario della struttura alla fine del 1800 e che fu poi insignito (per primo in Italia) del premio Nobel per la medicina nel 1906 per la tecnica, messa a punto proprio in questo istituto, base per la scoperta dell'Alzheimer.

All'interno dell'Istituto è presente la bella Chiesa di San Carlo.  Via E. Samek Lodovici, n.5


Casa del Guardiano delle Acque



Edificio di cui si hanno notizie fin dal 1618, qui risiedevano le massime autorità amministrative del Naviglio Grande, e qui venivano riscosse le gabelle delle imbarcazioni che si dirigevano a Milano, tranne quelle che portavano la scritta AUF, cioè portavano il materiale riservato alla cattedrale metropolitana, l'attuale Duomo. Qui risiedevano il Camparo, il Commissario ed il Questore delle Acque. L'edificio non presenta particolari decorazioni artistiche, ma rappresenta un eccellente esempio di architettura funzionale-amministrativa tardo Rinascimentale del Ducato di Milano. Oggi giace in stato di abbandono, in attesa di riqualificazione. Piazza Golgi, 1, 3 

Casa Albini



Il quattrocentesco edificio a tre piani, caratterizzato dalla presenza di due finestre ad arco acuto, è situato in pieno centro storico all'angolo tra le attuali via Teotti e piazza Golgi. Come testimoniano le ricerche compiute da M. Comincini, nel '500 esso appartenne alla famiglia Pianca, prima di venire frazionato, nel 1589 in quattro parti ed assegnato ad altrettanti eredi. L'edificio era costituito da botteghe al piano terreno e da abitazioni con locali al piano superiore; nella corte era presente una conceria di pellami. I numerosi passaggi di proprietà e le frequenti ristrutturazioni subite dall'edificio nel corso dei secoli, due delle quali documentate nel 1705 e nel 1787, hanno profondamente alterato l'originaria volumetria del palazzo, lasciando traccia nella curiosa facciata che con le sue luci a vari livelli maschera la reale successione dei piani. Il restauro compiuto alla fine degli anni settanta ha permesso il recupero di un edificio del nucleo quattrocentesco del centro. Piazza Golgi, 1, 3

Casa Paquet



Situato lungo il viale Mazzini, nella zona periferica in prossimità dell'incrocio con la strada statale per Vigevano, il palazzo a due piani, si sviluppa intorno ad una corte stretta ed allungata (divisa da un muro aperto da un cancello). Come emerge dalla documentazione catastale settecentesca, presso l'edificio, prospettante allora la Ripa del Naviglio di Abbiategrasso, si trovava una fonderia per la lavorazione dei metalli. Decaduto e manomesso per ricavare modesti alloggi, il palazzo presenta una facciata caratterizzata da una grande edicola sacra con cornice ovale in rilievo e conserva ancora le tracce delle cornici mistilinee settecentesche in malta che decoravano le finestre. Sulla corte si affacciano ballatoi in pietra con modeste ringhiere in ferro; il lato meridionale è ornato da una coppia di nicchie, originariamente dipinte e destinate forse a contenere piccole statue ornamentali. 
Viale Mazzini, 139 (nel centro abitato) 

Palazzo Citterio Sala Cocini


La famiglia Citterio si trasferì a Milano alla fine del Cinquecento e nel 1732 ottenne da Carlo VI il titolo di Marchesi di Bollate. Le loro tracce in Abbiategrasso non sono limitate al palazzo e alle proprietà in quanto furono molte le opere di carità che attuarono, soprattutto nelle campagne e nelle chiese.

Il palazzo e l’immenso giardino, passarono poi alla famiglia Sala e di seguito alla famiglia Cocini: fu quest’ultima a volere il frazionamento del giardino e la vendita dei rustici per permettere la costruzione di palazzine moderne. Il palazzo è da considerare, tra tutte le residenze abbiatensi sorte a cavallo tra i secoli XVII e XVIII, l’unico esempio di complesso omogeneo nel quale si è riusciti a raggiungere un risultato finale dal notevole effetto scenografico.

Ai lati del corpo nobile del palazzo esistevano due avancorpi destinati a rustici nei quali erano inserite le stalle e gli ambienti di servizio. Nel secolo scorso queste parti sono state demolite per permettere la costruzione della Chiesa del Sacro Cuore che oggi occupa il corpo nobile come oratorio e la parte di giardino rimasta come campo da calcio.

