MORTARA (Pv)

 

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

palazzo municipale

fu edificato nel 1857 su progetto di Pietro Troncone; doveva completarsi nel 1862 con un progetto di Alessandro Antonelli, ma furono poste solo alcune colonne di granito. Fino al 1850 il comune aveva sede nel Palazzo Pretorio posto in piazza Silvabella.

teatro comunale Vittorio Emanuele II

edificato nel 1846 ad opera dell'architetto Celestino Braccio

Palazzo del Moro

è un edificio rinascimentale, voluto a Mortara dagli Sforza come casino di caccia nel terzo quarto del '400, opera di "Messer Gualtieri di Candia", collaboratore lombardo di Leonardo da Vinci e autore, tra le altre, della "stanza nigra" nel Castello visconteo-sforzesco di Milano. Passato attraverso molti rimaneggiamenti, è stato recentemente restaurato, riconquistando splendore e nuova funzionalità con una funzione di vetrina territoriale. Il Palazzo ospita un’ampia sede espositiva d'arte e dispone di sala convegni, laboratorio d'arte, caffetteria, ristorante, bottega del tipico. L'edificio, di proprietà del Comune di Mortara, è affidato all'Associazione no profit Leonardo che ne gestisce le attività in simbiosi con Palazzo del Moro S.r.l.

Il Palazzo offre proposte culturali d'arte, integrate dai must delle offerte territoriali. Tra queste spiccano gemme come il primo esempio di romanico lombardo nella storia dell'arte nazionale, il favoloso patrimonio del gusto delle terre del riso, una gamma di sorprendenti "paesaggi d'acqua e verdi", cicli di affreschi romanici di eccezionale qualità.


Palazzo Cambieri

storico edificio oggi sede di numerosi servizi al cittadino


Palazzo Lateranense

un tempo convento, fu sede del Regio Ginnasio e poi delle due Scuole Medie Statali Luigi Travelli e Giovanni Josti. La struttura conserva la sua forma originaria, con il cortile interno a pianta quadrata e ad arcate, anche se ha subito pesanti manomissioni durante il XX secolo. Il 17 marzo 1849 ospitò il re Carlo Alberto, proprio tre giorni prima della Battaglia di Mortara. Versa in precario stato di conservazione

chiesa di San Cassiano location per eventi

Nel 1805 fu chiusa e ceduta a privati che la adattarono nel 1884 a sede della Società Ginnastica “La Costanza”; nel corso dei decenni subì vari rimaneggiamenti per adattarla all’uso sportivo, che non cancellarono però la struttura settecentesca e talvolta riportarono alla luce pregevoli particolari architettonici. E’ il caso di una elegante finestra monofora in terra cotta del secolo XVI, messa in evidenza dai restauri del 1927, ora visibile nella parete laterale dell’edificio.Nel 2000 la Società “La Costanza” ha venduto la chiesa e l’area adiacente agli attuali proprietari, che hanno operato un restauro volto al recupero conservativo delle strutture originarie.E’ così tornato alla luce uno splendido affresco quattrocentesco nella zona dell’abside, alla base di un soffitto a costoloni in cotto, che ne rivela tutta l’origine romanica; all’interno della navata centrale, è visibile ora il frammento di un altro pregevole affresco, mentre la facciata interna ha rivelato l’esistenza di un rosone medievale, chiuso e sostituito dall’ampio finestrone centrale durante i rifacimenti settecenteschi.

collegiata basilica di San Lorenzo 

(1375-1380), si affaccia in piazza Monsignor Dughera, alle spalle del municipio. Conserva opere pittoriche e scultoree dei secoli XVXVI e XVII

 abbazia di Santa Croce

Chiesa legata ai mortariensi, con l'annesso coevo Palazzo Lateranense. Il complesso abbaziale, costituito dalla chiesa e dall'annesso palazzo lateranense, sorse dopo la distruzione del cenobio dell'ordine mortariense, che si trovava al di fuori delle mura della città. I canonici lateranensi, nei quali erano confluiti i mortariensi, ottennero la ricostruzione di un edificio di culto con annesso monastero, all'interno delle mura. Il palazzo laternanese fu edificato come monastero nel 1573, dopo che i canonici laternanesi furono costretti a lasciare l'antico cenobio mortariense extramurario.

