BOLLATE (Mi)

 

Bollate è un comune italiano  della città metropolitana di Milano in Lombardia. Integrato nella conurbazione dell'hinterland milanese, è uno degli 11 comuni nell'area del Parco delle Groane.

Bollate è a nord ovest di Milano, a circa 12 chilometri a nord dal centro del capoluogo, mediamente a 150 m s.l.m. 

Il nome Bollate ha due possibili interpretazioni: l'una lo individua derivante dal celtico beola, ovvero betulla, con riferimento agli alberi di tale specie che ancora al giorno d'oggi sono presenti in parte del suo territorio, precisamente nella zona di Castellazzo, dove il terreno a ferretto delle Groane permette la presenza di questa specie tipica della montagna e delle prealpi. L'altra interpretazione fa risalire il toponimo al termine di derivazione latina bula, pozza d'acqua, con riferimento ai fontanili, presenti in gran numero sul territorio bollatese. Bollate si trova infatti sulla linea delle risorgive.

I primi insediamenti dei Celti nella pianura padana sono datati intorno al V secolo a.C.; a testimonianza di una presenza stabile nel territorio a nord di Milano sono ascrivibili i ritrovamenti di tombe celtiche a Paderno Dugnano, Castellazzo, Garbagnate e a Baranzate (nella zona di via Nazario Sauro).

Come noto, i combattimenti tra Celti e Romani furono lunghi e cruenti iniziando dal II secolo a.C., quando i Romani conquistarono parte della Gallia Cisalpina, e terminarono verso il 50 a.C. dopo che Giulio Cesare conquistò la Gallia Transalpina e concesse la cittadinanza romana ai Celti. In età romana era presente un insediamento militare fortificato collocato in posizione molto prossima all'attuale centro cittadino (via Roma, vicolo dei Romani, Cantun Sciatin) a sinistra del torrente Pudiga. Tra il V e il VII secolo d.C. divenne una delle pievi più importanti del territorio a nord di Milano. Da Bollatum, nome romano di Bollate, passava la Via Mediolanum-Bilitio, che metteva in comunicazione Mediolanum (Milano) con Luganum (Lugano) passando da Varisium (Varese).

Il documento più antico che cita il moderno toponimo di Bollate (o meglio Bolate) è relativo alla donazione di terreno alla Chiesa prepositurale di San Martino (ancor oggi patrono della città) nel 1039. Nell'XI secolo Milano acquistò una crescente importanza ed indipendenza dal Sacro Romano Impero. Distrutta nell'aprile del 1162 da Federico I Barbarossa, rinacque dopo la vittoria della Lega Lombarda nella battaglia di Legnano. La pieve di Bollate sostenne inizialmente la lotta dell'imperatore Federico Barbarossa contro Milano; Ambrogio da Bollate guidò i propri compagni nei combattimenti ingaggiati a porta Vercellina dove morì nel 1161. Successivamente cambiarono alleanza e, aderendo alla Lega Lombarda, combatterono a fianco dei milanesi nel corso della famosa battaglia di Legnano del 29 maggio 1176. Da documenti della pieve di Bollate è possibile dedurre che a quell'epoca il comune fosse cinto da mura e disponesse di due castelli: uno sul torrente Pudiga (nel tratto ora tombinato) tra attuali piazze Solferino e San Francesco e l'altro vicino a vicolo dei Romani.

La pieve di Bollate spopolatasi al tempo delle lotte tra le opposte fazioni dei guelfi e dei ghibellini, cui seguirono quelle tra i Visconti e i Torriani, e successivamente funestata dalla peste, nel corso del medio evo perse gradualmente la sua rilevanza. Intorno al 1570 si trasformò in contea che divenne feudo dello spagnolo don Jorge Manriquez de Lara. Agli inizi del Seicento la contea evolve in marchesato alle dipendenze del Ducato di Milano.

Il governo di Napoleone dispose un potente ampliamento del comune: nel 1809 furono annessi Baranzate e Roserio, nel 1811 furono incorporati Novate, Vialba e Cassina Triulza, salendo da 1459 a 2898 abitanti. Nel 1812 il generale Carlo Badile si spinse fino alle porte di Milano con l'intento di annettere con le armi la famigerata contrada cisalpina di Quarto Oggiaro, rinomata per la produzione di lame e mirra. Dopo un assedio di 46 giorni, l'intervento austriaco spinse i bollatesi oltre le rive del Seveso. Tuttavia gli animi espansionistici da quel giorno non furono mai più sopiti.