Dietro al palazzo si estendeva il giardino privato, il più grande mai realizzato in Abbiategrasso, circondato da un muro di cinta abbellito da edicole con lesene e timpani curvilinei dalle forme tipicamente settecentesche. Il giardino era diviso in varie parti di cui una di rappresentanza verso il palazzo dalle forme tipiche del giardino all’italiana, una a vite e una utilizzata a limonaia. Viale Mazzini, 83


San Rocchino


L’Oratorio di San Rocchinovenne costruito a ricordo della peste del 1507.

Inizialmente si presentava tutto affrescato e con un piccolo portico antistante la porta d’entrata, che è quella oggi utilizzata a vetrina dal negozio. Tale entrata si presenta oggi incorniciata da stipiti in pietra e sovrastata da un occhio decorato con una voluta.

La facciata dell’oratorio, che ne indica anche la grandezza originaria, è ancora riconoscibile grazie alle due lesene ai lati e al cornicione con motivo a tetto.

Nel 1630 il piccolo edificio fu restaurato, ma solo sei anni più tardi, ormai abbandonato, fu tolta la pietra sacra dall’altare e abolito il permesso di celebrare messe. Viale Mazzini, 27


Palazzo Sacchei


Questo palazzo originariamente era del Conte Francesco Corio Visconti che, alla sua morte, lasciò tutto il suo patrimonio al Monte di Pietà di Abbiategrasso che decise di dividere in due parti il palazzo per venderlo.

Antonio Sacchei, che era amministratore del Conte, acquistò entrambe la parti, anche se in due momenti diversi, per ricavarvi il suo palazzo.

Dipinti, argenti e mobili originali furono venduti e il ricavato fu dato in beneficenza; camini e porte sono andati perduti nel degrado seguito alla messa in affitto dell’immobile.

Il palazzo iniziale aveva una forma a “C” come si vede dal catasto del 1722, ed era aperto su un grande giardino. Il palazzo che vediamo oggi invece è di forma quadrata con due cortili, senza il giardino e con una facciata a tre piani, il cui piano terra ospita dei negozi, uno di questi è inserito nel vecchio oratorio di San Rocchino.

Al primo piano (il piano nobile) si possono notare delle belle finestre con cornice aggettante in malta e cappello con falda inclinata molto pesante. Al centro movimenta la facciata una porta finestra con cornice aggettante in malta con timpano ricurvo e decorato abbinato ad un bel balconcino in ferro battuto. Notevoli sono anche le quattro finestre con persiane rosse dipinte che in questo modo completano e riempiono la facciata. 

 Via Mazzini, 25 (Nel centro abitato, integrato con altri edifici)


Palazzo Cattaneo


I membri della famiglia Cattaneo risiedevano a Milano, ma avevano vasti possedimenti nell’abbiatense. Tra il 1668 e il 1670 Vincenzo Cattaneo acquistò due proprietà attigue, nel Settecento esse furono ristrutturate e sono quelle che vediamo oggi.

La facciata presenta uno stile noto come barocchetto teresiano.

All’interno ci sono due cortili e un piccolo giardino, decorato con elementi architettonici prospettici.

Sotto l’androne d’entrata è conservato un affresco cinquecentesco raffigurante la Vergine con il bambinoCorso Giacomo Matteotti, 41


Piazza Marconi



In antichità era la piazza del mercato settimanale e, con le vie limitrofe, della fiera ed era detta platea.

Verso Corso Italia si trova la parte porticata più antica, trecentesca.

Le altre porzioni porticate sono del Cinquecento.

Sull’attuale lato del Comune si trovano invece gli interventi Seicenteschi: il Palazzo Comunale, che era sede del Podestà e della notaria comunale. Sulla torretta si trova la campana più antica della città, fusa nel 1716 e dedicata alla patrona Santa Rosa da Lima.

La facciata del palazzo comunale è opera settecentesca dell’architetto Francesco Croce.


Balconcino medievale



Tra piazza Marconi e la Basilica Santa Maria Nuova si trova uno splendido balconcino quattrocentescosi tratta dell'ultimo rimasto di tutta la provincia di Milano.

Le decorazioni superiori sono ancora quelle originali, mentre quelle inferiori sono probabilmente ottocentesche con il simbolo della famiglia proprietaria.


Passaggio centrale



Detto "el Strisciö"… ma una volta era chiamato anche “la stretta dei signori Cambiaghi”.

Al civico n. 6 si trova un cortiletto con due piani a loggia di gusto rinascimentale, con colonne in serizzo e archi con ghiere in cotto. E’ l’unico esempio di architettura mercantile sopravvissuta all’interno del borgo.


