GROTTE DI RESCIA (Co)

 Le sette Grotte di Rescia, unite in un unico complesso agli inizi del ‘900, si snodano lungo un percorso turistico di ca. 500 m alle pendici dei monti, sul versante orientale del Lago Ceresio.

Queste caverne, già dal ‘700 meta di turisti provenienti da tutta Europa, rappresentano una rarità a livello nazionale e ciò in relazione alla loro origine: si tratta, infatti, di cavità originate all’interno di colate di travertino, conosciuto impropriamente come “tufo”.

L’azione dell’acqua, perdurata nel corso degli anni, ha scavato una serie di vuoti nel travertino depositandovi spettacolari concrezioni.
Le Grotte di Rescia offrono la possibilità di osservare da vicino la “vita” di una grotta, dallo stato attivo, ancora in crescita, a quello fossile. Inoltre, situazione unica nel suo genere, uniscono la visita di una grotta a quella di un orrido, l’orrido di Santa Giulia con la sua cascata alta ca. 70 m.

Un percorso espositivo-didattico, costituito da 14 pannelli in lingua italiana, inglese e tedesca, guida i visitatori alla scoperta di questo affascinante sito, raccontandone la storia e la formazione geologica nonché i tipi di concrezioni che vi è possibile incontrare.

Grotte Lago Lugano: le sette Grotte di Rescia rappresentano un gioiello naturale del Lago Ceresio, della Valle D'Intelvi e dell'intera Provincia di Como. Davvero imperdibile!

DURATA DEL PERCORSO: ca. 40 minuti
VISITE GUIDATE GROTTE LAGO LUGANO SU RICHIESTA: durata circa 60 minuti

per scoprire come raggiungerli: clicca qui!


Le grotte di Rescia ospitano durante l'anno eventi culturali e  mostre di arte e fotografia. Inoltre, durante il periodo natalizio le Grotte di Rescia accolgono la caratteristica rappresentazione natalizia "Natale in Grotta"! Scopri di più! 

SANTA MARGHERITA (Co)

Santa Margherita,

è una delle frazioni che costituiscono il comune di Valsolda, comune sulla sponda del Ceresio, (detto anche lago di Lugano, raggiungibile tramite due sentieri pedonali, uno dei sentieri partiva da Righeggia, frazione di Osteno in funicolare, oppure via via lago, ragion per cui è rimasto disabitato;

La ferrovia funicolareche collegava Lanzo con Santa Margherita di Valsolda, e quindi la Valle Intelvi con il lago di Lugano, fu progettata e realizzata dalla Società funicolare Santa Margherita allo scopo di agevolare il turismo. Inaugurata nel settembre del 1907, dopo il periodo d'oro della Belle Epoque, l'espansione della motorizzazione privata, in particolar modo, comportò un calo così decisivo di passeggeri che provocò seri problemi di gestione sicché la funicolare compì la sua ultima corsa il 19 settembre del 1977. Si possono ancora vedere due vagoni, uno a ciascun capolinea, il tracciato e i gradini della scala che fiancheggiava il percorso ed era utilizzata per la manutenzione (ad oggi impraticabile perché molti di essi mancanti).

Vi era la caserma delle guardie di finanza, trattandosi di un posto di confine. Oltre la caserma, un nucleo di case, che oggi sono quasi del tutto in rovina, una chiesetta, un albergo ristorante di vaste proporzioni.
Tra la chiesa e l’albergo c’era anche l’approdo dei battelli, che vi giungevano con regolarità portando frotte di turisti festanti, che venivano accolti dal rumore lieto della fontana, ricca di ninfee e pesciolini rossi, mentre ora non butta nemmeno più.
Resta il rudere dell’imponente edificio, mentre sulla facciata a lago s’intravedono i caratteri, peraltro incompleti, che formano la scritta RISTOR: tutto quello che rimane dell’antico RISTORANTE.
I visitatori andavano a Santa Margherita per visitare le vicine Grotte di Rescia, oppure l’orrido della Pescara, poco sopra l’abitato, sulla strada per Claino, ove precipitano a cascata nel Ceresio (Lago di Lugano) le acque del torrente chiamato Telo di Osteno per distinguerlo dall'omonimo che sfocia, ben più placido, nel Lario ad Argegno. L'acqua scorre in una lunga fenditura nella roccia e forma il famoso Orrido detto "la Pescara". La località divenne famosa fin dall'Ottocento, quando iniziò il turismo internazionale sui laghi lombardi, proprio per il suo Orrido, detto anche di Osteno. Fu reso celebre dallo scrittore Antonio Fogazzaro che lo descrisse nel suo romanzo “Malombra” del 1881. Anche il premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello nomina l’orrido nella poesia “Lago di Lugano”.
Attualmente l'Orrido è visitabile solo in barca.
Il paese è visitabile oggi solo  la prima domenica di luglio, quando ogni anno la proloco di Valsolda organizza una festa che rianima le vie di questo paese fantasma consentendo al visitatore di visitarne i luoghi e pranzare in riva al lago.

