INZAGO (Mi)

Inzago fa parte del territorio della Martesana, infatti Inzago è attraversata a sud dal Naviglio della Martesana, che divide pressoché in due parti il paese, ed è lambita e attraversata a nord dal Canale Villoresi.

Il Naviglio Martesana, regala al paese alcuni paesaggi particolari e ha contribuito nella storia ad attrarre nobili e borghesi che hanno fatto sorgere le loro dimore estive e che ancora oggi sono un bene per la comunità. Molte di queste negli ultimi decenni sono ritornate al loro vecchio splendore grazie ad alcuni privati che le hanno ristrutturate. Fra le più famose ci sono Villa Aitelli, Villa Magistretti, Villa Rey e Villa Facheris (ora sede della Banca BCC).

Lungo il Naviglio Martesana (in direzione Milano) sorge il Monasterolo.

La festa del paese ricorre ogni secondo fine settimana del mese di ottobre; è molto caratteristica come festa perché serve a rievocare le origini del paese e delle sue tradizioni. Le attrazioni maggiori sono la Fiera del bestiame (che si tiene il lunedì) e la messa con la processione che parte dalla piazza.

Inoltre a fine giugno, a partire dal 2008 si tiene il Vintage Roots Festival in Piazza Maggiore, il quale ricrea l'ambiente Americano degli anni '50 attraverso costumi, bancarelle e musiche, come per esempio l'American Roots Music, quindi le correnti musicali in voga prima dell'avvento del Beat inglese (1963)

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

Villa Gnecchi, Ruscone location per eventi


Villa Brambilla di Civesio ex Imbonati

Nella seconda metà del XV secolo, il territorio a ponente del centro abitato di Inzago apparteneva alla famiglia Piola. Qui Giovanni Piola aveva avuto dal duca di Milano la regalìa (1480) di poter costruire un molino e la relativa roggia (Crosina) di derivazione dal naviglio della Martesana. La casa da massaro poco distante dal molino e vari terreni (cascina Bonetta) furono confiscati ad altro Giovanni Piola (1637), messi all’asta e aggiudicati al conte Carlo Imbonati (621 pertiche).  L’acquisto degli Imbonati a Inzago fu all’inizio un mero affare patrimoniale; la possessione originaria fu successivamente consolidata con la compera di altre 460 pertiche in 70 anni.  Solo in un secondo tempo, dopo 40 anni gli Imbonati ritennero di trasformare gli edifici esistenti e creare una casa da nobile per poter abitare anche a Inzago. 
L’Imbonati, costruttore della casa, fu il colonnello Giò Andrea († 1723), padre di Giuseppe Maria (1688-1768) che ricreò (1743) l’Accademia dei Trasformati, sodalizio tra studiosi di scienza e di letteratura in cui si confrontarono i più brillanti spiriti del tempo: Carl’Antonio Tanzi, Domenico Balestrieri, Giuseppe Parini, Giorgio Giulini, Pietro Verri, Cesare Beccaria, Maria Gaetana Agnesi e altri. 
La musa ispiratrice dei Trasformati era la giovane trevigliese Tullia Francesca Bicetti de’ Buttinoni trentunenne che sposò il cinquantasettenne Giuseppe Maria.
La casa di villeggiatura di riferimento era la bella villa Imbonati di Cavallasca.

Giuseppe Maria aveva nel frattempo alienato la possessione di Inzago nel 1733 a Carlo Brambilla (†1742), abile “negoziante di banco” che alla sua morte lasciò ai figli “un pingue patrimonio”. La casa da nobile fatta erigere dagli Imbonati non parve adeguata ai Brambilla, ragione per cui la vedova Ippolita Clari acquistò (1747) dal Collegio dei nobili di Milano le contigue case da massaro e da pensionanti compresi gli orti dove erano contenuti i resti del molino bruciato dai francesi (1658). Le case furono demolite e fu allargato il vicolo Brambilla; la Clari acquistò poi dai Borsa un terreno contiguo, spostò il percorso della roggia Crosina all’interno del Giardino. Si deve a Carlo Antonio (1772-1830) e soprattutto alla moglie Teresa Clerici dei marchesi di Cavenago la trasformazione del fabbricato ex Imbonati nelle forme attuali al fine di adeguare la villa alle ambizioni sociali della famiglia.  Tra le testimonianze più antiche nel fabbricato ex Imbonati vi è la cappella con i suoi decori settecenteschi.

Villa Facheris
 in Piazza Maggiore con la cancellata monumento nazionale. Fu il conte Ruggero Marliani (1620-1684) a voler realizzare un palazzo a Inzago, ma l'area da lui ritenuta idonea, identificata in quella parte dell'isolato che fronteggiava la piazza, non era di sua proprietà.

Cascina Monasterolo

Complesso a corte, chiuso su due lati da un portico e sugli altri due da un semplice muro. E' costituito da tre vasti ambienti al piano terra e dodici a quello superiore. Di notevole interesse la chiesa con affreschi databili al XV secolo.


 chiesa di Santa Maria Assunta

 si trova la prima e più antica copia della Sacra Sindone. La primitiva cappella di Inzago sorse nel 1148, fondata dai frati dell'ordine di Sant'Ambrogio di Milano. All'inizio del XIX secolo venne costruita la nuova parrocchiale, disegnata da Gerolamo Arganini, che ruotò di 90 gradi la pianta originale; la consacrazione fu poi impartita dall'arcivescovo di Milano Carlo Gaetano II di Gaisruck.

Villa Vitali Aitelli

E’ probabile he in epoca medievale dove ora sorge la villa vi fosse una casa maschile degli Umiliati, laici che vivevano in comunità dedicandosi alle preghiere e alla lavorazione della lana di cui erano specialisti.