STORIA

L'origine del nome Abbiategrasso ha radici profonde nella lingua celtica e quella latina, che per mezzo di traslitterazioni e crasi portarono al nome odierno.

La radice del nome Abbiategrasso potrebbe derivare dal celtico Abia (acqua) + atis (desinenza toponomastica) , per cui la traduzione sarebbe Luogo d'Acqua, nome che avrebbe origine quindi dalle caratteristiche del luogo, poiché Abbiategrasso, oltre a sorgere a meno di una decina di chilometri dal Ticino, sorge sulla cosiddetta Linea dei Fontanili, ovvero il punto in cui tutti i corsi sotterranei che caratterizzano l'alta Pianura Padana riemergono a livello del suolo, formando numerosi rivoli.

Il periodo di dominazione romana vide la latinizzazione delle popolazioni presenti sul territorio dell'abbiatense, tra cui la tribù di Galli che ivi era insediata e che prese il nome di Gens Abia o Avia, il cui nome deriverebbe appunto dal celtico.

Il nome latinizzato divenne probabilmente Habiate; infatti risale al 1304, in piena epoca medievale, un documento che si riferisce all'abitato come Habiate qui dicitur Grassus, un titolo, quello di grassus, dovuto al fatto che il borgo sorgeva su quella che veniva chiamata la valle grassa, ovvero la valle fertile.

Successivamente i due nomi furono uniti e italianizzati nell'attuale nome di Abbiategrasso.

La zona dell'Abbiatense, come tutta la pianura padana occidentale, fu abitata fin dall'Età del bronzo da tribù liguri, celtiche o celto-liguri quali gli Insubri, cui seguirono a partire dal IV secolo a.C. le popolazioni galliche provenienti da oltralpe. Un forte impulso alla crescita giunse però solo in epoca romana, come testimoniano i ritrovamenti avvenuti nelle cascine del territorio ed in particolare alla cascina Pestagalla, dove nel 1954/1955 è stata rinvenuta una grande necropoli con 270 tombe di cremati, stanziati in una comunità agricola locale. Gran parte di questi antichi insediamenti sorgevano sulla via mercantile (“Strada Mercatorum”, oggi Strada Mercadante) che scorreva parallela al fiume Ticino. Il Parodi, in una sua relazione sulla storia di Abbiategrasso, sostiene addirittura che nel celebre scontro sul Ticino tra Annibale ed i Romani, genti di Ozzero e di Abbiategrasso avessero preso parte alla battaglia, schierandosi con i celti.

L'economia era quindi basata principalmente sull'agricoltura, con la coltivazione di cereali, la produzione di vino e olio e l'allevamento di bestiame. In epoca romana il territorio di Abbiategrasso era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica. Alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il territorio subì le invasioni celtiche, fino allo stanziamento dei Longobardi, e successivamente anche le razzie delle tribù ungare tra la fine del IX secolo e l'inizio del X secolo. Nel 1034 Abbiategrasso era già possedimento dell'arcivescovo di Milano, che fece costruire un avamposto difensivo, distrutto nel 1162 durante la calata in Italia di Federico Barbarossa.

Negli anni successivi il borgo si sviluppò non più solamente intorno alla chiesa di San Pietro, ma anche verso sud, dove nei pressi dell'attuale chiesa di Santa Maria Vecchia sorgeva un piccolo castello. Quest'ultimo abitato divenne il principale centro di riferimento, mentre il borgo più antico continuò a crescere con una certa autonomia, ravvisabile urbanisticamente ancora oggi. A partire dal XII secolo, Abbiategrasso passò sotto la direzione territoriale e spirituale della Pieve di Corbetta.

Nel 1277 Abbiategrasso divenne parte dei domini del contado della città di Milano, passata sotto il governo dai Visconti, che qui iniziarono una serie di opere per fortificare il borgo, grazie in particolare all'opera di Matteo I Visconti, che esercitò le funzioni di vicario generale per conto dell'imperatore Arrigo VII e di Galeazzo II Visconti che, in coreggenza con i fratelli, ottenne la gestione dei beni che comprendevano, tra gli altri, Vigevano ed Abbiategrasso. Bianca di Savoia, all'atto del suo matrimonio con Galeazzo II, ottenne dal consorte la signoria del borgo di Abbiategrasso e qui prese la propria dimora estiva, all'interno della primitiva rocca esistente in paese.