RISTORANTE LA PIROGUE a Castelletto di Cuggiono (Mi)

 

La Pirogue", ristorante a pochi chilometri da Milano trova una sua connotazione molto suggestiva sulle rive del Naviglio Grande, a far da cornice il rigoglioso Parco Fluviale del Ticino.

Carne grigliata e cocktail in un locale rétro con foto d'epoca alle pareti tappezzate e terrazza sul Naviglio.

Mar - Dom: 12:00 - 15:00 / 18:30 - 24:00

+39 02 9724 9154

CUGGIONO (Mi)

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

OSTERIA DEL PONTE

La Pirogue

Museo Cuggionese 

tour delle delizie

Villa Annoni (passata poi per proprietà alla famiglia Cicogna), è una maestosa villa neoclassica, risalente all'epoca napoleonica, edificata nel 1809 dall'architetto milanese Zanoja. L'edificio presenta una tipica pianta a "U" il che fa supporre che sia stata edificata su un edificio preesistente, risalente quasi certamente al Settecento. Il corpo centrale era destinato ad abitazione, mentre i corpi laterali svolgevano la funzione di locali di servizio, stalle e scuderie: l'intera superficie coperta supera i 4000 m² La villa è decorata con pregevolissime ed imponenti colonne di granito di Baveno, che coronano una piccola scalinata anch'essa in granito, ai lati della quale si trovano due sculture rappresentanti due leoni araldici in marmo bianco. Il portone è in ferro battuto e lastroni di cristallo ed è andato probabilmente a sostituire un più antico portale in legno. La villa, passata dai proprietari al senatore Pietro Bellora, è oggi di proprietà comunale ed ospita il municipio cittadino. Di grande rilevanza è anche l'immenso parco di 230.000 m², realizzato in stile romantico con tratti all'inglese, ricco di piante indigene ed esotiche, che ancora oggi si distingue come il secondo parco recintato più grande della Lombardia dopo quello di Monza.

Villa Clerici di Rovellasca  è un edificio risalente al Settecento che si trova ancora oggi nel centro storico di Cuggiono. Esso venne commissionato dalla famiglia dei Clerici di Rovellasca (da non confondere coi Clerici feudatari di Cuggiono) all'architetto Lurani.  La famiglia Clerici a cui ci riferiamo ebbe un valore di rilievo nei secoli successivi, tra Ottocento e Novecento, grazie alla fondazione delle “Industrie Elettriche di Legnano”, un’azienda che seppe rivestire un ruolo di elevato spessore per l’intera area territoriale su cui sorge Cuggiono.

La villa dispone di un cortile doppio con un colonnato ed un ampio parco interno retrostante la villa, contenente diverse specie arboree centenarie. All'interno della villa è presente anche una cappella privata con aree destinate alla servitù, oltre ad una ghiacciaia del XVIII secolo.

L'interno della villa venne parzialmente ridecorato negli anni '20 del Novecento quando la famiglia raggiunse un nuovo picco di splendore grazie all'acquisizione della proprietà della società "Industrie Elettriche di Legnano".

Attualmente la proprietà è dell'ex-vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani.

Palazzo Clerici (Castelletto) Con il termine Castelletto si definisce ora un'area frazione del comune di Cuggiono, ma un tempo esso era identificativo dell'unico edificio di grande rilievo presente nell'area. Aveva 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno, e negli anni bisestili veniva aperta una finestra in più, murata durante gli altri anni (in effetti è ancora oggi visibile una finestra – murata – che affaccia sulla corte d’onore). Nel 1871 il complesso venne venduto dai marchesi Clerici e da allora iniziò una lenta decadenza. Trasformata in tessitura e poi disabitata, oggi ci accoglie con affreschi meravigliosi e con la splendida scalinata in granito rosa di Baveno che scende verso il naviglio. Purtroppo, l'ultima rampa venne eliminata - per realizzare una vasca antincendio - nel periodo in cui divenne una fabbrica. Nella fotografia, è ancora visibile l'antica porta-finestra, oggi solo finestra, che introduceva nella villa coloro che arrivavano in barca.