Il disegno della chiesa è opera di Pellegrino Tibaldi (1527-1596). La facciata fu realizzata parzialmente e venne completata solo nel 1957. I restauri degli anni 1960 hanno modificato la struttura originale interna dell'edificio. Altri interventi sono avvenuti più recentemente e l'altare maggiore è stato rinnovato agli inizi del XXI secolo.

chiesa di san Carlo

 

ospita le reliquie di santa Veneranda, eretta per voto nel 1633.


abbazia di Sant'Albino

La storia dell'abbazia resta indissolubilmente legata alla battaglia combattuta nelle sue più immediate vicinanze nel 773 tra i Longobardi e l'esercito franco di Carlo Magno e si confonde con gli echi leggendari delle gesta dei due paladini franchi Amico e Amelio, scudieri di Carlo Magno, periti proprio nel corso di quella battaglia. Di loro si narra che, pur essendo stati inumati in due loculi separati, furono ritrovati nello stesso sepolcro. Le cronache narrano che in antichità vi sarebbe stata nell'area abbaziale una pieve dedicata a Sant'Eusebio di Vercelli, fondata da Carlo Magno stesso ; sembra che il vescovo Sant'Albino Alcuino fondò qui un monastero, presso cui ordinava diaconi e sacerdoti suoi discepoli. Per omaggiare il maestro, gli allievi dedicarono il monastero a Sant'Albino di Angers, vescovo morto nel 550. Dalla dedica del monastero si passò dal titolo di Pieve di Sant'Eusebio a quello di Abbazia di Sant'Albino.

Il monastero attiguo si ispirava alla regola del monastero di Tours, di cui Albino Alcuino era abate; successivamente praticò la regola di Sant'Agostino, per questo i monaci erano detti Canonici regolari.

Il sedime dell'abbazia sorge su un terreno ricco di tombe, che era detto Badia; il complesso fu ricostruito nell'XI secolo e il campanile fu abbattuto nel 1253 e ricostruito nel XIII secolo. Nel 1263, per volere del papa Urbano IV, il preposto della chiesa fu chiamato a cooperare nella riforma del monastero di Breme. Il monastero andò in decadenza a partire dal 1290 e solo la prepositura sopravvisse per qualche tempo.

Papa Pio II convertì i beni del monastero in Commenda entro il quadriennio 1458-1462 e il Commendatario ebbe il titolo di Prevosto.

Nel 1540 la chiesa fu ricostruita per volere dell'abate Pietro Antonio Birago, che fece aggiungere il portico a colonne, i medaglioni dei santi Amico e Amelio e il suo stemma gentilizio in una lapide ancora oggi visibile. Nel cortile del cascinale annesso alla chiesa (un tempo "ospitale" per i pellegrini che numerosi transitavano lungo la via Francigena) troviamo una finestra ogivale trecentesca decorata con formelle di cotto.

Nel 1578 fu visitata da San Carlo Borromeo.

Nel 1928, a seguito di restauri all'altare, furono trovati due loculi contenenti ossa umane e alcune medaglie che, secondo le antiche scritture, potrebbero appartenere ai SS. Amico e Amelio. Le ossa rimasero ancora murate per circa settanta anni sotto l'altare e furono riportate alla luce durante i restauri del 1999 per sottoporle all'esame al carbonio-14. Esso fu eseguito a Cambridge (Massachusetts) e le datò intorno all'anno Mille. Le ossa furono definitivamente raccolte in una nuova urna deposta nell'abbazia.