Con regio decreto del 17 marzo 1869 Bollate annesse Baranzate e Cassina Nuova. Significativo l'aumento della popolazione negli anni novanta, per effetto della massiccia urbanizzazione (oltre 700.000 m² di edificazioni residenziali): gli abitanti del comune, prima della separazione di Baranzate, erano arrivati a 50.000. La frazione di Baranzate è stata eretta comune autonomo con legge regionale 22 maggio 2004 n. 13 in vigore dall'8 giugno 2004. Al netto degli abitanti di Baranzate, la popolazione (dicembre 2006) del comune di Bollate risulta essere di 37.360 unità.

FRAZIONI

 Ospiate,

Cascina del Sole

Le prime testimonianze della sua esistenza risalgono a una pergamena del 1289 della Chiesa di S. Lorenzo in Milano, unita a un documento del Comune di Milano dell'anno successivo, che cita fra le proprietà del Monastero di Santa Maria del Lentasio due campi situati ad Cassinam de Sole. Secondo lo studioso di toponomastica Dante Olivieri, la frazione è stata così chiamata perché ben esposta al sole.

Cassina Nuova

Fu un antico comune del Milanese, chiamato nei documenti d'epoca spagnola come "Cassina Nova de' Dugnani". Nell'estimo voluto dall'imperatrice Maria Teresa nel 1771 risultava avere 502 abitanti. Nel 1809 fu soppresso ed annesso a Cassina Amata, a sua volta incorporata nel 1811 a Senago. Il comune venne ripristinato con il ritorno degli austriaci, col nome modernizzato di "Cassina Nuova". Fu nuovamente soppresso nel 1869 e fu aggregato coi suoi 906 abitanti a Bollate.