Murati i corridoi sotterranei che portavano alle cucine e magazzini e che furono protagonisti di fosche leggende, restano le storie vere, tra cui quella legata al più splendido tra i Clerici, quell'Antongiorgio, molto caro alla imperatrice Maria Teresa d'Austria che, si dice, lanciava monete d'oro al suo passaggio? Quando si recò al conclave per l'elezione del papa, in rappresentanza della imperatrice, il suo abito aveva una bottoniera di diamanti e i suoi cavalli erano ferrati in argento. Da qui, il detto che trovare un ferro di cavallo porta fortuna.

Quando iniziò la costruzione del Palazzo Clerici nel 1685, l'assetto del borgo venne totalmente rivoluzionario e ancora oggi esso rimane intatto. La struttura della villa è imponente: essa si affaccia sul Naviglio da uno sperone naturale ed è caratterizzata da un grande corpo chiuso a cortili e caratterizzato dalla presenza di due torri con servizio di piccionaia (un tempo erano quattro). 

Chiesa parrocchiale di San GiorgioIl primo nucleo della chiesa sorse probabilmente attorno all'VIII secolo, ma si ha ragione di credere che essa non fosse che una piccola cappella dedicata perlopiù al culto dei defunti, subendo in seguito radicali trasformazioni che mutarono radicalmente l'assetto della struttura originaria, mantenendo però inalterati l'orientamento del tempio (rivolto con l'abside a est) e la posizione del campanile sulla facciata.

La chiesa di San Roccovenne costruita dalla "Schola di San Rocco" di Cuggiono nel XVI come voto di questa confraternita se la città fosse stata liberata dalla peste e dalla sifilide. A partire dal 1524, dunque, con la diminuzione degli ammalati, la fratrìa diede inizio alla raccolta di fondi per la costruzione dell'edificio, mentre l'appezzamento di terreno venne donato dal nobile Ugone Crivelli, proprio sul bivio tra le strade che conducevano a Castano Primo ed a Castelletto.

chiesa dei Santi Filippo e giacomoa Castelletto di Cuggiono trae le proprie origini in tempi antichissimi, in quanto un luogo di culto è già menzionato a Castelletto in un atto notarile del 988. Di quell'antica chiesa oggi però non rimane nulla, dal momento che essa è stata completamente riedificata dal 1605, facendo seguito ad una serie di primi ampliamenti iniziati dai monaci domenicani nel XIV secolo quando giunsero in paese che allora aveva funzione di grangia per il monastero di Sant'Eustorgio a Milano da cui direttamente dipendeva. I monaci costruirono l'ala conventuale che ancora oggi affianca a mo' di corte la chiesa e di quest'epoca si conserva ancora oggi presso la vicina casa parrocchiale un frammento di affresco detto la "Madonna del Latte" con un'immagine di Maria che allatta Gesù bambino un tempo collocata all'interno della chiesa (XVI secolo).

Centrale idroelettrica era sita un tempo una delle prime centrali idroelettrice nel territorio del magentino. Realizzata nel 1889 dal possidente Carlo Cornelli, sfruttando il salto d'acqua di 7,30 metri proveniente dal canale colatore Arno, venne realizzata la prima centrale elettrica che alimentava l'energia a Castelletto ed a Cuggiono, garantendo così per la prima volta l'illuminazione elettrica pubblica nelle vie.

Alla morte del Cornelli nel 1928, la centrale venne acquistata dalla Società Elettrica Cuggionese che nel frattempo si era formata per la gestione dell'energia elettrica sul territorio comunale. La centralina subì dunque dei lavori di ampliamento e continuò a funzionare ininterrottamente sino al 1963 quando ne venne decisa la chiusura. Attualmente la struttura in forma di rudere è ancora visibile nel territorio castellettese presso il Ticino, in località Baragge.



FRAZIONI

Castelletto. La frazione di Castelletto lega strettamente nei secoli la sua storia a quella di Cuggiono, comune di appartenenza, sebbene le due entità da sempre abbiano condotto esistenze e sviluppi indipendenti tra loro. Il nome "Castelletto" deriva dal castello di proprietà della famiglia Clerici (l'attuale Palazzo Clerici), situato sulle sponde del Naviglio Grande, su un'altura strategica probabilmente insediata per scopi militari già dall'epoca della dominazione romana. Presso il ponte ed in alcuni campi circostanti, nel 1908, sono state ritrovate circa trenta tombe di epoca celtica (IV secolo), segno che anche in questa zona esisteva un insediamento sin dall'epoca. Sono stati riportati alla luce diversi oggetti in bronzo, fibule, tintinnabuli, anelli, pinzette, una spilla a forma di lucertola, dei braccialetti, oltre a vasi per alimenti, patene e coppe.