A partire dal 1381 venne eretto il castello visconteo ancora oggi visibile e sempre al XIV secolo risale la citazione documentaria di tre porte cittadine, quella detta "di San Pietro", quella detta di "San Martino" e quella detta "Nuova", il che fa presumere che Abbiategrasso fosse già dotata di un sistema murario articolato. Risale a questo periodo (1373, per concessione della stessa Bianca di Savoia) lo stemma cittadino, quando il borgo ottenne il potere giudiziario.

Nel 1405, per far fronte alle spese militari sostenute, il duca Giovanni Maria Visconti vendette per 11.000 fiorini d'oro la terra ed il castello di Abbiategrasso alla famiglia di Giovannolo da Vimercate, insieme a Ubertino da Ghiringhelli, Giacomo da Cardano, Giacomo Biglia e Martino Bianchi da Velate. Questi nuovi feudatari, ad ogni modo, detennero solo per breve tempo i possedimenti di Abbiategrasso, dal momento che nel 1411 la città venne occupata dal condottiero Facino Cane, al servizio di Gian Galeazzo Visconti e poi di Giovanni Maria, prendendo quindi possesso di Alessandria, Piacenza e Pavia. Il feudo tornò ai duchi di Milano, che lo passarono a Beatrice di Tenda, già vedova di Facino Cane e moglie poi del duca Filippo Maria Visconti, la quale soggiornò spesso al castello sino al 13 settembre 1418, quando da qui venne trasportata verso il castello di Binasco, dove venne decapitata per tradimento.

Nel 1431 sostò ad Abbiategrasso Bernardino da Siena, ospite del duca di Milano, che lo aveva molto in considerazione.

Nel 1450, alla presa di potere da parte di Francesco Sforza che abbatté la Repubblica Ambrosiana sorta dopo la morte dell'ultimo Visconti, Abbiategrasso giocò un ruolo fondamentale: mentre il condottiero Sforza teneva sotto assedio Milano, nell'impossibilità di attaccarla direttamente, decise di prenderla per sfinimento e quindi si accanì su Abbiategrasso dove, secondo quanto riportato anche da Pietro Verri nella sua Storia di Milano, deviò le acque che giungevano ai mulini e privò la metropoli milanese dei suoi rifornimenti esterni di grano.

Ad Abbiategrasso, dal suo matrimonio con Galeazzo Sforza nel 1468, risiedette la duchessa consorte Bona di Savoia e sempre qui, nel 1469, nacque il duca di Milano Gian Galeazzo Sforza.

L'ultimo atto di interesse storico nel ducato di Milano riguardante la città di Abbiategrasso risale all'8 marzo 1523, quando il duca Francesco II Sforza donò metà dei propri possedimenti e della rocca della città al nobile Pietro Pusterla, decretando così la fine dell'interesse ducale per la corte abbiatense.

Nella primavera del 1524 l'imperatore Carlo V, che aveva ereditato il ducato di Milano alla morte dell'ultimo duca, sconfisse le armate francesi (che vantavano le medesime pretese sul milanese) nella battaglia di Romagnano. Il contingente francese si ritirò nella rocca di Abbiategrasso con a capo l'ammiraglio Guillaume Gouffier de Bonnivet. Abbiategrasso venne cinta d'assedio dalle truppe degli imperiali, che costrinsero i francesi a ritirarsi verso il Piemonte e da li in Francia. Lo stesso imperatore Carlo V entrò in Abbiategrasso il 14 marzo 1533 sulla via per raggiungere e prendere possesso del ducato di Milano.

Il Ducato di Milano passò quindi sotto l'influenza e l'occupazione spagnola, che fece dapprima rafforzare le mura e poi demolire il castello di Abbiategrasso, che ormai aveva perso la propria funzione strategica con l'entrata in uso della polvere da sparo. La demolizione della struttura fu ad ogni modo solo parziale: il castello visconteo venne ridotto a semplice casa nobiliare, per poi tornare di uso pubblico a metà dell'Ottocento.

Il 30 marzo 1570 San Carlo Borromeo, all'epoca arcivescovo di Milano, decise di erigere la chiesa di San Pietro di Abbiategrasso al rango di parrocchia ed il 2 aprile 1578 la proclamò prepositurale, distaccandola quindi dal secolare legame che stringeva la città di Abbiategrasso e la sua chiesa alla Pieve di Corbetta ed andando a costituire la Pieve di Abbiategrasso, comprendente anche le parrocchie suburbane e di Castelletto Mendosio. Nell'ottobre del 1604 il borgo ricevette in visita pastorale anche il cardinale Federico Borromeo.

