Il convento venne articolato su due chiostri, su cui insistevano le varie pertinenze, la più importante delle quali è di sicuro il refettorio, oggi salone Pietro da Cemmo, che ospita i pregevoli affreschi realizzati nel 1507 dall’omonimo pittore bresciano. Il convento ospitò i frati agostiniani fino al 1797, quando, in concomitanza con le leggi emanate da Napoleone che miravano a limitare la diffusione degli ordini religiosi, con il contemporaneo incameramento dei beni degli enti soppressi da parte dello Stato, anche la comunità monastica agostiniana venne soppressa.
Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale è divenuto rifugio dei poveri della città ed è stato destinato agli usi più svariati; nel 1953 l’ex convento fu acquisito al demanio comunale e fatto oggetto di una significativa campagna di restauri a partire dal 1959 che portò alla scoperta, grazie alla contessa Winifred Terni de Gregorj, degli affreschi del salone da Cemmo, fino ad allora coperti da uno strato di catrame, intonaco e calcina, ed alla trasformazione dell’ex caserma, grazie all’architetto Amos Edallo, in centro culturale sede della biblioteca e del museo cittadini.
Iniziò così la seconda fase della vita dell’edificio, che passò dai fasti conventuali alla mesta trasformazione in caserma, destinata ad ospitare prima le truppe francesi, poi i soldati asburgici ed infine le truppe del Regno d’Italia fino al 1945. Una volta diventato caserma il convento subì numerosi rimaneggiamenti, il più evidente dei quali, intorno al 1830, fu la demolizione della chiesa annessa al convento. Peraltro già nel 1811 ne era stata abbattuta la cupola perché ostacolava il buon funzionamento del telegrafo ottico attivo fra Milano e Soresina.
Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale è divenuto rifugio dei poveri della città ed è stato destinato agli usi più svariati; nel 1953 l’ex convento fu acquisito al demanio comunale e fatto oggetto di una significativa campagna di restauri a partire dal 1959 che portò alla scoperta, grazie alla contessa Winifred Terni de Gregorj, degli affreschi del salone da Cemmo, fino ad allora coperti da uno strato di catrame, intonaco e calcina, ed alla trasformazione dell’ex caserma, grazie all’architetto Amos Edallo, in centro culturale sede della biblioteca e del museo cittadini.
Al piano superiore dell’ex convento di Sant’Agostino si trova il Museo civico. Si tratta di un museo misto, suddiviso in diverse sezioni, sezione archeologica dove si possono ammirare diversi reperti che vanno dalla preistoria all’epoca longobarda, quasi interamente rinvenuti in territorio cremasco. Poi si passa alla Pinacoteca, che ripercorre principalmente la vita artistica locale e che si conclude con una parte dedicata all’arte moderna.
Infine, ci sono due interessantissime sezioni del museo che vengono aperte soltanto su richiesta (e voi richiedete che vi sarà dato!).
Una è quella dedicata ai monossili, le antiche piroghe realizzate scavando il tronco di un albero molto grosso che in passato venivano utilizzare per navigare i fiumi della zona e trasportare le merci.
L’altra è dedicata all’arte organaria che ha una lunghissima tradizione in territorio cremasco. Un’attività artigianale molto affascinante che viene spiegata a grandi linee in una delle due sale espositive (l’altra è più che altro multimediale).
Il museo è aperto nei seguenti giorni e orari: martedì 14:30-17:30; da mercoledì a venerdì 10-12 e 14:30-17:30; sabato, domenica e festivi 10-12 e 15:30-18:30. L’ingresso è gratuito. Sito ufficiale.
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