Di Castelletto parla Goffredo da Bussero nel suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani del XIII secolo nel quale cita l'esistenza di un luogo di culto, identificato con l'attuale chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, ed un'ulteriore chiesetta dedicata a San Quirico (oggi scomparsa). Questo fatto si presenta significativo dal momento che Castelletto all'epoca era già parrocchia, malgrado altre frazioni e comuni locali come Malvaglio, Robecchetto, Vanzaghello, Bienate e Furato non lo fossero ancora.

È col XVI secolo però che Castelletto iniziò ad acquisire un'importanza rilevante, quando divenne feudo dei marchesi Clerici di Milano. I Clerici a Castelletto iniziarono la costruzione del grandioso palazzo che non solo modificò radicalmente l'assetto delle abitazioni lungo il Naviglio, ma ne assorbì completamente le maestranze ed i lavoratori, non solo impiegati per la costruzione del castello stesso, ma anche con la complessa e variegata serie di lavoranti ed artigiani di cui la "corte" dei Clerici abbisognava.

La costruzione del ponte in pietra "a schiena d'asino" nel XVIII secolo ancora oggi visibile sarà un altro degli elementi condizionanti dell'economia del paese che ne uscirà fortificata, con maggiori collegamenti con l'area della vallata.

In tempi più recenti, l'8 settembre 1945 il borgo è divenuto la prima sede dell'istituto religioso delle Oblate della Mater Orphanorum fondato da padre Giovanni Antonio Rocco.

La frazione è comparsa nel film L'albero degli zoccoli del 1978 del regista Ermanno Olmi dove sono state riprese alcune delle vie storiche in acciottolato, la piccola chiesa parrocchiale, il ponte, Palazzo Clerici e l'imbarcadero-lavatoio.

STORIA

Le prime tracce di insediamenti umani nel territorio di Cuggiono risalgono a tempi antichissimi come prova il ritrovamento, in prossimità dell'agglomerato urbano attuale, di interessanti reperti archeologici, ora raccolti nel museo archeologico di Legnano: in località Scansioeu sono stati rinvenuti un vaso alto circa 20 cm formato da zone tronco-coniche alternativamente colorate in rosso ed in nero, vari bicchieri a calice, bronzi e fittili di epoca gallica, oltre a fibule a forma di sanguisuga, tintinnambuli, anelli, pinzette, ornamenti a forma di lucertola, braccialettini, vasi per alimenti, coppe, ciotole. I fittili gallici hanno la caratteristica tipica di essere realizzati con una terra molto fine (talvolta scura) e di essere levigati a semilucenza esterna; presentano inoltre, notevoli varietà di tonalità dovute a disuguaglianza di colore nella cottura. Dagli scavi in località Galizia provengono due teste leonine con disco traforato destinate, forse, ad un astuccio in cuoio. Dalla presenza di questi reperti si può dedurre dunque che i primi abitanti della zona siano stati i galli insubri, i quali erano totemisti e come tali pensavano che all'origine delle varie tribú vi fosse un animale od una pianta, da qui la loro venerazione di acque, pietre e piante e l'origine etimologica stessa dell'abitato di Cuggiono.

La storia di Cuggiono è strettamente legata a quella dei Crivelli, una famiglia nobile di origine antichissima della quale si hanno notizie storiche a partire dal 337 d.C. anno in cui il nome dei Crivelli fu inscritto nella Chiesa Metropolitana di Milano. La famiglia fu per lungo tempo feudataria di Cuggiono e diede a Milano il suo ventottesimo arcivescovo, Ausano di Milano, che morì nel 567, alla vigilia della conquista longobarda dell'Italia settentrionale. Dopo la conquista franca dell'VIII secolo, Cuggiono divenne parte di uno dei cinque contadi in cui era divisa la campagna milanese: il Seprio. Nel 1098 si trova un "Ottone da Cuciono" che figura testimone in un contratto di vendita tra Algerio fu Valone e Ariberto, prete, fu Ambrogio da Castano; nel 1149 si riscontra invece che Giovanni d'Arzago, abate di Sant'Ambrogio, investì Domenico, Pietro, Pastore e Guala Crivelli, tutti figli di altro Guala, delle rive, ghiaie e boschi di Brinate (ora Bernate) e Cusonno (ora Cuggiono), affinché le ritenessero a nome di feudo del monastero di Sant'Ambrogio. Nel 1150 Guala Crivelli era feudatario di Cuggiono e dei dintorni. Suo figlio Uberto salì al soglio pontificio nel 1185 col nome di Urbano III; egli resse i destini della chiesa per due anni nel periodo caotico e turbolento della lotta fra il papato e l'impero per la supremazia politica in Europa.