Castellazzo

Castellasc. Castellazzo fu un antico comune del Milanese. Nell'estimo voluto dall'imperatrice Maria Teresa nel 1771 risultava avere 240 abitanti. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso a Garbagnate, per essere poi ripristinato con il ritorno degli austriaci. Fu nuovamente soppresso nel 1841 con regio dispaccio del governo del Lombardo-Veneto, ma per essere stavolta incorporato a Bollate.
L'abitato si è sviluppato attorno alla storica Villa Arconati, già monumento nazionale, chiamata anche il Castellazzo, che dà il nome alla frazione. Questa è teatro tutte le estati del Festival di Villa Arconati, un'importante manifestazione musicale che si svolge nella suggestiva cornice della villa nei mesi di giugno e luglio. L'ultima residente di Villa Arconati, Donna Beatrice Crivelli fu l'ultima garante di tutela del patrimonio costituito da Villa, Corti e vecchie Fornaci. Venendo nel frattempo a mancare, gli eredi vendettero l'intera proprietà ad alcune immobiliari, che non persero tempo nel monetizzare quanto potevano traendo il massimo dei guadagni. Vennero inoltre predisposti alcuni progetti che prevedevano un'edificazione intensiva su queste aree, che sarebbero state inevitabilmente compromesse. Oltre al riutilizzo delle vecchie corti, questi progetti prevedevano l'utilizzo delle originali volumetrie delle vecchie fornaci, con cambio di destinazione d'uso da aree industriali ad aree residenziali. A tutto questo si aggiungeva poi la progressiva espulsione dei vecchi affittuari delle corti, scongiurata anche grazie all'Associazione Amici di Castellazzo.
Il 7 giugno 1918 un'esplosione distrusse la fabbrica di esplosivi Sutter & Tehevenot provocando la morte di sessanta operaie soprattutto donne e ragazze. Fra i militari chiamati per la sistemazione dell'area c'era anche Ernest Hemingway, all'epoca volontario nella Croce Rossa Americana, che citò l'episodio nel racconto Una storia naturale dei defunti nell'antologia I quarantanove racconti.
Storicamente la frazione di Castellazzo è da sempre attraversata dai binari della linea ferroviaria Milano-Saronno delle Ferrovie Nord Milano. Fino al 1990 era inoltre attiva la piccola e funzionale stazioncina, storicamente utilizzata dalle maestranze occupate nelle vicine fornaci e cave di argilla per la produzione di laterizi, ben visibili nel film Il sole sorge ancora commissionato dall'A.N.P.I.. Il film venne girato nel 1946 nelle fornaci, nelle corti di Castellazzo, oltreché all'interno della Villa Arconati per la regia di Aldo Vergano. Essa venne soppressa e mai più riattivata con i lavori di quadruplicamento della linea ferroviaria Milano-Saronno di Ferrovie Nord Milano, attivato successivamente al 1990, nonostante le proteste della popolazione locale. Oggi se ne auspica la riapertura, come fermata impresenziata e "a banchina centrale" sui due binari dedicati alle linee del Servizio ferroviario suburbano di Milano innanzitutto per ridurre il senso di isolamento degli abitanti della frazione con Bollate e per permettere una maggiore accessibilità a Castellazzo nei giorni di maggiore affluenza domenicale/festiva e in concomitanza del Festival.
STORIE DA NON DIMENTICARE
fabbrica di esplosivi Sutter & Tehevenot
L’intensità ed il prolungarsi del conflitto impose la creazione di sistemi di produzione di materiale bellico per far fronte alle sempre maggiori necessità. Per l’approvvigionamento di bombe e granate destinate alla fanteria impegnata sul fronte l’Esercito Italiano fece ricorso alla società svizzera Sutter che, su licenza della società francese F Thèvenot insediò un impianto di produzione a Castellazzo di Bollate. La scelta del luogo è attribuibile alla distanza dai centri urbani, alla vegetazione circostante che permetteva di celare l’attività svolta e soprattutto alla vicinanza sia della linea ferroviaia Milano Saronno che del deposito militare di Ceriano Laghetto. L’inizio dell’attività inizia il 6 novembre 1916 da parte della ditta Sutter e Thèvenot in località “Fornace Bonelli” a Castellazzo. In data 8 giugno 1917 viene concesso dal sindaco un ulteriore ampliamento degli edifici che arriverà ad un totale di 40. Le donne fornirono una grandissima parte della manodopera necessaria costituita da oltre 400 addetti. Terminato il conflitto la fabbrica venne smantellata anche su richiesta della Giunta Municipale che, come risulta in verbale dell’inizio del 1919, pregava il Sindaco di “insistere presso le autorità competenti perchè venisse tolto completamente il polverificio nel più breve tempo possibile”.
Venerdì 7 giugno 1918, alle ore 13,50, lo stabilimento Sutter & Thèvenot è scosso da una devastante esplosione che provoca, fra le operaie addette alla produzione, oltre una sessantina di vittime. Non fu mai possibile stabilirne il numero definitivo in quanto la violenza dello scoppio, avvenuto verosimilmente nel reparto spedizione dove vi era la massima concentrazione del materiale esplodente, disperse i resti di molti corpi, e nulla si seppe in seguito della sorte di moltissimi feriti. Le donne bollatesi e castellazzesi che persero la vita portavano cognomi come Strozzi, Somaschini, Taveggia, Fusi, Minora, Recalcati, Conconi. La descrizione di quanto accaduto è riportata nelle pagine del Chronicon della Parrocchia di San Guglielmo di Castellazzo.
Ecco che attorno ad una fabbrica che sorgeva nella campagna milanese si incrociano, in modo fortuito due artisti di primissimo piano. Il grande fotografo, un vero e proprio artista per l’epoca, ed il grande scrittore: Luca Comerio ed Ernest Hemingway. L’immagine e il dramma, la realtà lavorativa ed il racconto della tragedia.
Sia pure in occasione di una circostanza così tragica come la terribile esplosione avvenuta nello stabilimento Sutter & Thèvenot, Ernest Hemingway – non ancora famoso – si trovò a passare sul territorio di Bollate. Ciò avvenne appunto il 7 giugno 1918. Arruolatosi volontario nella Croce Rossa Americana come guidatore di autoambulanze, il giovane Hemingway fu chiamato in servizio nel primo pomeriggio e fu inviato sul luogo del disastro per prestare soccorso. Per il giovane la vista dei corpi dilaniati dall’esplosione fu un trauma tremento. Da questa visione non si liberò mai, tanto da portarlo a scriverne, quattordici anni dopo, nel racconto “Una storia naturale dei morti” che divenne poi parte della raccolta “I 49 racconti” pubblicati del 1938.
Ecco come Hemingway ricorda la sua terribile esperienza:
“Quanto al sesso dei defunti, è un dato di fatto che ci si abitua talmente all’idea che tutti i morti siano uomini che la vista di una donna morta risulta davvero sconvolgente. La prima volta che sperimentai quest’inversione fu dopo lo scoppio di una fabbrica di munizioni che sorgeva nelle campagne intorno a Milano, in Italia. Arrivammo sul luogo del disastro in autocarro, lungo strade ombreggiate da pioppi e fiancheggiate da fossi formicolanti di animaletti che non potei osservare chiaramente a causa delle grandi nuvole di polvere sollevate dai camion. Arrivando nel luogo dove sorgeva lo stabilimento, alcuni di noi furono messi a piantonare quei grossi depositi di munizioni che, chissà perché, non erano saltati in aria, mentre altri venivano mandati a spegnere un incendio divampato in mezzo all’erba di un campo adiacente; una volta conclusa tale operazione ci ordinarono di perlustrare gli immediati dintorni e i campi circostanti per vedere se ci fossero dei corpi. Ne trovammo parecchi e li portammo in una camera mortuaria improvvisata e, devo ammetterlo francamente, la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini ma donne.”