Esisteva una chiesa gemella a quella di Sant'Albino, distante da essa 100 passi: la chiesa di san Pietro fu originariamente edificata da Carlo Magno per riporvi il corpo di Sant'Amelio. Nel 1575 risultava abbandonata e fu san Carlo Borromeo ad ordinare l'abbattimento dell'altare. Le notizie sulla chiesa gemella scomparvero nel XVIII secolo.


Santuario di Santa Maria del Campo

L'edificio esisteva già nel 1145, ma della costruzione originaria rimangono solo alcuni frammenti murari nelle colonne e nel tiburio; l'antica chiesa era dedicata a Santa Maria della Pertica, probabilmente per l'usanza degli antichi longobardi di issare lunghi pali in prossimità delle sepolture. Dopo il XV secolo, l'edificio incontrò un periodo di decadenza, tanto che nel 1574 Paolo III lo aggregò al convento domenicano di san Pietro Martire, in Vigevano. Fu meta di numerosi pellegrinaggi, soprattutto durante i periodi di calamità e si attestano anche diverse guarigioni miracolose. Nel 1658 l'edificio fu utilizzato come ospedale di guerra durante l'assedio da parte di Francesco I, duca di Modena. Illustri pellegrini del santuario furono frate Antonio Michele Ghisleri, poi papa Pio V e san Carlo Borromeo. Dal 1780 è alle dipendenze della abbazia di Santa Croce in Mortara. I primi restauri dell'epoca moderna furono eseguiti nel 1915 e nel 1916, a cura dell'architetto Ambrogio Annoni e del dottor Francesco Pezza. Negli anni novanta del secolo scorso furono ultimati degli importanti interventi, che hanno riportato l'edificio all'antico splendore.


Chiesa di san Gaudenzio o della Santissima Trinità

 

annessa alla Casa Madre delle Suore Missionarie dell'Immacolata Regina della Pace


santuario di Sant'Antonio da Padova

aperto al culto nel 1927 ed annesso all'ex-convento dei frati francescani


Chiesa di San Dionigi

edificata prima del 1300 nelle vicinanze della Basilica di San Lorenzo; fu sede di una confraternita e oggi è in rovina e sconsacrata


Chiesa della Beata Vergine del Rosario

a Casoni di Sant'Albino: il vescovo di Vigevano Pietro De Gaudenzi istituì la chiesa in vicecura il 31 dicembre 1878; questa diventerà rettoria il 1º luglio 1948 con il vescovo Antonio Picconi.


SAGRE

A Mortara si tiene l'ultima domenica di settembre la "Sagra del salame d'oca" (dalla popolazione chiamata anche "Sagra dell'Oca"), con eventi che si svolgono durante tutta la seconda metà del mese e con un corteo storico seguito dal Palio disputato dalle sette contrade storiche. Ha luogo l'ultima domenica di settembre. Durante la sagra è possibile mangiare prodotti d'oca, tutti rigorosamente locali


FRAZIONI

Casoni di Sant'Albino: In questa frazione è situata la chiesa della Beata Vergine del Rosario. Inoltre fino al 1177 ci fu una chiesetta campestre dedicata a Santa Maria delle Barze, anno in cui si discusse per la sua autonomia.

Gualina: In questa piccola frazione di Mortara (circa un centinaio di abitanti), è presente una piccola chiesetta del 1900, dedicata alla Beata Vergine della Bozzola.

Molino Faenza: Il nome di questa frazione è legato al mulino che la contiene, edificato attorno al 1930. Ad oggi in vendita, questo edificio è rimasto completamente abbandonato dal momento in cui venne chiuso. Sebbene le macchine per macinare e l'edificio che le contiene sono dei primi anni '30, un camino su un altro edificio al centro della struttura, riporta la scritta 1856... Si presume quindi che la struttura sia più antica.