Nel 1533 Cuggiono, che faceva parte della pieve di Dairago, diventò feudo di Castellano Maggi. Nel 1559 il feudo di Dairago fu venduto agli Arconati. Nel 1648 la Real Camera sottrasse il feudo agli Arconati, dietro la restituzione della somma che essi avevano pagato ai Maggi al momento della compravendita e ne vendette una parte alla famiglia Della Croce.

Cuggiono, che era rimasta libera da ogni vincolo feudale, decise di acquistare la redenzione impegnandosi a pagare 10.475 lire milanesi per evitare di essere nuovamente infeudato.

Nel 1672 una parte di Cuggiono, detta Cuggiono Minore, accettò di divenire feudo della famiglia Piantanida: i suoi abitanti infatti pur di essere sollevati dai debiti contratti per l'acquisto della redenzione, decisero di rinunciare alla propria indipendenza. Nel 1676 i Piantanida si offrirono di acquistare anche la restante parte di Cuggiono, ma la Real Camera la cedette alla famiglia Clerici ai quali rimase sino al 1768, anno in cui a causa della mancanza di eredi, Cuggiono ritornò alla Real Camera. Curioso è il fatto di questa successione che coinvolse Carlo Ludovico Clerici, uno dei personaggi più importanti della Milano spagnola del suo tempo. I Clerici, infatti, da qualche tempo avevano posto la loro attenzione sulla terra di Cuggiono, il cui borgo era diviso in Cuggiono Maggiore e Cuggiono Minore. Con l'intento di scalzare la famiglia concorrente dei Piantanida per ottenere l'intero feudo, il Clerici fece comunque un'offerta molto bassa per gli oltre 200 fuochi (famiglie) presenti in paese, sperando di poter contare sull'influenza della sua famiglia, ma proprio per questo motivo il Magistrato Straordinario che a Milano si occupava dei feudi ai nobili, decise di concedere l'intero possedimento ai Piantanida. Carlo Ludovico mise quindi sul piatto della bilancia l'influenza della sua famiglia e riuscì ad ottenere che il Magistrato Straordinario non solo riaprisse l'infeudamento per Cuggiono Maggiore, ma anche per Cuggiono Minore che già i Piantanida avevano acquistato nel 1673. Favorito in questo da Carlo II di Spagna, il Clerici riuscì ad ottenere il feudo di Cuggiono Maggiore ma addivenne ad un accordo coi Piantanida, consentendo loro di possedere la parte di Cuggiono Minore.

MUSEO CUGGIONESE a Cuggiono (Mi)

Abbiamo sede nel corpo laterale destro della Villa Annoni Cuggiono negli stessi locali che erano ad uso della servitù. A questo complesso neoclassico risalente al periodo napoleonico, edificato nel 1809 su progetto dell’architetto Zanoja, è annesso un parco recintato che, in Lombardia, è secondo solo al parco della Villa Reale di Monza. Le varie sale del Museo sono disposte su due piani e vi si accede dal chiostro della Villa.

Le origini del Museo risalgono ai primi anni '80 quando in un gruppo di amici nacque l'idea di raccogliere le memorie del passato: ogni strumento o attrezzo di lavoro doveva essere tramandato ai posteri quale concreta testimonianza della fatica e del lavoro quotidiano dei nostri antenati.

domenica15–18:30

OSTERIA DEL PONTE a Castelletto di Cuggiono (Mi)

 L’ambiente, curato nei minimi dettagli, rende la nostra osteria, il luogo ideale per ogni occasione, sia per un pranzo di lavoro, una serata tra amici o una cena romantica.

Un menù sempre nuovo, ricco dei sapori di stagione, abbina gustosi piatti di carne argentina alla griglia a piatti tradizionali. In alternativa proponiamo vantaggiosi menù a prezzo fisso.

La sala più suggestiva dell’Osteria del Ponte è senza dubbio la Veranda, che si affaccia direttamente sulla riva destra del Naviglio.

Potrete gustare della favolosa carne argentina cottaa regola d’arte, sulla nostra griglia a vista, oppure potrete nelle sere d’estate cenare a lume di candela.

L’Osteria del Ponte dispone di 3 bellissime salette interne, rispecchianti la vera essenza della nostra Osteria. La Sala Rossa, la sale Gialla e la sala Blu.