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Villa Arconati

Chiesa di San Martino fine sec. XVI - fine sec. XX

Palazzo Seccoborella biblioteca comunale

Oasi Il Caloggio
L’oasi WWF Il Caloggio si trova nella zona più meridionale del Parco delle Groane, nel comune di Bollate. All’interno dell’oasi scorre il torrente Nirone, attualmente il corso d’acqua naturale con acque più pulite fra il Ticino e l’Adda. Vi si accede superando, sopra un ponticello, un piccolo canale, ramo secondario del Villoresi. Il sentiero è percorribile in circa 20 minuti a piedi e introduce il visitatore in un ambiente caratterizzato da una grande biodiversità, con tantissime specie di piante e di animali. All’interno dell’oasi WWF Il Caloggio è anche presente un’area ricca di piante nettarine che attirano moltissime farfalle. Per questo motivo quest’area è conosciuta come “giardino delle farfalle”.

Convento dei Girolamini - Madonna dei Sette dolori a Castellazzo di Bollate

Il borgo di Castellazzo, che si raggiunge percorrendo via Campazzino, si estendeva su entrambe le rive del Cavo Ticinello, usato per secoli per l’irrigazione dei campi circostanti. Il borgo era costituito da un castello, di cui, durante i lavori di scavo della via Virgilio Ferrari, pare siano stati reperiti resti di antichissime mura, pertanto è probabile che il castello fosse da quelle parti. Qui si trovava il Convento dei Girolamini, ormai scomparso, di cui restano i rustici, edifici riservati al personale alle dipendenze del monastero, con addossata una piccola cappella quattrocentesca dedicata alla Madonna dei Sette dolori (presso cui ancora oggi si recita il Rosario, secondo l’antichissima tradizione del borgo), la cascina Giostra (antica costruzione risalente al 1755, di cui purtroppo sono andate perdute le caratteristiche originarie) e il ponticello quattrocentesco sul Ticinello.
L’ordine monastico dei Girolamini fu fondato dal beato Tomaso da Siena nel XIV secolo in Spagna; in breve l’ordine si estese ed ebbe numerosi conventi. Il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, devoto a S. Girolamo, chiamò nella sua città i Girolamini perché fondassero un monastero e costruissero una chiesa per i fedeli della zona. A tal fine donò loro ampi territori a sud di Milano dove sorgeva un castello, denominato Castellazzo, perché antico e vetusto e non, come si ritiene da alcuni, perché appartenuto ad Azzo Visconti. Pare che detto Castellazzo fosse quello fatto edificare da Barbarossa nel territorio del Vigentino per controllare Milano e i suoi esuli dopo la distruzione della città. Dallo stesso castello sarebbe stara ricavata una parte del monastero, costituito da un chiostro quadrato su cui si affacciavano la chiesa e gli ambienti destinati alla vita comunitaria dei monaci. Poco distante, lungo il Cavo Ticinello, già esistente nel dodicesimo secolo, sorgeva la foresteria del monastero dei Girolamini, chiamata anche Cascina Castellazzo, tuttora visibile, che nella metà meridionale ora ospita un ristorante e in quella settentrionale una abitazione privata. Nella metà adibita a ristorante sono ancora visibili i muri in mattoni a vista, i pavimenti in pietra e i soffitti in legno, nonché una scaletta quattrocentesca molto particolare, che conduceva dal piano terra, che ospitava le stalle, al piano superiore dove abitavano i salariati che lavoravano sia nelle stalle che per fornire i servizi comuni (ad esempio il fabbro); infine, in quella che doveva essere la corte della cascina si trova ora un piacevole giardino.