Madonna del Campo: La frazione trae il nome dal piccolo santuario situato all'interno di essa. La chiesa è molto antica ed esisteva già nel 1145 con il nome di Santa Maria della Pertica (dalla tradizione degli antichi longobardi di issare dei pali sormontati da colombi di legno in ricordo dei loro morti). Di quell’epoca rimangono, però, pochissime tracce.

Medaglia.


STORIA

Secondo la tradizione, la città fu fondata attorno al VII sec. a.C. da popolazioni celtiche su un luogo più asciutto e salubre delle paludi circostanti. Alcuni storici locali, tra i quali il Pezza, fanno risalire il reticolo di stradine ortogonali intorno all'attuale via Roma, a un abitato di epoca romana sviluppato sulla pianta di un antico castrum. Tuttavia l'unico elemento storicamente certo sulle vicende antiche del luogo, è dato dalla pietra miliare attualmente conservata presso l'ingresso laterale della Chiesa di S. Lorenzo.

Nel Medioevo la città apparteneva alla contea di Lomello. Il 12 ottobre 773 fu teatro di un cruento scontro tra l'esercito di Carlo Magno ed i longobardi di Desiderio e, da leggenda, ne derivò probabilmente il toponimo Mortara (da Mortis Ara, l'altare dei morti). Altre fonti attribuiscono il toponimo all'esistenza di un altare, dedicato al dio Marte.

Nel 1164 Federico I la sottopose al dominio di Pavia, e Mortara divenne sede di podesteria. Passò in seguito sotto il dominio milanese, prima dei Visconti e poi degli Sforza e divenne luogo di caccia e di svago per la corte ducale. Gian Galeazzo Visconti concesse al borgo l'autorizzazione per cambiare il proprio nome in Beldiporto, denominazione che mantenne fino al 1402. Sotto gli Sforza fu feudo personale di Ludovico il Moro.

Caduti gli Sforza nel 1499, divenne signoria di Gian Giacomo Trivulzio e poi di Obicino Caccia; al ritorno degli Sforza, venne infeudata a Matteo Beccaria di San Gaudenzio, che non lasciò discendenza maschile; la signoria fu dunque concessa a Cristina di Danimarca. Dopo essere ritornata libera tra il 1580 e il 1613, sotto il governo spagnolo (1535-1706) Mortara divenne marchesato, attribuito al governatore spagnolo Rodrigo Orozco e rimase in possesso dei suoi discendenti fino al 1706, anno del definitivo affrancamento. In quest'epoca Mortara divenne un'importante piazzaforte a difesa dei confini occidentali del ducato milanese.

Nel 1707 Vittorio Amedeo II di Savoia conquistò Mortara, elevandola al rango di città regia (affrancata dunque dal feudalesimo) e di capoluogo della provincia di Lomellina. Questi importanti cambiamenti vennero ratificati con il trattato di Utrecht nel 1713. La città mantenne questo ruolo fino al 1860, arricchendosi di palazzi e costruzioni ottocentesche quali il Palazzo comunale (1857) ed il Teatro dedicato a Vittorio Emanuele II (1845).

Nel 1849 vi si svolse la Battaglia di Mortara. Con l'Unità d'Italia (Decreto Rattazzi del 1859) fu assegnata alla provincia di Pavia come capoluogo del circondario della Lomellina.

La città possedeva un castello, edificato probabilmente prima del dominio longobardo, cinto da mura e circondato da un fossato. La fortezza sorgeva nella zona dell'attuale santuario di sant'Antonio, dove si trovava la chiesa dedicata a Santa Maria di Castello e si estendeva per una vasta porzione, fino a toccare piazza Silvabella. Nel XV secolo il castello versava in precarie condizioni e fu via via demolito; il materiale venne recuperato per ampliare i bastioni della città. Una lunga via sotterranea metteva in comunicazione la rocca con alcuni avamposti, situati in posizioni strategiche della cinta muraria. Probabili resti del castello, inglobati in cortili e case private, sono tutt'oggi esistenti.

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