La Sala Rossa accogliente d’inverno con il camino acceso, permette ai nostri ospiti di gustare i piatti dell’Osteria, coccolati dal caldo tepore del camino a legna.

La Sala Blu è l’ideale per piccoli gruppi, massimo 10/12 persone. Permette di pranzare o cenare in totale tranquillità.

La Sala Gialla, luminosa ed accogliente, la più grande delle tre, è l’ideale per pranzi di lavoro o per grandi compagnie di amici.

Chiusi il martedì e il lunedì sera

Pranzo dal lunedì al sabato con possibilità di menù a prezzo fisso € 12,00

Tutte le sere e domenica a pranzo menù alla carta

Tel. +39 02.974219

CASALPUSTERLENGO (Lo)

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Villa Biancardi Vistarini  Fu fatta costruire nel 1911 dal Cav. Serafino Biancardi all'architetto Gino Coppedè, là dove in origine probabilmente vi era una struttura fortificata (da qui il nome tradizionale di "castello"). L'egante edificio è situato all'interno di un ampio parco. Si segnala, all'interno, la Sala della caccia, affrescata dal pittore casalese Angelo Prada (1859-1934). L’elemento architettonico più caratteristico è la torre del belvedere. Oggi centro cultura

Santuario della Madonna dei Cappuccini Da ricordare anche il santuario della Madonna dei Cappuccini, sede della parrocchia di Maria Madre del Salvatore, luogo di culto che risale al XVI secolo. Sono segnalati il simulacro della Madonna dei Cappuccini del XV secolo e la tela dell'Ascensione, di Giovan Battista Trotti detto il Malosso.

chiesa parrocchiale dei SS. Bartolomeo Apostolo e Martino VescovoNel Cinquecento l'antica pieve di San Martino fu soppressa e la dignità di prepositurale passò contestualmente alla chiesa di San Bartolomeo, che assunse quindi il doppio titolo di San Bartolomeo e San Martino.

All'inizio del XVII secolo la chiesa fu ricostruita; ne risultò un edifico di forme barocche che si componeva di un'unica navata su cui s'affacciavano sei cappelle laterali.

Torre Pusterla simbolo della città, che è parte della struttura originaria dell'antico castello, non più esistente; è la sede della Pro Loco e ospita numerose rassegne pittoriche. 

 palazzo Pedroli   inizio sec. XVIII - fine sec. XIX

palazzo Cesaris  sec. XVII

 palazzo Lampugnani sec. XVII

Palazzo Grassi,edificio la cui fondazione risale al XIV secolo.

Parrocchia dell'Assunzione della Beata Vergine Maria,risalente al XV secolo. La parrocchia fa parte del vicariato di Casalpusterlengo.


FRAZIONI

Vittadone fu attestata per la prima volta nel 1039. Il territorio comunale comprendeva la frazione di Buongodere e Muzzano.

In età napoleonica (1809-16) Vittadone fu frazione di Casalpusterlengo, recuperando l'autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.

All'Unità d'Italia (1861) il paese contava 749 abitanti.

Nel 1929 Vittadone fu definitivamente aggregata a Casalpusterlengo.

Attualmente, in seguito allo spopolamento delle zone rurali, conta soli 246 abitanti.

Zorlesco fu attestata per la prima volta nel 1039, nel testamento del conte Ilderado da Comazzo. Il territorio comunale comprendeva la frazione di Olza. Una chiesa di San Nazaro è menzionata già nel 1261. Verso la metà del XVI secolo fu eretta la nuova chiesa dedicata ai Santi Nazario e Celso, alla quale fu riconosciuto il titolo di parrocchia nel 1562 da Papa Pio IV.

In età napoleonica (1809-16) Zorlesco fu frazione di Casalpusterlengo, recuperando l'autonomia con la costituzione del regno Lombardo-Veneto.

All'Unità d'Italia (1861) il comune contava 1.919 abitanti. Nello stesso anno il paese fu lambito dalla linea ferroviaria Milano–Bologna, senza che però vi fosse costruita una stazione.

Nel 1929 Zorlesco, insieme a Vittadone, fu aggregata a Casalpusterlengo.

Il centro urbano è attraversato dal Brembiolo. Nei pressi del paese sono tuttora presenti alcuni interessanti esempi di architettura rurale, come la Cascina del lago, la Cascina Olza, e la Cascina Battaglia.

STORIA

Il nome della località deriva dai Pusterla, casata a cui il borgo appartenne nel XIV secolo. Esiste anche una seconda teoria la quale dice che il nome derivi da Casale Pistorum, in quanto in epoca romana furono costruiti dei forni da panificazione. Anticamente, prima di assumere il nome che poi lo contraddistinse, il borgo si chiamò Casale Gausari.