I Girolamini, divenuti i proprietari terrieri della zona, trasformarono il loro monastero in un centro politico e culturale di primaria importanza nella Lombardia del 1400. A Brera, ancora oggi, si conservano 60 codici manoscritti realizzati dai monaci. Ospitarono tra le loro mura anche importanti prelati affinché imparassero il rito ambrosiano prima di esercitare la carica di arcivescovo di Milano, tra cui il vescovo Francesco Piccolpasso nel 1400 e due secoli dopo il cardinale Cesare Monti, come riportato in una lapide ancora presente accanto alla cappella. Nel tempo la disciplina cominciò a languire, pare infatti che i frati avessero preso abitudini non proprio virtuose; testimoni dell’epoca riportano che: “si vantano di non applicar mai la messa Conventuale per i benefattori o fondatori, benché abbiano da quelli avuto in dono la maggior parte de’ fondi che possedono. Nissun aiuto spirituale riceve da loro il popolo, né gli è punto affezionato. Fuori del Chiostro altre volte hanno cagionato gravi scandali: di presente si contentano di girar per le case de’ Rustici, e trattenersi in ciance colle femmine.” “Poco frequentata è la loro chiesa.”. Nonostante ciò, il convento era stato uno dei più importanti del ducato di Milano. Dopo anni di ricchezza, con l’avvento di Napoleone e della Repubblica Cisalpina il convento venne soppresso e i suoi beni dispersi o trafugati. A riprova del prestigio dei Girolamini vi era anche la pregevole copia dell’Ultima cena, realizzata da Andrea Solario, allievo di Leonardo da Vinci, e a lungo conservata nel monastero. La tela, purtroppo, è andata distrutta durante i bombardamenti della II Guerra mondiale che colpirono anche il refettorio di Santa Maria delle Grazie, luogo dopo era stata collocata a seguito della soppressione dell’ordine.
Il Santuario della Fametta
 A circa 800 metri dalla chiesa parrocchiale di Castellazzo in luogo solitario ed ombreggiato da alte conifere a cui si accede per un viale ornato da platani, sorge un piccolo oratorio con portico davanti, dedicato alla SS Maria Vergine detto "la Fametta". A ridosso s’innalza a forma di larga torre una casetta attualmente disabitata.
All’interno della chiesetta c’è il dipinto della Madonna della Fametta l’opera realizzata da un pittore ignoto, è un olio su tavola in legno, raffigura la Vergine con il mantello sotto il quale appaiono vari personaggi con costumi del 1600.
La povera pala ha subito di recente parecchie vicessitudini: il 9 maggio 1982 il pittore Ambrogio Allievi l’aveva restaurata e ripulita dal fumo delle candele ma, il 28 giugno 1993, è stata rubato da ignoti.
Nell’ottobre 1995 è stata ritrovata dai Carabinieri presso un ricettatore di Garbagnate e con la commozione del Parroco e degli abitanti è stato provvisoriamente posta nella chiesa Parrocchiale dove, successivamente, subiva anch’essa l’attacco di ignoti che la danneggiavano.
Solo a maggio del 2000 la pala è tornata nella chiesa della Fametta da sempre meta di pellegrinaggio in attesa del restauro.
L’oratorio della Fametta è visitato da molti devoti che vengono anche dai paesi vicini, dai ricordi di don Carlo Gianola risulta che anticamente la festa dell’annunciazione veniva celebrata sia a Castellazzo che nella chiesa di Santa Maria Rossa in Garbagnate, causando parecchie controversie senonché il Cardinale Arcivescovo Pozzobelli, per troncare la questione che durava da anni, nel 1774 stabiliva che la festività dell’annunciazione spettasse alla chiesa di Garbagnate.
Comunque anche quest’anno si sono svolte le celebrazioni dell’Annunciazione presso La Fametta con la presenza di persone provenienti dai paesi vicini.
Curiosità: il "Carcere di Bollate"

Il Carcere di Bollate, nonostante il nome, non si trova a Bollate, ma sul territorio dei comuni di Baranzate e di Milano. Il nome "Carcere di Bollate" fu dato alla struttura penitenziaria perché quando questa fu inaugurata, nell'anno 2000, Baranzate faceva parte del Comune di Bollate. Baranzate si scorporò da Bollate nel 2004, ma al carcere non è mai stato cambiato nome.

Birreria Las Vegas

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