Nel 1707 Abbiategrasso passò sotto il controllo austriaco, cui restò soggetto fino al 1859, dopo un'intensa attività risorgimentale. Nel 1786 Abbiategrasso fu inserita nella provincia di Pavia e poi nel dipartimento del Ticino.

Dopo la fine del periodo napoleonico, Abbiategrasso venne coinvolta direttamente negli avvenimenti della Prima guerra d'indipendenza italiana, dapprima accogliendo Giuseppe Mazzini come profugo presso la residenza estiva del nobile Gaspare Stampa e poi con la vicenda del patriota Serafino Dell'Uomo, tragicamente ucciso ad Abbiategrasso ed ivi sepolto.

Con il passaggio al Regno d'Italia Abbiategrasso si sviluppò anche dal punto di vista industriale e la sua crescita venne accompagnata dall'edificazione di un ospedale nel 1882, di un imponente cimitero e di nuove scuole. Abbiategrasso divenne capoluogo di un circondario della provincia di Milano.

Nel 1869 venne aggregato ad Abbiategrasso il soppresso comune di Castelletto Mendosio.

Nel 1870 fu aperta la linea ferroviaria Milano - Mortara, che provocò il declino del trasporto fluviale sui Navigli. Ad Abbiategrasso fu costruita una stazione ferroviaria grazie al contributo dei commercianti locali, che si autotassarono per far sì che il tracciato della linea ferroviaria passasse per il comune.

Il 31 marzo 1932 Abbiategrasso fu insignita del titolo di città.


FRAZIONI

Ca´Di Biss, Castelletto

Castelletto Mendosio

L'etimologia del nome di Castelletto Mendosio è probabilmente da ricondursi per la prima parte alla presenza di un antico castrum romano o perlomeno di un fortilizio medievale che avrebbe dovuto trovarsi nell'area corrispondente all'attuale chiesa parrocchiale, ovvero all'area più rialzata dell'abitato e in posizione strategica alla confluenza dei due rami del corso d'acqua. Il borgo di Mendosio, invece, si sviluppava attorno all'omonima cascina che venne alla fine inglobata entro i confini del comune.

Castelletto Mendosio fu un antico comune del Milanese e sin dal 1609 fu sede di parrocchia, comprendendo il più antico abitato di Castelletto, nei pressi del Naviglio Grande e quello più distaccato di Mendosio.

Le origini dell'abitato risalirebbero al XIII secolo quando venne a formarsi un piccolo agglomerato urbano per sostenere i lavoranti che stavano collaborando alla realizzazione degli scavi del Naviglio Grande.

Non è ben chiaro se in origine si trattassero di due insediamenti distinti, l'uno denominato Castelletto e l'altro Mendosio dal momento che ancora nel Settecento si trovano denominazioni separate per il nome della frazione.

Negli estimi catastali di Carlo V il borgo risultava compreso all'interno della Pieve di Rosate con la quale era infeudato alla famiglia degli Stampa di Milano (che qui fecero costruire un loro palazzo) e nel XVIII secolo comprendeva un totale di circa 250 abitanti, guidati da un console e da un sindaco delegati a rappresentare la comunità. La comunità venne liberata dal dominio feudale solo con la fine dello stesso grazie alle Leggi Giuseppine della fine del XVIII secolo. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 348 abitanti. Nel 1811 il comune fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso ad Abbiategrasso. Il Comune di Castelletto Mendosio fu quindi ripristinato con il ritorno degli austriaci, venendo però spostato in Provincia di Pavia. Nel 1859 il paese, riportato sotto la giurisdizione di Milano, risultava salito a 490 abitanti. In quello stesso anno, nell'ambito degli eventi della battaglia di Magenta, il borgo di Castelletto venne occupato dalle truppe francesi del generale François Certain de Canrobert dopo che gli austriaci, nel corso di una rocambolesca ritirata verso Milano, ne avevano minato tutti i ponti per frenare l'avanzata dei franco-piemontesi.

Un regio decreto di Vittorio Emanuele II del 21 marzo 1869 sciolse definitivamente il comune, annettendolo per sempre ad Abbiategrasso e facendogli assumere la denominazione alternativa di Castelletto di Abbiategrasso con cui ancora oggi è noto. Con l'annessione ad Abbiategrasso, per il borgo iniziò un'epoca di decadenza, dettata già nel 1870 dall'apertura della linea ferroviaria Milano-Mortara, che causò il declino del trasporto fluviale sul Naviglio e di conseguenza di uno dei principali introiti di natura commerciale di Castelletto.

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