Il borgo, di antica origine, nel XIV secolo fu un possedimento feudale dei Pusterla, ai quali successero (dopo anni nei quali si avvicendarono nobili e capitani di ventura) i Lampugnani (fu il duca di Milano Francesco Sforza a investire del feudo i fratelli Gian Giorgio I e Francesco Lampugnani nel 1450), poi i marchesi Castelli (1665-1695) e infine i Trivulzio. Il paese fu teatro di numerosi fatti d'arme nei secoli XV e XVI; uno dei più importanti avvenne nel 1447, al tempo della Aurea Repubblica Ambrosiana, quando le truppe veneziane per giungere a Milano assediarono il castello (feudatario era Giacomo da Imola). La rocca resse alle aggressioni, mentre Lodi e San Colombano capitolarono. Proprio a Casalpusterlengo si raccolse poi l'esercito di Francesco Sforza; nel 1450 lo Sforza ottenne la signoria su Milano, facendo rinascere il Ducato. I sanguinosi conflitti del tempo trovarono poi risoluzione nella pace di Lodi, il 9 aprile 1454.

Il borgo fu nuovamente al centro dello scenario bellico al tempo delle conquiste napoleoniche; a Casalpusterlengo, in una residenza nobiliare, Napoleone Bonaparte soggiornò infatti in occasione della battaglia di Lodi nel 1796. Dell'antico castello, eretto dai Pusterla, rimane una torre merlata, a due corpi sovrapposti, recentemente restaurata. Al Seicento risalgono la parrocchiale dei SS. Martino e Bartolomeo, la cui facciata venne restaurata nella seconda metà dell'800, e la chiesa di San Bernardino.

Storicamente è attestata la presenza di un importante mercato settimanale, descritto da fonti scritte già dal 1500, e che il Comune contese al feudatario Lampugnani nel 1590 in una disputa risolta dal Senato di Milano con il riconoscimento alla Comunità del diritto sulla piazza. 

Particolarmente degni di nota sono gli avvenimenti legati alle apparizioni mariane avvenute, secondo la tradizione, nel 1574, che diedero l'avvio alla devozione per la Madonna dei Cappuccini e furono all'origine dell'edificazione dell'omonimo santuario, situato dove anticamente sorgeva la chiesa di San Salvario e affidato alla comunità religiosa francescana. Il santuario è meta di pellegrinaggi, e vi sono custodite le spoglie del Venerabile Padre Carlo da Abbiategrasso, per il quale è in corso la causa di beatificazione.

In età napoleonica (1809-16) al comune di Casalpusterlengo furono aggregate le località Pizzolano, Vittadone e Zorlesco, ridivenute successivamente autonome, con la costituzione del regno Lombardo-Veneto. Nel 1869 si pensò di unirgli il comune di Pizzolano, ma subito ci si ripensò. Nel 1929 vennero aggregati i comuni di Vittadone e Zorlesco.

CASTELSEPRIO (Va)

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Parco archeologico

La chiesa di Santa Maria foris portas si trova nel comune di Castelseprio in provincia di Varese, su un'altura distante duecento metri dalla cinta muraria di un antico castrum, da cui l'appellativo in latino medievale.

STORIA

Castelseprio è conosciuto per la zona archeologica, il borgo fortificato che fu capoluogo del Contado del Seprio. Castelseprio sorse come postazione difensiva nell'epoca delle invasioni barbariche intorno al IV secolo. Da Sibrium, nome latino di Castelseprio, passava la via Novaria-Comum, strada romana che congiungeva Novaria (la moderna Novara) con Comum (Como) passando per Sibrium (Castelseprio).

I domini del Seprio andavano dal Lago di Lugano al monte Ceneri, a Parabiago, fino a Ponte Chiasso, alla valle d'Intelvi e al Ticino, al lago Maggiore. Castelseprio divenne in epoca bizantina capitale amministrativa, giudiziaria e militare e mantenne la propria importanza fino a quando Milano e Como cominciarono a insidiarlo per impadronirsi del vasto territorio.

Fu distrutta dai milanesi nel 1287 con il tradimento di alcuni alpigiani della valle dell'Ossola. Ottone Visconti, arcivescovo di Milano, decretò che la roccaforte non venisse mai più ricostruita. Vennero risparmiati solo gli edifici sacri.