In età sforzesca non vi è più traccia degli Umiliati e l’edificio apparteneva alla famiglia Seregni proprietaria di terreni ubicati sotto il naviglio (Mercantessa) e ai confini nord del borgo (cascina Sacca).

Nel 1577 la casa Seregni era posta lungo la strada che porta al ponte inferiore e i patti nuziali di Isabella Seregni (1604) con Francesco Bernardino Visconti riportano questa consistenza: “qual è con sala grande in terra et una saletta, et una camera attaccate alla detta sala et uno camerino attaccato alla saletta, et una cucina con una buratera, et uno dispensino attaccati tutti in terra con gli suoi superiori sin al tetto, due canepe sotto terra, torchio, corte, stalla, cassina, giardino”.

Restata vedova Isabella si risposò, ma anche tale matrimonio fu improle; lasciò in eredità († 1640) il suo patrimonio al cugino collegiato Lodovico Moneta che si attivò per recuperare il Chioso, ovvero il terreno antistante alla villa al di là della strada. Con Ludovico († 1677) si estinse la linea primogenita dei Moneta; egli lasciò un terzo dei suoi beni disponibili al nipote Gerolamo Vitali († 1705) cui si devono i lavori di ampliamento della villa effettuati a più riprese tra il 1679 e il 1781 e la costruzione dell’oratorio.

Nell’oratorio furono poste diverse reliquie di san Carlo provenienti dall’eredità di monsignore Ludovico Moneta (1521–1598) tra cui la copia della Sindone ora presso la Parrocchia.

Gerolamo si era sposato con Anna Silva dei Conti di Biandrate  e aveva avuto due figli; alla sua morte l’eredità fu divisa: a Francesco toccarono i beni di Inzago e Cassano e a Giò Batta quelli di Cinisello. Francesco Vitali († 1739)  si sposò con Rosa Rocchi di Olginate (1700-1765) ed ebbe una prole numerosa (sette figli). Negli ultimi anni della sua vita Francesco era molto malato tanto da essere trasportato e curato fuori dalla propria abitazione nel monastero di S. Agnese da tre figlie che si fecero successivamente monache.  

Nel 1759, dopo la morte di Giò Batta, restato celibe, l’eredità Vitali si era riunita per via del fedecommesso ed era tornata sostanzialmente uguale a quella lasciata da Girolamo nel 1705 per cui fu divisa fra due fratelli Serafino e Girolamo figli di Francesco nello stesso modo, salvo alcuni conguagli originati  dalle modifiche e dagli investimenti fatti in cinquanta anni tra cui si trovano gli incisi “per gli abbellimenti, ed aggiunta di nuove stanze, e della Torre, e delle Prospettive, ed altre decorazioni alla casa, e Giardino d’Inzago” realizzati dal padre; e ancora “li miglioramenti della casa in Milano ed aggiunte di nuova fabbrica ed abbellimenti alla casa e giardino alla propria abitazione in detto luogo d’Inzago”.

Gli spazi per un giardino nell’area della villa erano minimi per cui l’opera iniziata da Francesco fu proseguita dal figlio Gerolamo (1727-1792) che si adoperò con successive acquisizione ad allargare e riquadrare il terreno (Chioso) posto al di la della strada.

Dalla strada si accede al giardino tramite un notevole cancello seicentesco che ha avuto l’onore di essere pubblicato nella Storia di Milano della Treccani. Il cancello è caratterizzato da una corona marchionale e dalla mancanza della consueta parte superiore. Questi due elementi portano a dedurre che il cancello fosse stato acquistato di seconda mano dai Vitali e che in origine fosse inserito in una dimora appartenente a un marchese sotto un architrave.

Risale molto presumibilmente alle ultime decadi del ‘700 la sistemazione definitiva del giardino di cui ci resta un’unica descrizione (1798): “Ortaglia, ossia Giardino grande, al quale si viene dalla sudetta strada detta del ponte mediante apertura munita di rastello di ferro. […] Nel mezzo ed all’ingiro di questo giardino vi sono diverse statue, e piramidi di vivo con i suoi piedistalli simili. Prospettive dipinte e da questo giardino si va al già descritto giardinetto passando per andito in volta alla mosaica sotto la strada vicino al ponte”. Non si conosce la conformazione originale del vastissimo giardino (15.000 metri quadri).

Gerolamo non ebbe figli e i suoi beni furono ereditati dal nipote Francesco Vitali (1801-1873) che ricoperse la carica di sindaco di Inzago per una quarantina d’anni, incarico che esercitò con spirito civico e paternalismo a favore della comunità; di lui si ricorda in particolare la realizzazione dell’Ospedale Marchesi (1850). Francesco intervenne negli anni 1832-1833 sulla villa con il restauro di “tutta la parte civile, fatti tutti i pavimenti e serramenti in nuovo, messi gli stipiti in vivo alle finestre, fatta la gronda in vivo […] nella corte rustica fatta la stalla per otto cavalli”.

La villa fu ereditata dalla figlia Matilde (1834-1914) sposata con Antonio Savoldini (1835-1874) e quindi dalla figlia Sofia Savoldini (1859-1936) sposata con il conte Birago Alfieri (1847-1911) e trasmessa alla figlia adottiva Adalgisa (1915-2009), orfana triestina di un caduto nella Grande Guerra, che sposò l’ingegnere Carlo Aitelli (1905-1963).

Nel 2006 la villa fu alienata e la nuova proprietà (famiglia Grossi) ha effettuato un radicale lavoro di recupero del complesso edilizio.

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