Per cinque secoli la vegetazione ricoprì i resti del castrum. Il castrum è considerato un sito archeologico di importanza europea. Affreschi nella chiesa di Santa Maria foris portas, i resti della Basilica di San Giovanni e quelli di San Paolo. Dello stesso unicum archeologico è il Monastero di Torba, gestito dal FAI.

La zona archeologica è stata dichiarata il 26 giugno 2011 Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, quale parte del complesso di siti archeologici legati al dominio dei Longobardi in Italia ("Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-774)").

MONASTERO DI TORBA a Gornate Olona (Va)

Quella del complesso di Torba è una vicenda antichissima che ha origine nel V secolo d.C., quando i Romani costruirono le mura di un avamposto militare contro la minaccia dei barbari, nei pressi del borgo di Castelseprio. Ancora oggi il torrione di guardia rimane a testimonianza della funzione originaria del castrum, portata avanti anche da Goti, Bizantini e Longobardi e poi mutata nel tempo.

Da roccaforte difensiva, Torba divenne centro religioso con l’insediamento di un gruppo di monache benedettine che nell’VIII secolo fece costruire il monastero e, più tardi, la piccola chiesa. Per circa sette secoli l’appartata comunità femminile abitò questo luogo, consegnandoci come eredità del suo durevole passaggio gli affreschi nella torre, ieratici, dall’aura quasi misteriosa.

Nel Quattrocento le Benedettine si trasferirono e per Torba cominciò un lento declino che portò il complesso a tramutarsi in azienda agricola e, a inizio Ottocento, a perdere la propria funzione religiosa per scivolare gradualmente in uno stato di degrado interrotto solo nel 1976 grazie al FAI. Oggi questo sito millenario dal passato importante (non a caso inserito nel 2011 nelle liste del Patrimonio dell’Umanità UNESCO) rivive anche alla luce dei continui ritrovamenti di età longobarda, che costituiscono solo una delle sorprese che il Monastero, e il suo territorio ricco di tesori di arte e natura, offrono a chi va alla ricerca di luoghi fuori dai circuiti più noti e frequentati.

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PARCO ARCHEOLOGICO DI CASTEL SEPRIO a Castelseprio (Va)

Il Castrum di Castelseprio, parte dell’omonimo parco archeologico, nasce in epoca tardo romana con piccoli insediamenti, all’incrocio fra le strade di Como e Novara. Nel tardo Medioevo, i Longobardi ne confermano la posizione strategica, sviluppandovi un ampio distretto territoriale. Anche successivamente quest’area si rivela cruciale per il controllo della Valle Olona, tant’è che i Visconti, sconfitti i Torriani, ne imposero la distruzione.

Dopo l’abbattimento della rocca, l’abitato si è spostato ai margini. L’area è rimasta isolata e ricoperta dalla vegetazione per oltre sette secoli e solo negli anni Cinquanta sono iniziati i primi scavi archeologici.
Il parco archeologico di Castelseprio comprende:

  • il castrum, con una serie di costruzioni militari, religiose e civili
  • la Basilica di San Giovanni Evangelista e la Chiesa di San Paolo, di cui rimangono solo ruderi
  • la cascina/convento di San Giovanni con l’Antiquarium appena allestito, dove sono esposti i materiali dei primi insediamenti preistorici, resti di affreschi e ceramiche rinascimentali.
  • il borgo, sviluppato a occidente del castrum, di cui vi sono resti affiorati
  • la Chiesa di Santa Maria foris portas, che è l’edificio più antico e meglio conservato del parco. Con una struttura molto semplice e quasi rustica, l’edificio era forse una chiesa privata con funzioni funerarie. Costruita in età carolingia, la Chiesa di Santa Maria custodisce un vero gioiello, con un ciclo di affreschi dedicati all’infanzia di Cristo, considerati una tra le più importanti testimonianze della pittura muraria europea dell’Alto Medioevo. L’autore, noto come “Maestro di Castelseprio”, è anonimo e sembra essersi ispirato soprattutto ai vangeli apocrifi. Lo dimostra la rappresentazione della “prova delle acque”, in cui si racconta la verifica della verginità di Maria facendole bere acqua amara, episodio che è presente solo nella tradizione apocrifa. A livello tecnico si nota uno schema prospettico tipico della pittura romana e quindi la sopravvivenza di elementi artistici classici alla concezione germanica.

ORARI FINO AL 31/3/2022: Mercoledì: 8.30-13.30; giovedì, venerdì e sabato: 13.30-17.30; domenica e festivi (SOLO 6 e 20/3): 9.30-17.30. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA - per prenotare telefonare con almeno un giorno di anticipo al numero 366.6632727

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